Quarto Capitolo

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È il mattino dopo e siamo appena arrivati a Manchester.

Dylan scende dalla moto e si stira.

«Colazione?» propone vedendo il bar proprio di fronte a noi «Offro io»

«Ottima idea, amico.»

Sistemo la moto e ci avviamo nel bar, dove ci divoriamo due cornetti cadauno e un cappuccino.

«Ora sono davvero carico» dico mettendomi le mani sulla pancia ormai gonfia per la ricca colazione.

«Sono d'accordo» dice sbadigliando

«Allora? Prima tappa?» chiedo seguendolo verso la moto.

Guarda l'orologio «Sono le dieci, alle quattordici aprono i cancelli dello stadio e abbiamo un bel po' di tempo per farci un giro»

«Dove?» chiedo di nuovo

«Te lo dico solo se fai guidare me» sogghigna portandosi le mani dietro la nuca e lasciando la maglia alzarsi di qualche centimetro.

«Te la lascio guidare solo per arrivare dove dobbiamo andare, non farci l'abitudine che la mia bambina non la lascio nelle mani di nessuno» gli punto il dito

«Tranquillo ''tesoro'', è in buone mani» mi fa l'occhiolino e monta.

Per la prima volta non sono geloso che qualcun altro guidi la mia moto.

Dopo circa un quarto d'ora arriviamo in una specie di parco, riscendiamo dalla moto ed entriamo. Un posto al quanto tranquillo, con poche persone: alcuni studenti a studiare sulle panchine ai lati della stradina circondata di prato, alcuni nonnini coi nipotini, alcuni fidanzatini. Ci incamminiamo lungo questa stradina e intravedo da lontano una fontanella. Mi si accende la lampadina delle idee. «Devo bere, vieni» allungo il passo avvicinandomi alla fontanella.

«Hai da poco finito di bere il cappuccino e già hai sete?» chiede avvicinandosi anche lui quando d'un tratto gli indirizzo il getto d'acqua addosso riducendolo uno straccio e comincio a correre mentre me la rido ripensando alla sua faccia scioccata, ma da furbo com'è mi rincorre e prende una bottiglia d'acqua dalla sua borsa per poi versarmela tutta addosso, bagnandomi.
Rabbrividisco per il freddo e cominciamo a ridere come due bimbi.
Mi tiro indietro i capelli zuppi e mi tolgo la maglia fradicia, proprio come fa lui, quando mi accorgo che una delle ragazze che prima era intenta a studiare ora ci osserva godendosi una scena che forse mai prima di oggi le era capitato di vedere. Sorrido e faccio segno a Dylan di guardare che appena capisce, sorride malizioso e mi attira a sé tenendomi per il sedere.
Resto un attimo immobile, poi partecipo al gioco schioccandogli un bacio al lato delle labbra, illudendo la ragazza di averlo baciato davvero, e quest'ultima scioccata più di prima si alza e a passo veloce si allontana, così entrambi scoppiamo a ridere quasi fino alle lacrime.

Sono sicuro che ne combineremo delle belle insieme. Siamo proprio un pericolo pubblico.

Sono le quattordici meno un quarto quando arriviamo fuori allo stadio, il tempo di parcheggiare la moto e ci mettiamo in fila con i nostri biglietti in attesa dell'apertura dei cancelli.

Alle quattordici e trena siamo dentro seduti e immersi nel nostro pranzo, due panini farciti pieni di kebab e patatine: una bomba di squisitezza.

Dopo aver gustato quella prelibatezza io indosso la maglia dei Reds e Dylan quella dei Blues e ci lanciamo uno sguardo di sfida per poi scoppiare a ridere.

La partita inizia alle quindici e come due bimbi ne siamo immersi al 100% e non perdiamo occasione per battibeccarci.

Siamo agli ultimi attimi di questo derby e c'è una punizione al quanto pericolosa per i Reds tanto che Dylan è in ansia tanto da non riuscire a smettere di muovere la gamba su e giù, lo guardo e gli sorrido per poi concentrare gli occhi sul numero dieci dei Reds che si prepara sul punto di battuta. Calcia di destro e la palla va in rete!

Salto dalla sedia e urlo esultando a più non posso per poi puntare gli indici verso Dylan e dicendogli «Inizia a spogliarti, amico!» e comincio a ridere

Dopo l'esultanza i Blues cercando di partire all'attacco per recuperare il risultato ma l'arbitro fischia e la partita finisce. Blues 0 - 1 Reds = Dylan 0-1 Alan.

«Allora, sei pronto a regalarci uno spogliarello?» lo sguardo malizioso

«Avete vinto a culo ma farò pegno, tranquillo» mi lancia uno sguardo divertito, sospetto.

«L'importante è aver vinto» ribatto e prendo le mie cose per poi cominciare a uscire insieme a lui dallo stadio.

Ci avviciniamo alla fontana e mi metto a braccia conserte aspettando.

«Sei pronto ad arraparti?» dice Dylan alzandosi di poco la maglietta e facendomi scoppiare a ridere.

«Muoviti a spogliarti forza!» gli urlo.

Allora si toglie la maglia e me la lancia, così anche coi i pantaloni.

«Vai sotto alla fontana, femminuccia» gli dico ridendo

«Femminuccia a chi?» mi dice avvicinandosi minacciosamente e con una velocità assurda getta a terra le mie cose e mi trascina sotto l'acqua gelida della fontana.

«Ti ammaaaazzo Dylaan» dico ridendo e spogliandomi dei vestiti prima che si inzuppassero ancora di più, mentre lui se la rideva con le lacrime agli occhi, per poi rincorrerlo per tutta fontana e quando lo prendo si butta a terra facendomi cadere insieme a lui.

Restiamo sdraiati lì con l'acqua che continuava a caderci addosso e cominciando a ridere insieme fino a non avere più aria nei polmoni.

Dopo circa dieci minuti di risate a crepapelle, dico.

«Ci conviene alzarci, prima che ci arrestino» rido.

«Infatti, se mi alzi mi fai un favore» dice senza però sforzarsi ad alzarsi.

«Mi ci vuole una gru» dico tirandomi su a sedere e lui riprende a schizzarmi.

«Ma la smettiii?» gli dico facendogli il solletico e miracolosamente lo soffre e continuo divertito.

«Dai, smettila per faaavore» mi prega ridendo

«Allora alzati e alzami» dico continuando

«Vabbene vabbene»

Di fretta si alza e mi porge le braccia per aiutarmi, le prendo e inizialmente mi aiuta ad alzarmi ma poi mi lascia cadere e scoppia di nuovo a ridere.

«Sei un bastaardo» mi alzo da solo e riprendo a rincorrerlo fino a che non si arrende

«Dai seriamente, rivestiamoci» mi porge la mano in segno di pace e la prendo.

Ci asciughiamo come meglio possiamo non avendo niente appresso.

«Ma perché non facciamo una cosa: facciamo un mini aperitivo qui poi torniamo a casa e ti offro la pizza che mangiamo da me» dice Dylan

«Va bene, ci sto» dico «Allora andiamo al BlueMoon e poi ripartiamo»

Monto sulla moto e lui dietro di me per poi recarci al bar.

Arrivati al bar ci sediamo a uno dei tanti tavolini e ci gustiamo il nostro solito aperitivo per poi rimetterci in moto e tornare a casa, dove arriviamo verso le ventidue.

Recati in pizzeria e prendere le pizze andiamo poi a casa di Dylan.

Una casa abbastanza grande. Appena entriamo c'è il salone con un'immensa tv, un divano a L con un tavolino davanti e un camino, adiacente c'è la cucina anch'essa grande, poi un lungo corridoio con due camere da letto e due bagni.

«Ti tratti bene, amico» gli dico guardandomi attorno.

«Ovviamente si» sorride «posa le pizze sul tavolino, accendi la tv mentre io vado a prendere le birre»

«Fai presto che si freddano»

Va in cucina per poi tornare con due birre grandi.

Ci sediamo sul comodissimo divano e tra una fettina di pizza e un sorso di birra ci godiamo la serata che conclude la stupenda giornata passata senza pensare a niente e a nessuno.

E sono le ventiquattro passate quando torno a casa, mi spoglio e mi getto a letto per poi crollare in un sonno profondo.

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