Cap. II

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"Stavolta non ha fatto molto male" stava pensando Gabriele tra sé.
Se non fosse stato per il tatuaggio che gli prende in pieno il braccio sinistro e la parte sinistra dei pettorali, la parte del cuore e che giá lo aveva abituato al dolore, non avrebbe pensato così.
Sì, ai suoi occhi era ovvio che quel piccolo muscolo cardiaco non si trovasse esattamente in quel punto, ma nel mezzo della gabbia toracica, ma comunque era uso definirlo in quella posizione perché la sua punta tendeva leggermente da quel lato.
Lui lo sapeva bene, più volte si era accorto senza nessuna preoccupazione che non gli funzionava come avrebbe dovuto.
Lui non provava sentimenti, ne era privo.
Con ogni ragazza era insensibile e freddo e anche verso i suoi zii che gli avevano dato particolari attenzioni e con i quali era cresciuto provava un certo senso di estraneità.

I pensieri cominciarono ad affollargli la mente mentre usciva da quel piccolo negozio lasciandosi alle spalle la puzza di disinfettante.
Un'ora e mezza prima, quando era entrato, era stato pervaso da un senso di inquietudine chiedendosi se veramente valeva la pena spendere i suoi soldi in quel modo poco proficuo.

L'odore era la prima cosa che aveva sentito, sicuro che gli fosse penetrato nelle narici e sicuro che non sarebbe più andato via, per il resto della sua vita avrebbe sentito sempre e solo quella puzza sotto il naso, mentre ora, sembrava quasi scomparso.

L'entrata di quel piccolo negozio quasi nascosto in una via poco affollata era accogliente e prometteva un servizio serio e affidabile.
Delle poltroncine rosse e dei quadri dei Beatles erano posti alla sinistra, alla destra una grossa scrivania verde sbiadito arrangiata come cassa e al centro una porta da cui si sentiva il rumore incessante della macchinetta.
Quella macchinetta era capace di lasciare segni indelebili sulla pelle delle persone.
Qualcuno se ne sarebbe pentito in futuro, qualcun'altro ne sarebbe stato orgoglioso, ma Gabriele non faceva parte di nessuna delle due categorie.
Lui voleva punirsi, voleva rivedere ogni giorno quei segni che gli ricordavano chi fosse e perché fosse diventato così.
Non ne aveva mai abbastanza, aveva iniziato con delle piccole ali di angelo nascoste dietro l'orecchio destro che rappresentavano la vicinanza con sua madre anche se non fisica.
Da lì aveva continuato fino allo sfinimento, ogni volta che riusciva a risparmiare un bel gruzzoletto, decideva di aggiungere una nuova tacca ai segni sulla sua pelle.

«Ci vuole molto?» aveva chiesto quasi immediatamente varcata la piccola porta e con una prepotenza tipicamente sua.

La ragazza dietro il bancone era rimasta interdetta da quel comportamento maleducato e dalla grinta con la quale aveva pronunciato quelle semplici parole.
In evidente imbarazzo si era portato una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
Gabriele era sicuro di non averla mai vista, d'altronde Maicol ne cambiava quasi una al mese, tanto aveva paura che se una avesse "messo le tende", avrebbe conosciuto perfettamente ogni suo movimento e ogni suo nascondiglio.
Aveva paura di essere derubato, in poche parole.

«N-no, ha quasi f-finito, se si vuole accomodare» aveva risposto balbettando e arrossendo la cassiera.

Era priva di tatuaggi e questa era già di per sé una novità.
Una commessa che lavorava in un negozio di tatuaggi doveva tenere un certo comportamento, vestirsi in un certo modo e soprattutto portare qualche tatuaggio a dimostrare le capacità di quell'ambiente e del suo datore di lavoro.

Ma Gabriele aveva messo da parte i suoi dubbi, sicuro dal balbettare e dall'arrossire della ragazza, di aver fatto di nuovo colpo.
Usava spesso la tattica del ragazzo prepotente, glaciale e irraggiungibile.
Sapeva che il fascino consisteva proprio in quello e che ogni ragazza avrebbe voluto al suo fianco quel tipo di ragazzo, con quel carisma che usciva da ogni poro della pelle.
Non si era mai posto il dubbio di ciò che credeva perché dal comportamento delle ragazze che lo circondavano, aveva sempre avuto quell'impressione e portandosele a letto, la conferma.
Lo chiamavano lo sciupafemmine e anche se questo soprannome il più delle volte aveva un tono di beffa, lui ne era orgoglioso, sentendosi il ragazzo più desiderato sulla faccia della terra.
Dichiarava fin dal principio le sue intenzioni e tutte si accontentavano sempre.
Era deciso, nei suoi occhi era passata una scintilla, aveva intenzione di trattare quella ragazza allo stesso modo.

Amarti Da Qui [REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora