Prologue

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Il vento spostò prepotente la coltre di nuvole grigie e vaporose che coprivano il timido sole inglese

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Il vento spostò prepotente la coltre di nuvole grigie e vaporose che coprivano il timido sole inglese. Un insicuro raggio di sole attraversò la finestra colpendo, con il suo tiepido abbraccio, le gambe affusolate e pallide di Artemide. La ragazza era semidistesa su un divanetto che, nonostante avesse visto giorni migliori, continuava a resistere nella pienezza della sua stoffa vellutata rossa.

Come il tempo fuori, anche l’interno della magione Thornscrown era calma. Il colore corvino dei capelli era ciò che risalvata nella figura della ragazza. Con quel vestito bianco e la carnagione pallida sembra appena uscita da un libro di mitologia greca.
Il viso quasi elfico, con gli zigomi alti e leggermente spigolosi, era sovrastato da occhi singolari. Le folte ciglia nere si curvavano in modo inusuale verso l’alto, catturando inesorabilmente l’attenzione sul colore cangiante di quegli occhi ambra.

Quella era una delle caratteristiche dei Thornscrown, le loro iridi spaziavano dall’ambra fino all’oro e sembravano sempre nascondere infiniti segreti. Il dilemma del colore degli occhi aveva incuriosito centinaia di persone, alcune persino desiderose di averli.

I componenti della casata dei Cacciatori, sentendo quelle parole vuote, si chiedevano ogni volta perché una persona volesse addossarsi la loro maledizione. Né Artemide, né suo fratello Finn si erano mai posti una domanda del genere, non ne avevano mai avuto l’occasione.

Artemide era più interessata a leggere libri nella biblioteca della magione, come stava facendo quando il calore solare l’aveva sfiorata. Le dita sottili della ragazza sfiorarono la pagina del manoscritto, producendo un suono riconducibile ai libri vecchi. Infatti, quando dal libro cadde una leggera pioggerellina di minuscoli pezzi di carta, la ragazza non si scompose.
Sapeva benissimo che quel volume fosse un’edizione molto vecchia de Il grande Gatsby, lei stessa lo aveva letto diverse volte. Sapeva anche che, a forza di voltare le pagine, le cuciture che tenevano insieme la rilegatura del libro avrebbero cominciato a sfaldarsi.

Quello che Artemide amava maggiormente dei libri vecchi era il leggero retrogusto di stantio che emanavano a forza di girare le pagine. Era affascinata dalla porosità quasi visibile della pagina e del suo decadente ingiallimento. Dimostrava che nonostante ogni avversità anche altre persone, in passato, avevano preso tra le mani quel tesoro di letteratura ed avevano accarezzato i suoi caratteri con gli occhi.
In quel momento Jordan stava dicendo a Nick* quanto un grande party potesse essere intimo, paragonato ad un party intimo dove ognuno sapeva tutto di tutti. In quei casi non c’era quasi gusto nel parlare con un’altra persona. Quando intorno c’erano tante persone, isolarsi raggiungeva il dovere di un proibito piacere.

Artemide sospirò, lei non aveva mai avuto l’occasione di sperimentare quanto detto da Jordan. Guardò malinconica l’ambiente ricco che la circondava, una gabbia d’orata, pensò. Lei e Finn non avevano un contatto umano da troppi anni ormai.
La biblioteca era una stanza molto ampia con il pavimento in legno che Dorotea si premurava di curare costantemente. La parete ad ovest e nord presentavano finestre ampie intervallate dagli stessi scaffali, alti fino al soffitto, che riempivano la restante parte della stanza. Il mobiliato era vecchio, risalente probabilmente al periodo d’oro dell’epoca barocca, visti gli intarsi dipinti d’oro che rappresentavano ghirigori, spirali e addirittura paffuti volti di putti.

Come Inchiostro Sulla PelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora