MARCUS LOXIAS MEGALOS

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In televisione si lavano grida di esultanza. Marcus alza gli occhi dal pugnale. Il portiere del Fenerbahçe ha parato rinviando il pallone sulla linea laterale destra, dove un muscoloso centrocampista l'ha colpito in testa. Il pallone rimbalza in avanti, passa sopra la testa dei difensori, si avvicina agli ultimi due uomini del Manisaspor. I difensori inseguono il pallone, ma l'attaccante se ne appropria e li semina a 20 metri dalla porta. Il portiere si prepara.
Marcus si porge in avanti. I minuti di gioco sono 83:34. Il Fenerbahçe deve ancora segnare un gol, e se segnasse in modo così spettacolare salverebbe almeno la faccia. Il vecchio libro scivola a terra; il pezzo di carta resta sospeso in aria e poi ricade lento come una foglia.

I tifosi scattano in piedi sugli spalti. Il cielo s'illumina all'improvviso, come se gli dei, gli Dei del Cielo in persona, stessero scendendo a prestare aiuto. Il portiere indietreggia. L'attaccante sferra il calcio: il pallone si conficca sul fondo della rete. Tutte le luci dello stadio si accendono e i tifosi gridano, all'inizio per la gioia del gol, subito dopo per il terrore e per la confusione, un terrone e una confusione profondi, veri e assoluti.

Una gigantesca palla di fuoco, un enorme meteorite arroventato, appare in cielo sopra gli spalti e si precipita sul campo, incenerendo la difesa del Fenerbahçe e scavando una voragine nella tribuna d'onore dello stadio. Marcus sbarra gli occhi. Ha di fronte un massacro apocalittico. Una strage degna di un film americano. Metà dello stadio, decine di migliaia di persone morte, incendiate, carbonizzate.

É la cosa più bella che Marcus abbia mai visto. Inspira a fondo. Il sudore gli stilla la fronte. La gente per le strade grida. Una donna piange, nella caffetteria al piano terra. Le sirene rintronano nell'antica città sul Bosforo, tra il mar di Marmara e il mar Nero. In televisione, lo stadio è avvolto dalle fiamme. I telecronisti chiedono aiuto, pregano Dio, perché non capiscono. Quelli che non sono morti o moribondi sgomitano per fuggire. C'è un'altra esplosione, e lo schermo diventa nero.

Il cuore di Marcus minaccia di uscirgli dal petto. Il cervello é rovente come il campo da calcio. Lo stomaco è pieno di sassi e di acido. Le mani sono sporche di una sostanza calda, appiccicosa. Marcus abbassa lo sguardo e vede che si è ferito con una lama antica: un rivolo di sangue gli scorre sulla mano, sulla sedia, sul libro. Il libro è rovinato ma non importa: non gli servirà più. D'ora in avanti Marcus avrà un odissea tutta per sé. Torna a guardare lo schermo, ormai nero, e cerca di ricordare l'immagine dello stadio in fiamme. Sa che qualcosa lo aspetta tra le macerie. Deve trovarlo. Un singolo pezzo.
Per lui, per la sua stirpe.
Sorride. Si allena da tutta la vita per questo momento. Quando non si allenava, sognava la chiamata. Tutti gli scenari apocalittici escogitati dalla sua mente di ragazzino non si avvicinavano minimamente a ciò cui ha appena assistito.

Un meteorite si é abbattuto su uno stadio di calcio uccidendo 38.676 persone. Le leggende dicevano che l'annuncio sarebbe arrivato in grande stile. Una volta tanto le leggende dicevano la verità, una splendida verità.
Marcus desidera, aspetta, si prepara per Endgame dal giorno in cui é nato. Non si annoia più, e non si annoierà finché non vincerà o morirà.
Ci siamo.
Lui lo sa.
Ci siamo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 17, 2016 ⏰

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End Game: The callingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora