PROLOGO

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UN NUOVO INIZIO.

Tre mesi prima.

''Signorina Marini il suo orale è finito può andare'' mi disse il presidente della commissione dopo avermi chiesto che cosa mi piacerebbe fare dopo la scuola. Diedi la classica ma veritiera risposta. Sarei andata all'università, avrei studiato Psicologia a Padova costruendomi una mia vita tutta da sola. Mi sarei allontanata dalla mia città natale, dai miei compagni di classe e soprattutto da Michele. La ferita era ancora aperta, il dolore era ancora presente e gli ultimi mesi di scuola erano stati i più duri. Non c'era giorno in classe in cui qualcuno non spettegolasse su noi due, sull'improvviso distacco che si era creato tra noi due e sull'aria tesa che si intensificava con il passare delle ore e si alleggeriva alla fine della giornata. Non c'era momento in cui non speravo di incrociare il suo sguardo, alle volte succedeva e quello che provavo era ancora un dolore più forte di quello che provavo realmente. Era così forte perché ero consapevole di averlo perso, di non essere riuscita a farlo mio, a fargli vedere un mondo migliore di quello che lui vedeva con i suoi occhi.

Non ero riuscita a farlo innamorare di me, come lui aveva fatto con me.

Mi aveva fatto innamorare nel modo più doloroso che io conoscessi: mi aveva fatto scoprire cose nuove facendomi sentire viva, facendomi provare paura e allo stesso tempo felicità, mi aveva fatto provare la forza dell'adrenalina e subito dopo la potenza di sentirmi rilassati e di aver fatto qualcosa che potesse completare alcuni pezzi mancanti della mia vita. Mi aveva fatto provare sulla pelle il gusto della passione, del fuoco che ti scorre nelle vene e non c'è modo di spegnerlo, nemmeno con una doccia fredda.
Mi aveva fatto provare la sensazione della mancanza quando non lo vedevo anche solo per un giorno o non lo baciavo da cinque minuti.
Mi aveva fatto guardare il mondo dalla sua prospettiva conoscendo le sue paure, le sue ansie, le sue gioie.
Ero riuscita a legarmi a lui quasi da respirare per lui, perché volevo farlo, perché volevo essere dipendente da lui, non ero costretta ma volevo essere guidata da lui.
E quando mi ha abbandonata, sono caduta senza paracadute ferendomi dalla pelle, alle ossa, dal cuore fino all'animo.

So che lui non studierà a Verona, andrà a studiare medicina, e so anche che ha fatto un orale che ha lasciato senza parole tutti i professori compreso il presidente di commissione. Non ho avuto modo di salutarlo, comunque sia lui mi ha regalato dei bellissimi mesi e momenti, io mi meritavo almeno di salutarlo e di augurargli una vita bella e migliore. Certo detto così sembra quasi un addio, ma dai, siamo sinceri, non lo avrei più visto, e lui era il primo ragazzo a cui mi sono concessa con tutta me stessa e non parlo di quella bellissima notte in cui mi ha regalato passione e amore, che ancora mi sogno la sera, no, parlo anche di tutti i sentimenti che ho provato per lui, grazie a lui e per la prima volta.

Ora so cos'è l'amore, cosa comporta, cosa regala e cosa toglie.
Ti regala la felicità, ma ti toglie tutto ciò che hai una volta che l'hai perso.

''Andiamo a festeggiare?'' mi domandò Alessia. Lei aveva fatto l'orale una settimana prima di me, ci siamo accompagnate a vicenda con la promessa che alla fine di tutto saremmo andate a festeggiare e così fu.
Quella sera, anche se non avevo voglia di uscire, andai in un locale con la mia migliore amica a ballare e a divertirmi come meglio noi due sapevamo fare. Avevamo trovato un locale dove suonavano musica dal vivo anni '60 e '70, a mio parere gli anni migliori della musica italiana.
Ballammo e cantammo fino a quando nessuna delle due aveva le forze per reggersi in piedi o per dire anche solo una vocale.
Ci venne a prendere mio padre un paio di ore dopo la mezzanotte, lei si fermò a dormire da me e per tutto il fine settimana non parlò mai di come procedesse la sua relazione con Noah. Dentro di me la ringraziai con tutto il mio cuore, pur sapendo che le cose tra loro due stavano andando a gonfie e vele e lei non vedeva l'ora di raccontarmi qualcosa.
Sapeva che sentirla parlare di Noah mi faceva star male perché automaticamente lo collegavo a Michele e pensare a Michele voleva dire ricordare tutto ciò che c'era stato tra di noi e tornare di nuovo a provare del dolore. Così parlammo di altro, per esempio che lei sarebbe andata a studiare a Trento giurisprudenza e che sarebbe stato un bel problema continuare a vederci con costanza, ma eravamo certe che la nostra amicizia non si sarebbe di certo fermata davanti al problema della distanza o degli orari diversi che avremmo avuto. Nessuna delle due si stava trasferendo oltre oceano, saremmo state distanti tre ore di treno poco più, ce la potevamo fare, e l'orario sarebbe stato lo stesso quindi non ci sarebbe nemmeno stato il problema del fuso orario.

Dentro di me sentivo che stava per avvenire un grande cambiamento ed io ero pronta ad accoglierlo di petto senza farmi buttare per terra e stravolgermi la vita, perché ormai mi ero creata una corazza ed ero pronta ad usarla contro qualunque cosa o chiunque volesse farmi del male.

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