Giorno 1

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Finalmente sono finite le lezioni. Aspettavo questo momento da una vita: potrò stare insieme a Fernando Torres! Non riesco ancora a crederci. Sono proprio all'uscita e mi guardo attorno: non c'è ancora nessuno. Che mi abbia dato buca?

-Chelsea, magari stavi sognando e adesso sei tornata alla cruda realtà.- mi dico. Scuoto la testa e mi metto gli occhiali da sole; fa davvero caldo e il sole picchia forte.

-Io se fossi in te non sarei così sicuro.- sento una voce. Sì, è proprio Fernando. 

-C-ciao.- riesco a biascicare. Che figuraccia, come se oggi non ne avessi già fatte abbastanza.

-Andiamo al Vicente Calderon? Avremo tempo per discutere del nostro progetto.- mi dice.

-Va bene.- riesco a rispondergli. Sembro un telegramma e non sono capace di formulare una frase di senso compiuto in uno Spagnolo decente. Che idiota. Ci incamminiamo. Forse lo fa per parlare, forse lo fa per mantenersi in forma, non lo so, però la cosa mi piace.

-Ti piace la scuola che frequenti?- mi chiede.

-Abbastanza, però è complicata.- gli rispondo in modo sbrigativo, e se ne accorge. Sorride.

-Non ti mangio, sta tranquilla!- mi dice. Si mette a ridere e mi appoggia una mano sulla spalla. Annuisco e continuiamo a camminare. Come nei migliori film, vedo arrivare di corsa José, manco a farlo apposta. Mi sento arrossire di nuovo. Vedo che spalanca la bocca: è l'effetto Torres.

-NON CI CREDO! Cosa ci fa lei qui?!- gli chiede. Sembra più agitato di me dal tono in cui si è rivolto a Fernando, che sorride di nuovo.

-Sto cercando di aiutare questa ragazza con uno stage per la scuola.- gli risponde. José sembra parecchio compiaciuto.

-Chelsea, perché non me ne hai mai parlato?- mi chiede. Sembra un po' stizzito, e mi dà parecchio fastidio.

-Perché non lo sapevo fino a questa mattina.- gli rispondo secca. Forse non dovrei essere così dura con lui, però l'ansia mi porta ad esserlo. In questo momento non so se sono più agitata per Fernando o per José, danno entrambi il loro contributo alle mie palpitazioni.

-Ah. Va bene così.- taglia corto. Mi saluta con un gesto della mano e se ne va. Fernando mi squadra qualche secondo.

-Chi era quello?- mi chiede con espressione pervertita. Ho l'impressione che abbia capito tutto quanto.

-Un mio amico.- mento. Mi guarda di traverso.

-UN amico?- chiede. Non posso mentirgli, mi sa.

-No, d'accordo, lo ammetto. Lui è José, il ragazzo che... beh...- non riesco a finire la frase.

-Non serve andare avanti. Ho capito non appena si è avvicinato.- mi risponde. Ecco, così anche lui contribuisce a farmi capire che sono stupida. Cala il silenzio.

-Gliel'hai mai detto?- mi chiede. Lo conosco da poche ore e arriviamo già a parlare di questo argomento che per me è estremamente delicato.

-No, semplicemente perché so che la cosa non è reciproca.- gli rispondo sbrigativamente.

-Secondo me sbagli. Dovresti credere maggiormente in te stessa e nelle tue capacità.- aggiunge. Che persona fantastica questo ragazzo. Non gli rispondo. Non saprei cosa dirgli.

-Eccoci, siamo arrivati.- mi dice. Lo stadio si erge imponente davanti a noi, è semplicemente bellissimo. L'ho visto molte volte da fuori, ma non ci sono mai entrata. Ho le lacrime agli occhi: per la prima volta potrò vedere lo stadio della MIA squadra del cuore senza pagare. Mi sembra semplicemente impossibile, non l'avrei mai immaginato nemmeno nei miei sogni più strampalati. Entriamo dai gate di ingresso e lui mi fa da cicerone per tutto lo stadio. So già che sarà fantastico.

***

-Ti è piaciuto?- mi chiede. Sembra estremamente soddisfatto del tour che abbiamo fatto.

-Direi di sì. Era il mio sogno più grande, fino ad oggi.- gli rispondo. Sono ancora elettrizzata e con la lacrime agli occhi.

-Per il prossimo mese lavoreremo qui. Sarà un'esperienza che non dimenticherai facilmente.- aggiunge Fernando. La giornata è stata davvero bella, c'era addirittura un sole sensazionale. Le lentiggini di Fernando si vedono ancora di più e lui sembra ancora maggiormente un bambino. Non per altro il suo soprannome significa quello in spagnolo.

-Lo so, ne sono consapevole. Non aspettavo altro in vita mia.- lo rassicuro.

-Non solo tu hai una missione. Anche io.- mi dice. Non capisco cosa intenda.

-Quale sarebbe?- gli chiedo perplessa. Fa un sorrisetto beffardo che non mi piace per niente. Mi preoccupa davvero tanto.

-Voglio aiutarti non solo sul piano teorico. Ho in mente delle idee per te.- mi risponde. CHE FRASE ALTAMENTE AMBIGUA. 

-Non credo di capire.- gli dico ancora sempre più preoccupata. Quella frase mi ha scombussolata parecchio. Quando non capisco subito qualcosa inizio a pormi dei problemi e a pensare che cosa volesse dirmi quella determinata persona, formulando una miriade di ipotesi che talvolta sembrano anche senza senso.

-Non devi capire adesso. Lo farai più avanti. Ho un mese per agire.- mi risponde. Evito di continuare il discorso, perché potrei infognarmi e fare gaffe.

-Adesso ti porto a casa mia e ti mostro il tuo ufficio.- aggiunge. COSA? HO CAPITO BENE?!

-Perché?- gli chiedo. Mi sento arrossire di nuovo.

-Non posso pretendere che tu lavori con me se non hai qualche dritta.- mi risponde. Ah.

-Ah, ok, perfetto.- mi tranquillizzo. Anzi, cerco di farglielo credere. In realtà sono ancora più esaltata di prima. Non mi sembra possibile poter conoscere tutti i suoi familiari; quella sua moglie così tanto bella e quei suoi due figli che sono bellissimi!
Arriviamo a casa sua e mi fa segno di entrare.

-Olalla, lei è la ragazza di cui ti parlavo prima al telefono.- esordisce. Quella ragazza è davvero bellissima, è ancora meglio dal vivo. Già nelle foto sembra una dea, ma quelle la minimizzano secondo me.

-Chelsea, giusto?- mi chiede. Mi porge la sua mano in segno di riconoscenza e non posso far altro che ricambiare. Sono ancora incredula.

-Sì sì, giusto.- rispondo. Mi sorride e bacia il marito. Sono davvero stupendi, potrei iniziare a fangirlare ora, ma mi trattengo.

-Ti mostro il tuo ufficio.- mi dice la donna. Mi squilla il telefono: è mia madre che mi chiede di andare a casa. Non posso fermarmi.

-Devo andare a casa... Non posso stare ulteriormente qui... Mi dispiace...- mi scuso.

-Ti accompagno io.- si offre Fernando.

-Va bene... Mi dispiace, davvero!- cerco ancora di scusarmi.

-Non è un problema, abbiamo ancora moltissimo tempo per rimediare.- mi tranquillizza Fernando. Mi porta fin sotto casa e se ne va.
Salgo in camera, mi sdraio sul letto e cerco di addormentarmi, ripensando a quello che mi è successo oggi.

Non sogno mai ciò che potrebbe accadere. Perché? Non accadrebbe.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora