7. Sesto capitolo - el mal

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Il caffè fumava dalle tazze poggiate sul tavolo di vetro nella cucina di Zabini Manor.
Pansy alzò gli occhi su di lui, assumendo un cipiglio preoccupato quando lo vide aggrapparsi contro la sedia di legno con un aspetto disumano – fissando la Granger come se volesse scuoiarla viva.
Era seduta tra Abrahm e Theodore, mentre sorseggiava il suo caffé amaro e si stringeva lo sciarpone di seta bianca attorno al collo nonostante l'afosità di quella giornata, assolutamente indifferente al fatto che fosse scappata dal suo letto come una ladra. Lo aveva lasciato dormire, facendo raffreddare le lenzuola e fargli spalancare gli occhi come un assatanato.
Se n'era andata dal suo letto in punta di piedi, silenziosa, non volendolo affrontare.
Se n'era andata dal suo letto in punta di piedi, silenziosa, facendo volare nell'aria quello che non aveva avuto coraggio di dire a voce.
"Buongiorno" sibilò a denti stretti, sedendosi a tavola e ignorando lo sguardo schifato di Ginny sulle sue mutande firmate rigorosamente Magic Marlin.
"Cosa c'è, Weasley? Non ti piace quello che vedi?" sibilò in risposta, afferrando la tazza di caffé corretto di Blaise e gufando sul posto. Questo, ancora assonnato e assolutamente preso dalla rossa – che non si sedeva a quel tavolo da secoli – nemmeno se ne accorse.
"Eviterei i mal di stomaco di prima mattina" sogghignò Ginny, portandosi il suo cappuccino alle labbra e rilassando le gambe lunghe tra quelle del tavolo.
"Non è colpa mia se la tua eccitazione sale a questi livelli, Weasley. Vatti a fare una doccia fredda" stoccò genuinamente Draco, facendo una carezza sfuggevole sulla tesolina di Hope – scusandosi silenziosamente per il linguaggio davanti ad anime così innocenti.
"Ti piacerebbe, furetto!" sbottò Ginny in risposta, mentre Blaise sorseggiava un bicchiere di latte tutto pacioso, senza ancora rendersi conto dell'assenza assoluta di whiskey e altri simili.
Quando si incazzava era ancora più bella del normale. Con lo sguardo obliquo adocchiò il gonfiore del pigiama e sorrise ancora di più, poggiandosi una mano sul pacco e sbadigliando come se l'affare nemmeno lo riguardasse.
"No, nemmeno un po'." soffiò Draco, guardando in cagnesco la mano di Abrahm, che ora stringeva l'internocoscia di Hermione. Lo vide fissare insistentemente il caffè sul tavolo, con lo sguardo leggermente perso nel vuoto e Draco si chiese se non si fosse accorto dell'odore sulla Granger e i piccoli lividi che le aveva rimasto sparsi per il corpo.
Forse... forse era proprio per quel motivo che Hermione portava la sciarpa con quel caldo. Lui le aveva fatto male? Quasi impazzì al pensiero.
Già una volta aveva cercato di farle male e Malfoy lo aveva avvertito... non voleva in alcun modo che lui la toccasse con violenza e fottesega se non era più il suo fidanzato o lei non fosse più sua. Lo uccideva. Cazzo, se lo uccideva.
"Ma che bell'aspetto, Dracucciolo caro! Sembra proprio che tu abbia svuotato le palle dopo secoli e secoli di astinenza" cinguettò Blaise tutto felice, adocchiando le occhiaie spaventose e le guance scavate.
Scese il gelo sulla cucina di Zabini Manor. Gli attrezzi che stavano lavorando magicamente sul lavello si fermarono, Pansy si bloccò nell'atto di spalmare la marmellata sul biscotto di James e Hope si schiaffeggiò la fronte – sapendo che da un momento all'altro quello che le avrebbe prese sarebbe stato proprio il suo papà.
