IL SECONDO CAPITOLO

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Iniziai a disfare le valigie nella stanza che avevo scelto.

Piegai i vari vestiti e li posai dentro all'armadio, che dava l'impressione come se da un momento all'altro dovesse scoppiare dalla quantità degli indumenti che ci avevo messo dentro.

I miei innumerevoli libri li posai in fila su un scaffale che si trovava sopra una scrivania messa al muro.

Amavo leggere. Mi piaceva immergermi in un'altro mondo, dimenticandomi di tutto quello che mi circondava.

Quando finii iniziai a guardarmi attorno per la stanza analizzando ogni minimo dettaglio.

Le pareti erano panna e non mi piaceva affatto questo colore.

Promisi a me stessa, che l'avrei dipinta prima o poi. Se già dovevo essere qui, almeno volevo la stanza come la volevo io.
Al centro della stanza  si trovava un letto matrimoniale.

Continuai a girare per la stanza e mi accorsi che c'era qualcosa che non mi convinceva. Solo dopo un po' capii che le mura erano completamente vuote e non avevo l'intenzione di lasciarle così.

Appena avrei avuto il tempo, li avrei tappezzati con delle foto e con le mie amate frasi.

Dovevo dire che ero una persona molto particolare.

Mi piaceva raccogliere varie citazioni e riempire i muri con esse.

Era una cosa che facevo da ben sei anni e la mia camera precedente a Chicago era proprio piena.

Uscii fuori per prendere una boccata d'aria per chiarirmi le idee su tutto questo che ero costretta ad affrontare.

Mi appoggiai alla ringhierà buttando la testa all'indietro e chiusi leggermente gli occhi, permettendo ai raggi di sole di illuminarmi il viso.

Sentii uno strano rumore provenire da dietro di me e spaventata mi girai velocemente.

Guardai in basso e vidi un ragazzo seduto nei grandini sotto la porta della casa accanto.

Non riuscii a vedere la sua faccia, perché mi stava dando le spalle.

Notai che stava fumando e buttò il fumo dalla bocca, che lo circondò tutto.

Sicuramente si sentì osservato perché si girò e mi ritrovai immobile a fissarlo.

Riprese la posizione di prima e continuò tranquillamente a fumare la sua sigaretta.

Entrai subito dentro la casa.

Mi sentii stupida. Ero rimasta impalata a guardarlo. Chissà che cosa poteva pensare.

Dimenticandomi del ragazzo uscii dalla mia camera scendendo in cucina dove trovai mia madre a sistemare varie cose.

"Hai bisogno di una mando d'aiuto?" le chiesi.

"Si, passami le cose che si trovano in quel sacchetto." mi sorrise e io lo presi per poi vederla afferrarlo.

Mi appoggiai al bancone con le mani conserte al petto.

"Domani dobbiamo andare a scuola per iscrivervi." mi comunicò.

Io sbuffai e annuii.



Mi svegliai di botto, sussultando. Non appena vidi mio fratello che si catapultò sopra il mio letto, come se fosse un bambino di cinque anni.

Sapeva essere molto irritante.

Sbuffai e lo spinsi facendolo cadere.

"Levati cretino." dissi coprendomi la testa con la coperta.

"Alzati. Sono le undici e dobbiamo andare a scuola." mi sentii dire.

Mi alzai lentamente. Avevo tanto sonno. Stanotte ero rimasta fino alle quattro con Jennifer a parlare al telefono.

Jennifer era la mia migliore amica.

Scesi le scale e mi trascinai in cucina dove trovai la colazione già pronta.

"Tesoro sbrigati che fra mezz'ora dobbiamo essere a scuola." mi disse mia madre.

Finii di mangiare il pancake e mi diressi verso il bagno dove mi lavai. Dopodiché mi vestii e dopo venti minuti ero già pronta.

La segreteria della scuola era un caos. I telefoni che squillavano, le fotocopiatrici a pieno ritmo e voci ovunque.

"Abbiamo un appuntamento con il signor Meyer, il preside." disse con tono autoritario mia madre, trascinando sia me che mio fratello dietro di lei.

La segretaria, una donna sulla cinquantina dall'aspetto sgradevole, senza dire niente ci indicò una serie di sedie poste accanto ad una porta chiusa di legno chiaro.

Iniziai a guardarmi attorno sorpresa di avere trovato dentro all'ufficio un'onda di studenti che affollavano la stanza.

Guardai l'orologio sulla parete e speravo che ci avrebbero fatto passare presto.

Dopo minuti che sembravano ore, la porta si aprì e siamo stati accolti calorosamente da un uomo sulla quarantina, che subito dopo si era seduto dietro alla scrivania.

Mi accomodai in una delle due poltrone bordeaux poste davanti alla scrivania del preside insieme alla mia madre, mentre Zack era costretto a rimanere in piedi e io gli lanciai un'occhiata divertita vedendolo sbuffare.

Rimanemmo senza dire nulla sia io, che Zack, ascoltando solamente nostra madre, che iniziò a spiegare la "nostra situazione".

Disinteressata alla conversazione iniziai a guardarmi attorno, osservando l'ufficio. Al muro vidi appese alcune foto di famiglia, il certificato di laurea appeso alla parete e notai anche varie piante che avrebbero avuto bisogno di una bella annaffiata.

"Capisco. Faremo il possibile in modo tale che gli insegnati vengano messi al corrente prima di domani." disse prima di rivolgersi a noi. "Avete già compilato il modulo per la scelta dei corsi?"

Scuotemmo la testa all'unisono e lui ci diede dei fogli.

Li compilammo e gli restituimmo il modulo dopo avergli dato un'ultima occhiata.

"Li porto subito all'ufficio iscrizioni, così per domani mattina vi potranno dare già l'orario delle lezioni. Non posso promettervi nulla riguardo alle materie facoltative. La maggior parte dei corsi sono già pieni ormai." ci disse guardandoci attentamente.

Da quando siamo entrati qui io e Zack non abbiamo ancora detto nemmeno una parola e anche questa volta ci limitammo ad annuire con la testa.

"Capiamo perfettamente. Sono certa che farà il possibile e la ringraziamo per la sua disponibilità." disse nostra madre per poi alzarsi e stringere la mano del preside.
Facemmo la stessa cosa per poi uscire dall'ufficio.

Una volta fuori dalla porta, informai mia madre che sarei ritornata a casa a piedi, visto che abitavamo vicino ed ero riuscita a memorizzare la strada.

Lei annuii dicendo di stare arrenata, per poi andarsene con Zack.

Il mio sguardo finì su un ragazzo biondo che sfoderò il suo sorriso da orgasmo alla segretaria dietro al bancone.

Il tipico bambolotto alla Ken.
Vidi la signora sorridergli avvolta dall'aura di seduzione che emanava il ragazzo. Non la potevo per niente biasimare. Era il tipico bamboloccio che trasformava le donne rispettose di se stesse in perfette idiote.

Le chiese qualcosa mettendo la testa di lato e la donna dietro la scrivania scosse la testa rassegnata porgendogli qualche foglio. Evidentemente Ken aveva ottenuto quello che voleva.

Mi diressi verso la porta per uscire dall'ufficio quando lo vidi guardarmi e sorridermi a sua volta, con gli occhi pieni di malizia.

Io scossi la testa ed uscii dalla stanza.

Mi precipitai fuori e rilassandomi iniziai a camminare verso la mia nuova casa.



[Ciao!
È già il secondo capitolo.
Se vi piace fatemelo sapere e magari mettete qualche stellina o commentate, che mi serviranno come una sorta d'incoraggiamento Grazie!]

The accidental loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora