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Oggi non è giornata.
Mi sono svegliato con la televisione del vicino, sicuramente sordo, e dopo due passi esatti il mio mignolo ha avuto un incontro ravvicinato con il piede del letto. Ho imprecato in quello che penso fosse aramaico.
Per chiudere in bellezza, anziché mettere lo zucchero nel caffè, ho usato il sale.
Una giornata iniziata male e in genere, quando va male fin da subito, non può che finire peggio.
Con questi pensieri negativi in testa, mi incammino verso l'università. Non voglio prendere la macchina, non vorrei poi doverla riparare a causa di qualche botta. Oggi potrebbe capitare di tutto.
Sono sempre di fretta e quando guido non posso assaporare il panorama, ma stamattina, mentre passeggio, posso guardarmi intorno, soffermare lo sguardo su tutto ciò che mi circonda. Con una tazza di caffè lungo sarebbe decisamente meglio, ma sono in ritardo o meglio lo sarei se comprassi il caffè, vista la lunga fila da Starbucks.
Continuo a camminare tra pedoni affrettati, donne in tailleur eleganti, uomini in giacca e cravatta con valigette costose e pochi ragazzi come me. Qualche anziano che compra il pane fresco dal negozio di fiducia, qualche bambino che viene caricato in macchina per esser portato all'asilo. I taxi scorrazzano nel traffico fitto a quest'ora ed è tutto così frenetico da farmi sembrare strano o forse nullafacente. Chi passeggerebbe alle otto e mezzo di mattina, mentre tutti corrono per andare a lavoro, osservando il mondo? Io.
Quando non sono in ritardo.

Il sole sembra non voler far capolino oggi, rendendo più tetri e grevi gli antichi palazzi. Il mio preferito è quello alla fine della via, il più moderno. Bianco con gli infissi grigi, mi dona un senso di ordine e pace nel caos che caratterizza questa piccola città. Da piccolo ho sempre invidiato chi vi abitasse ed un giorno ho pianto per cercar di convincere mia madre a trasferirci li, nonostante la nostra bella villetta a due piani. La sua faccia sconvolta era uno spettacolo, ma mai quanto quella di mio padre.
Una manata sulla spalla mi riporta alla realtà.

"Louis!"

Se potessi uccidere con lo sguardo, Jacob sarebbe morto.

"Come mai a piedi vecchio mio?"

"Vecchio mio? Sei serio?"

Alzo le sopracciglia in segno di incredulità mista a stupore misto a divertimento.

"Certo. Siamo vecchi ormai!"

"Parla per te, io non mi sento affatto vecchio e dalla forza del tuo colpo, penso non lo sia nemmeno tu"

Siamo giunti all'università, gremita di gente.

"C'è sciopero per caso?"

Con una smorfia confusa e un'alzata di spalle comunico al mio amico che non lo so.
Scorgo la folla alla ricerca di un viso amico, ma uno catalizza la mia attenzione.
È lui, il fidanzato della ragazza del divanetto. Sta parlando con qualcuno, con una ragazza e sembra a suo agio. Troppo a suo agio.

"Louis smettila di guardarlo così. Quello ti spacca la faccia"

Sposto l'attenzione sul mio amico con uno sguardo di sufficienza.

"A chi? A me?"

"Proprio a te. Ti fracassa se continui a farti i cazzi suoi. Lo farei anche io"

Faccio scoccare la lingua in dissenso.

"Se non lo concio male prima che possa fracassarmi, come dici tu"

SophiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora