21.

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[revisionato]

"Aspettami qui, torno subito."

Matthew lasciò la mia mano e, dopo avermi scrutata per qualche istante per accertarsi che mi fossi ripresa almeno un po', si allontanò a rapidi passi verso la palestra.

Io mi appoggiai al muro del corridoio semi buio e seguii con lo sguardo la sua alta figura in controluce che camminava a rapidi e fluidi passi.

Mi passai una mano sul viso per accertarmi che la maschera fosse al suo posto e asciugai una lacrima che era rimasta attaccata alle ciglia. Sorrisi amaramente: avevo la possibilità di portare avanti il mio piano di carpire da Matthew informazioni utili per i miei scopi, ma l'unica cosa che volevo fare in quel momento era fuggire via e tornare nel tranquillo rifugio della mia camera.

'Vattene prima che scopra chi sei!' La mia fida vocina non si smentiva mai, nei momenti più critici si faceva sempre sentire. 'Ci saranno altre occasioni, ora non sei nelle condizioni mentali di portare avanti, e vincere, un giochino del genere.'

Era maledettamente vero, in quel momento non ero lucida e non sarei stata in grado di proseguire a lungo, e in modo credibile, con la mia recita. Mi staccai dal muro per andarmene prima del suo ritorno, ma mi accorsi di avere indugiato troppo: stava arrivando verso di me, il momento favorevole per andare via era passato.

"Eccomi. Ho preso qualcosa da bere", disse alzando una mano e mostrandomi due bottiglie di birra. "Andiamo a prendere un po' d'aria fuori?"

Annuii senza una parola e lo seguii, stavolta senza prendergli la mano che, come prima, aveva teso verso di me. Anche lui portava una maschera, ma potei vedere lo stesso lo sguardo perplesso che mi lanciò mentre lasciava cadere il braccio lungo il fianco.

Ci avviammo verso l'esterno del palazzetto, ciascuno immerso nei propri pensieri. Non avevo idea di cosa gli stesse passando per la testa ma, per parte mia, mi stavo scervellando per trovare una scusa plausibile per andare via senza che a lui venisse in mente l'idea di seguirmi o farmi domande inopportune. Arrivammo all'uscita senza che avessi ancora trovato una soluzione.

"Senti, io ti ringrazio ma..." iniziai a dire ricordandomi di storpiare la voce come avevo provato a fare in camera, interrotta da lui che si era girato verso di me e aveva iniziato a parlare nello stesso momento in cui l'avevo fatto io.

"Mi hanno detto che il campo di atletica è stato preparato per la festa in modo carino, ti va di andare a vedere?"

Mi zittii e lo guardai. Visibile anche attraverso la maschera, aveva negli occhi sempre quell'espressione gentile, che non gli avevo mai visto nessuna delle volte in cui ci eravamo incontrati e scontrati. Qualche parte di me non seppe resistere alla curiosità di vedere cosa significava essere trattati amichevolmente da lui e mi sentii dire in un soffio "Ok". Un sorriso gli distese i lineamenti e, come la notte dell'incidente, osservai stupita quanto in realtà fosse attraente, anche coperto da quella maschera nera.

'Ti stai cacciando in un guaio grande come una casa, lo sai vero?' la mia vocina, puntualmente, mi rimbombò nel cervello, ma decisi che ormai era troppo tardi per tirarsi indietro e continuai a seguire Matthew che stava procedendo lungo il sentiero che girava attorno al palazzetto, dove si trovava il campo di atletica.

Arrivati ai bordi della pista rossa, ci guardammo intorno con un sorriso: tutta l'area era illuminata solo da candele poste a terra e da un falò che ardeva al centro del campo e che, con la sua luce calda, creava un'atmosfera particolare. Qua e là erano state messe per terra delle assi di legno con sopra grandi cuscini per potersi sedere e, dagli altoparlanti, usciva la stessa musica che il dj stava mettendo all'interno della palestra. Gruppi di ragazzi e coppie ballavano, passeggiavano o chiacchieravano. Sembrava di essere entrati in un'altra dimensione.

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