"Già, Malfoy. Ultimamente eri così infoiato che ti ci voleva il guinzaglio e ora te ne stai mogio mogio... chi ti sei scopato, hm?" sibilò Abrahm, alzando improvvisamente lo sguardo contratto su di lui.
Lo sapeva. Sapeva che Hermione era stata con lui e la cosa non gli piaceva.
Ah- ah. 1.0 per me, moccioso! pensò tutto soddisfatto, incrociando le braccia al petto e sistemandosi meglio sulla sedia.
Gli uccellini smisero di cantare e Pansy tappò le orecchie di James, mentre Blaise aveva provveduto a quelle di Hope, stringendo la bocca in una linea sottile – sapendo di aver scatenato un vespaio più pesante e arrabbiato di quanto avrebbe voluto in realtà.
"Non penso ti piacerebbe saperlo, zucchero" cinguettò il ragazzo dai capelli biondi, nascondendo un ghigno serafico dietro la tazza azzurra di Blaise. L'odore di rum era così forte da stordirlo da quella distanza, mentre quello che gli scorreva dentro aveva già provveduto ad infiammargli lo stomaco.
Abrahm si alzò di scatto, sbattendo la mano sul tavolo e spaventando i presenti. Hermione lo afferrò per un braccio, Theo alzò velocemente gli occhi e Pansy gemette sorpresa.
"Penso che tutti noi, ora, in questo momento, dobbiamo calmarci.
Ci sono dei bambini presenti e non vogliamo scontri" disse tremante, guardando il ragazzo con lo sguardo scuro e combattivo.
Ma Abrahm era già partito di quarta: nemmeno il tempo di gridare "Bastardo!" che Hermione lo aveva già materializzato lontano da lì, con Theo alle calcagna.
Gli altri si guardarono nelle palle degli occhi e Draco strinse i suoi, furioso.
L'unico bastardo, lì, era proprio lui ed era stanco di quei teatrini da bambino capriccioso. Cosa credevano, quei tre? Che forse lui non fosse più capace di usare una bacchetta?
Gli sarebbe bastato poco per mandarlo al Creatore ed Hermione lo sapeva bene, proprio come sapeva che se l'avrebbe trovata ancora nel suo letto – non sarebbe scappata così facilmente come aveva fatto proprio quella mattina.
"Mi dici cosa stracazzo succede?" ed ecco che anche la compostezza da mamma ciocca di Pansy andava a farsi benedire. Si alzò con la gonna verde smeraldo che le svolazzava attorno, assumendo quel cipiglio imperioso che ad Hogwarts aveva fatto scappare più di un Serpeverde.
"Io quello non lo sopporto! Mi faccio andare Theo, ma quello non scende giù!" sbraitò Draco, alzandosi anche lui e facendo alzare gli occhi al cielo proprio a Ginny, che continuava la sua colazione come niente fosse.
"È innamorato di zia Herm" soffiò James, mangiucchiando il suo biscotto con le gambe a penzoloni sulla sedia. Draco lo guardò e si chiese come facesse quel cosetto di un metro e basta ad assorbire tutti quei sentimenti negativi senza sentire la testa scoppiare.
"Smettila di entrare nella testa di quello lì... è malato!" sbottò, bevendosi tutto d'un sorso quella roba disgustosa e alzandosi più incazzato di quando aveva aperto gli occhi e non aveva trovato quella maledetta al proprio fianco.
"Non sono io ad entrargli in testa, ma è lui che mi chiede aiuto" mormorò il bambino, laconico, lasciando che Hope gli stringesse dolcemente la mano da sotto il tavolo.
Draco si bloccò giusto in tempo per vedere apparire contro la grande porta-finestra alla destra della cucina Ana e Vlad – entrambi troppo presi dal proprio chiacchiericcio fitto da non accorgersi del silenzio inquietante che vigeva nella stanza come una nuvola nera e cupa.
"James... tu sei troppo piccolo e quello è più nero della mezzanotte!" soffiò Draco, riferendosi all'anima di Abrahm. No, lui non aveva il potere di Potter Junior, ma sapeva leggere bene dentro le persone. E quello era marcio fino e dentro il midollo.
"Tu ne sai qualcosa, non è vero?" disse Ginny, prendendo Noah tra le braccia e stringendoselo contro. Gli accarezzò i capelli scuri e lo baciò sulla tempia, mentre Blaise si guardava il rialzo dei pantaloni con severità.
"Questa al mio paese viene chiamata tensione sessuale, Pel di carota, non lo sapevi?" sibilò verso la rossa – che aprì la bocca indignata.
"Verso di te? Cascasse il mondo, Furetto!" strepitò, facendosi quasi spuntare corna e coda per la presunzione di quel maledetto Serpeverde.
"Hm... tensione sessuale..." mugugnò Blaise, perso nel suo mondo. I due lo guardarono in cagnesco, ma lui teneva la testa tra le nuvole come suo solito – con una espressione da ebete disegnata sul volto scuro.
"Cielo. Sembra essere passata Ira, da queste parti. E l'ultima volta che ha messo piede sulla terra, tra gli umani, si è scatenata una guerra di proporzioni bibliche che ancora si vanta, la maledetta" intervenne Anastasija, avvolta da un vestitino di pizzo avorio. Sembrava una di quelle bambole di porcellana che sua madre collezionava al Manor e Draco le diede le spalle sbattendo i piedi a terra – ricordando anche quando, in uno scatto di rabbia, suo padre le aveva bruciate tutte, lasciando solo un cumulo di cenere al loro posto.
"Che andassero all'Inferno lei, quel cane rognoso spagnolo, Theodore, la Weasley e pure mio padre e le bambole!" sbraitò fuori di sé, andandosene con un barrito d'elefante e a passo di carica e lasciando dietro di sé un gruppo di persone con gli occhi fuori dalle orbite.
"Sicura che la stronza sia ancora relegata all'Inferno?" bisbigliò Vlad verso Ana, riferendosi proprio a Ira. La moglie gli sventolò una mano davanti al viso – infastidita.
"Non dire sciocchezze" borbottò, agguantandosi i fianchi con le dita artigliate e fissandoli ad uno ad uno.
Quella non era sicuramente una delle loro mattinate migliori, su questo poteva metterci la mano sul fuoco. Si sedette al posto di Hermione, facendosi materializzare con uno schiocco di dita un bel bicchiere di polistirolo con del sangue all'interno e li fissò tutti con gli occhi rossi leggermente contratti.
"Allora, qualcuno vuole dirmi cosa è successo o devo andarmene per un'idea?" domandò, mentre Vlad si accostava alla porta-finestra e si accendeva una di quelle sigarette Babbane che Blaise quasi divorava dalla mattina alla sera.
Tanto lui mica poteva morire come Zabini, diavolo!
James sospirò. "Abrahm si è arrabbiato con zio Draco per zia Hermione e prima che si facessero male lei si è smaterializzata lontana da qui. Zio non l'ha presa tanto bene perché pensa che zia non lo ritenga all'altezza di Abrahm e se l'è presa con zia Ginny, che invece si sta divertendo un mondo a mettere zizzania – mentre in realtà ha intenzione di prendere zia Hermione e gonfiarla di botte per il casino che sta creando" riassunse James, con la sua solita flemma e quel dono speciale che gli aveva permesso di metterli tutti nel sacco.
Ginny arrossì sotto lo sguardo indagatore di Pansy e Blaise arricciò il naso mentre si portava la tazza alle labbra. "Ma cos'è 'sta schifezza?" borbottò, guardando con orrore il latte che stava bevendo da ben mezz'ora senza nemmeno accorgersene.
"Ho evitato di entrare nella testa di zio Blaise. Ci ho provato per un secondo e stava pensando di fare quelle cose con zia Ginny che mamma non vuole né che io veda né che io sappia" continuò, mandando la stoccata finale e lasciandoli tutti con la bocca aperta.
Blaise cincischiò, afferrando la sua fiaschetta di whiskey dalla vestaglia del pigiama e versandosene una dose massiccia nella caraffa del caffè. Vi ci si attaccò direttamente, mentre Ginny arrossiva dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi – Hope ridacchiava e Pansy quasi sputava fuoco.
"SEI UN PORCO!" sbraitò proprio quest'ultima, lanciandogli contro la prima cosa che le capitò sotto mano: il pacco di biscotti che stava mangiando pacificamente Noah – che nemmeno stava seguendo i suoi discorsi e che rimase letteralmente con le mani vuote e gli occhi spalancati quando vide la sua colazione centrare suo padre proprio mentre beveva il caffè. Blaise si strozzò, versandosi tutto addosso e cominciò a tossire come un dannato.
"Male...male...dett...de...tta" annaspò, battendosi i pugni sullo sterno. Sentì gli occhi lacrimare sia per lo strozzamento in corso che per il caffè bollente sul pigiama e ringraziò mentalmente Ginny per le pacche sulla schiena.
"Spero che Potter diventi impotente" sibilò, cercando di riprendere fiato.
Quel Potter, che si era appena smaterializzato lì in cucina dopo una nottata in bianco al Ministero, li fissò con gli occhi smeraldini contratti.
"Vedo che vi sono così tanto mancato da trovarvi a parlare di me. E delle mie grazie" sibilò, togliendosi gli occhiali tondi dal naso e quasi cadendo all'indietro quando James e Teddy con un "Papà" cinguettante, gli si fiondarono contro – abbracciandolo stretto.
Li prese in braccio, appoggiando uno contro il braccio destro e l'altro contro il sinistro e li fissò intenerito. "Buongiorno, ometti" disse con un sorriso sbilenco sulle labbra – lasciando che entrambi gli facessero le fusa.
"'Giorno, papi!" ripeterono in coro, strappando una risatina divertita a Pansy.
"Allora, che succede?" domandò e tutti quanti alzarono gli occhi al cielo.
"Malfoy si è scopato la Granger e il moccioso non l'ha presa bene" e questa volta fu Blaise ad avere il dono del compendiato – sintetizzando tutta la faccenda con una sola e unica frase che fece sbiancare il Bambino Sopravvissuto.
"Oh merda" si lasciò scappare e se i bambini risero, sua moglie lo guardò male.
"Se le sono date di santa ragione? Malfoy è ricoverato al San Mungo? No, non dirmelo! L'ha ucciso direttamente!" borbottò Harry, mettendo i bambini a terra e cominciando a camminare tra le sedie come se fosse impazzito.
"Oh, ma io lo uccido se ha fatto del male a quel maledetto Furetto rimbalzante!
Non gli ho salvato il culo anni fa per farlo morire ammazzato da qualcun altro. Io sono l'unico e solo che deve mettergli le mani alla gola... oh, ma mi sente appena torna!" sproloquiò, con le mani congiunte dietro la schiena e parlando da solo come un pazzo scappato dal reparto igiene mentale del San Mungo.
Pansy alzò gli occhi al cielo. Certo, come no. Ma quale ammazzare e ammazzare. Suo marito poteva anche addurre quella stupida scusa al rapporto che si era creato con Malfoy, ma anche i muri sapevano che in fondo – molto, ma molto, ma molto, ma molto in fondo – si era affezionato a Draco.
E odiava quando qualcuno lo offendeva o addirittura osava mettergli le mani addosso – cosa che con l'ex Serpeverde capitava più che spesso – e lo difendeva a spada tratta anche al Ministero, cominciando a ciarlare come in quel momento sul fatto che solo lui potesse insultarlo, menarlo, torturarlo e ucciderlo. E nessun altro. O sarebbero stati guai.
"Guarda che Draco sta benissimo. Hermione ha portato via Abrahm prima che succedesse il finimondo" borbottò Pansy, agitando la bacchetta e riempiendo un piatto alla sua sinistra – dove fino e poco prima era stato seduto James.
Harry si bloccò proprio vicino al proprio posto, guardandola come se al suo posto ci fosse un rivoltante schiopodo sparacoda.
"Cosa? Che c'è?" borbottò la Parkinson, toccandosi la faccia e temendo qualche brufolo o cose così.
"Hermione è con il moccioso psicopatico?" domandò, come se non avesse sentito bene. Anastasija smise di succhiare dal bicchiere e lo fisso guardinga.
"Sì... lo ha portato via prima che..." intervenne, venendo bloccata da un'occhiata di fuoco.
"Hermione è con il moccioso psicopatico dopo che questo ha scoperto che è stata a letto con Malfoy?" la interruppe furioso Potter, con la divisa che accentuava quasi i nervi tesi e scattanti.
La giacca dal bavero alto e i bottoni sul davanti gli stringevano il petto delineato – seguendo con filigrana d'oro alcuni disegni immaginari sulle braccia e i polsi; i pantaloni di lycra neri erano semplici e abbastanza aderenti da mostrare le gambe rese muscolose dall'allenamento e il lavoro perenne.
Li fissò ad uno ad uno – quasi deluso dal fatto che nessuno avesse pensato a quello che aveva pensato lui. Loro stessi avevano visto quanto fosse pericoloso Abrahm e avevano lasciato Hermione da sola con lui?
"Harry... sai perfettamente che lei è l'unica in grado di calmarlo. E sai bene anche che non è più la ragazza che conoscevi ad Hogwarts.
Tutto questo tempo lontana da noi non è stato uno sfizio o altro; lei si è allenata duramente e costantemente – e il suo potere è incredibile. Forse tu non puoi sentirlo, ma io sì. Lei è diventata incredibile e penso che tenere a bada quel ragazzino non sia affatto un problema... come non lo è stato fino e adesso" cercò di calmarlo Ana, sicura di quel che diceva.
Non era di certo la prima volta che Abrahm perdeva il controllo. E non era di certo la prima volta che Hermione si trovasse in quella situazione.
"Sì, ma..." cercò di parlare Harry, zittendosi nel vedere la sua madrina scuotere il capo. I riccioli rossicci le rimbalzarono sul capo e lei gli strinse delicatamente un braccio – indicando con il mento la sedia e intimandogli silenziosamente di sedersi.
"Non dimenticare che lei è la strega migliore di questo secolo. E non solo" bisbigliò, mentre lui prendeva posto e rilasciava un lungo sospiro.
Sì. Sì, era vero. Hermione era una grande strega, una dominatrice di fuoco, ma era pur sempre la sua migliore amica. Era sempre la stessa ragazzina che lo aveva salvato da quando ne aveva memoria... e aveva paura. Paura di perderla ancora e quella volta in modo definitivo e netto.
"Buongiorno! Che succede qui?" E Ronald Weasley venne mandato a fanculo di prima mattina senza nemmeno sapere perché.
Sua sorella se ne andò con i bambini e Pansy sbraitò qualcosa sul fatto che dovesse allattare Daphne – trascinandosi dietro sia James che Teddy.
"Ma che ho fatto?" borbottò il rosso, sedendosi accanto al suo migliore amico e servendosi la colazione mogio mogio.
"Esisti, cognato caro" cinguettò Blaise – perfido – ancora attaccato alla caraffa del caffè.
Ron lo guardò in modo obliquo.
"Non sembrava così quando sei strisciato a casa mia per pregarmi di far ragionare mia sorella" ridacchiò, addentando una salsiccia e spaparanzandosi meglio sulla sedia.
Harry rise e Vlad sogghignò con Ana a seguito.
"Touché" soffiò Blaise con eleganza. O almeno così parve, perché appena Ron abbassò gli occhi sul cibo – senza sapere come – la sedia gli scivolò da sotto il sedere, facendolo finire a gambe all'aria e con la colazione di traverso.
"Maledetti fantasmi... quante volte dovrò ripetergli di stare buoni con gli ospiti!" sghignazzò Blaise, dandosela a gambe prima che Ron prendesse in mano la bacchetta e lo affatturasse.
Harry sospirò.
No... in quella casa non si poteva mai stare tranquilli!

Lux mea - Quando l'amore supera la ragioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora