Jennifer

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Liam rimase semplicemente sbigottito da quella presentazione, in particolare dal nome del paese; e a peggiorare ulteriormente le cose tornò a farsi sentire l'emicrania che lo aveva aggredito poco prima.
"Lei sta scherzando vero?" domandò a quel misterioso quanto ambiguo uomo che si trovava davanti. "Oppure sono io a non aver capito bene il nome di questo posto."
"Tranquillo, ha capito benissimo! Ho detto Atlantide e mi risparmi le classiche affermazioni del tipo, -Atlantide non è mai esistita-, non le sopporto. Come può ben vedere si trova qui e..." s'interruppe un attimo e gli diede un leggero schiaffo. "... io sono reale."
Nella buia confusione mentale di Liam si aprì un piccolissimo spiraglio di lucidità, un sottile raggio di luce molto simile a quello che potrebbe filtrare attraverso una porta socchiusa, che gli permise di osservare Lescard sotto un'altra prospettiva. Quel suo caloroso sorriso ora non gli sembrava più neanche tanto rassicurante anzi, metteva i brividi: la pelle così incredibilmente liscia e pallida unita alla totale assenza di rughe gli davano l'aria di una maschera, sotto la quale si celava ben altro che gentilezza.
"Va bene, ammettiamo che tutto questo sia reale e non solo un sogno,"disse quasi balbettando. "Voi perché vi trovate qui e soprattutto perché loro parlano come dei cavernicoli?"
Nessuno degli abitanti del luogo sembrò aver compreso una sola parola; le loro facce non assunsero alcuna sfumatura, mantenendo il loro aspetto consumato e spento.
"Lo scoprirà a tempo debito," si limitò a dire Lescard.
"Quale tempo debito?" sbottò Liam e facendo uno sforzo non indifferente si mise in piedi. Erano alti uguali, con una sostanziale differenza di corporatura; Liam aveva addosso almeno quindici chili di muscoli in più del suo interlocutore. "Ho già detto ai vostri compaesani che i miei compagni sono dispersi e hanno bisogno di aiuto, non c'è un secondo da perdere."
"Le consiglio vivamente di darsi una calmata."
"Non le dico dove dovrebbe mettersi la sua calma altrimenti diventerei volgare."
La porta della locanda si spalancò e tutte le teste si voltarono all'unisono in quella direzione. La pioggia era diminuita d'intensità ma il vento soffiava ancora impetuoso facendo svolazzare i lunghi capelli della figura ferma all'ingresso. Era immersa nell'ombra e Liam poté delinearne solo il profilo, dal quale intuì che doveva trattarsi di una donna. Quest'ultima entrò e senza nemmeno richiudere raggiunse uno dei tanti tavoli liberi, abbandonandosi esausta su una sedia. Gli abiti fradici e gocciolanti le aderivano alla perfezione mettendo in risalto un fisico statuario e i lunghi capelli rossi ora le coprivano la parte sinistra del viso.
Alain stava per avvicinarsi a lei ma fu anticipato proprio da Liam.
"Non è possibile! Jennifer, sei proprio tu!"
Il petto della donna si muoveva su e giù in maniera molto concitata, alla disperata ricerca di ossigeno. Con lentezza liberò il volto dalla ciocca ribelle e guardò colui che l'aveva riconosciuta.
"Liam, allora sei vivo."
Jennifer Stone faceva parte anch'essa dell'equipaggio della Jumping Child e il suo lavoro a bordo consisteva nell'elaborazione dei dati riguardanti le rilevazioni che dovevano fare. Nonostante la giovane età (la donna non aveva ancora compiuto trent'anni), era reputata da molti come una delle più promettenti nel suo campo.
"Dove sono gli altri?" le domandò sedendosi accanto a lei e fissandola con intensità. "Ti prego, dimmi che li hai visti."
"Mi dispiace Liam, speravo potessi dirmelo tu. Dopo che la nostra imbarcazione ha cominciato a naufragare è successo tutto troppo in fretta, non ricordo quasi niente."
"Bene, bene," s'intromise Lescard con la sua solita, insopportabile calma. "È la prima volta che ci capita di accogliere due naufraghi, per giunta in discrete condizioni fisiche."
Senza attendere risposte iniziò a fare degli strani gesti con le mani e in breve, gran parte dei presenti si dileguarono, alcuni in quella che doveva essere la cucina.
"Ma dove siamo finiti?" domandò Jennifer facendosi sentire soltanto dal suo ex compagno di viaggio. "Chi sono queste persone?"
"Non ne ho idea e se vuoi saperlo non mi piacciono. Per il momento però dobbiamo restare qui, non esistono alternative."
Alcuni degli avventori furono di ritorno e portarono loro un paio di coperte di lana e due tazze colme di un liquido fumante.

L' Isola SperdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora