INCUBO

94 8 6
                                    


  Continuai a correre, nonostante il mio corpo fosse ormai esausto, perché dietro di me sentivo ancora Jake che mi prendeva a parole e che correva contro di me. Non mi voltai per paura di rivedere quella rabbia sul suo viso, ma a causa del mio tacco rotto, fui costretta a fermarmi per sfilarmi le scarpe. Non fu un'impresa difficile, ma quel ragazzone mi raggiunse e mi gettò per terra.
"Stronza dove credevi di andare? Lo sapevi che ti avrei presa."
Era più che furioso e quindi non si fece scrupoli a darmi un ceffone in pieno viso. Mi tirò per i polsi, stringendoli, e con una violenza incredibile mi spinse vicino al muro, facendomi gemere dal dolore e rabbrividire per il contatto con la parete, umida a causa della pioggia scesa qualche ora prima. Avevo il suo sguardo addosso e non infondeva niente di buono, se non malizia e vendetta.
"Dai Jake scusa ... ti prego lasciami andare. Prometto che non ti darò più fastidio."
Lo supplicai. Lui però scoppiò in una fragorosa ridata, che mi fece rabbrividire.
"Ci avresti dovuto pensare prima, quando mi stavi dando una ginocchiata nelle palle. Adesso non fare la vittima. Ora sei solo MIA!"
Enfatizzò quell'ultima parola sussurradomela nell'orecchio sinistro e in men che non si dica, sempre mantenendo un presa salda sui polsi, cominciò a darmi dei baci sul collo.
"Jake, ti prego ... pensaci. Lasciami andare ti prego!"
Continuai a supplicarlo, ma non ricevetti che un altro schiaffo in viso. Cominciò a strusciarsi su di me, toccandomi un po' ovunque, e cominciando ad abbassarmi la bretella del vestito. Gli occhi automaticamente cominciarono ad inumidirsi con le lacrime che cominciarono a scendere senza sosta. Jake mi guardò divertito, perché il suo scopo era quello di farmi spaventare, ma non si sarebbe limitato a quello, sarebbe andato a fondo. Cercai di dimenarmi e di urlare, ma ogni volta la sua presa su di me era troppo forte, quindi alla fine cedevo per il dolore. Mi spintonò a terra e si mise a cavalcioni su di me, cominciando a sfilarmi le calze. Andai nel panico e lanciai un grido, che venne presto fermato da un bacio forzato. Si avventò su di me, facendomi schiudere involontariamente le labbra, dando vita così ad un bacio che a me non faceva altro che schifo. Poi si alzò e guardò quell'esile corpicino che si ritrovava davanti e sfilò dalla tasca un coltellino, uno di quelli tascabili.
"Ora cara mia, è arrivata la mia vendetta. E questo non è che l'inizio."
Fui colta di sprovvista, quando con un piccolo gesto, mi ritrovai con un graffio sulla faccia da cui usciva del sangue. Scoppiai in un pianto isterico e cercai di scappare, ma la sua presa era talmente salda e forte, che non mi mossi neanche di un centimetro.
"Jake ti prego ... lasciami andare!"
Urlai quelle parole, ma lui non fermò le mie grida, perché era più intento a tagliami rapidamente ovunque, rovinando quel corpo che mi ritrovavo. Ogni angolo del corpo era indolenzito e bruciava a causa dei tagli, e benché volessi togliermi quel verme da dosso, non ci riuscì. Infine mi inflisse l'ultimo taglio, che però mi causò un vero e proprio urlo di dolore. Jake mi prese il polso, e come se nulla fosse affondò la lama, facendo così scorrere un mare di sangue. Lanciai un urlo disperato e le lacrime scesero ancora più velocemente di prima. Il ragazzo decise allora che il mio corpo aveva ricevuto abbastanza tagli, quindi cercò di togliermi il vestito. Inizialmente me lo aveva abbassato da sopra, così da potermi toccare il seno, ma poi decise di partire dal basso. Mi alzò quell'abitino nero che avevo indossato quella sera e cominciò a toccarmi la pancia, fino a scendere all'altezza del ventre, dove però cominciò a toccare la parte a me più intima. Mi sentivo come usata e anche sporca in un certo senso. Stava abusando di me e io non avevo neanche la forza di controbattere, perché nonostante urlassi a squarciagola, nessuno correva ad aiutarmi. Continuai a singhiozzare e a urlare, ma alla fine mi arresi e lasciai che quel lurido porco mettesse le mani su di me, ma cominciai a pregare e a sperare che almeno qualcuno si accorgesse di quello che mi stava facendo e le mie preghiere sembrarono essere state ascoltate, quando sentì una voce.
"Ehi tu! Lasciala stare!"
Jake si alzò dal mio esile corpicino, che ormai non riuscivo neanche più a muovere. Ogni muscolo era bloccato e l'unica cosa che riuscì a fare fu ascoltare e sentire i rumori che mi circondavano. Neanche gli occhi avevano la forza di aprirsi, ma le lacrime continuarono a scendere. Jake ridacchiò per le parole del ragazzo che si era posto davanti a lui, e con aria di superiorità alzò un sopracciglio.
"E tu chi saresti? Sentiamo sono tutto orecchi!"
"Devi lasciarla stare, hai capito?!"
Jake lo guardò e ridacchiò, poi come se nulla fosse si girò dall'altro lato e se ne andò via. Stavo letteralmente tremando dalla paura, e nonostante il fatto che gli occhi fossero socchiusi, non riuscì a vedere il ragazzo, perché le lacrime si erano impossessate di me. Vidi solo le sue scarpe all'altezza del viso,poiché fossi girata su un lato. Il ragazzo si chinò su di me e mi alzò la testa con un palmo. Non ebbi neanche la forza di alzarmi e ringraziarlo, perché ogni parte di me era immobilizzata. Con una delicatezza incredibile, il ragazzo mi accarezzò una guancia con il pollice della mano, mentre con l'altra prendeva il telefonino dalla tasca.
"Ehi tranquilla. Adesso ci sono io. Tra poco questo incubo finirà, te lo prometto."
Aspettò qualche secondo prima di ricominciare a parlare perché dall'altro capo del telefono qualcuno rispose.
"Logan stai zitto e non fare domande. Vieni subito qui fuori, devi venirmi a prendere. Devi accompagnarmi in ospedale, perché c'è una ragazza parecchio mal ridotta qui per terra vicino a me. Muoviti!"
Staccò la chiamata e mi accarezzò di nuovo il viso, ma a quel punto collegai la parola ospedale, e ne ebbi paura. Riuscì finalmente a spiccicare parola, anche se quello che ne uscì fu un sussurro.
"No ti prego ... non portarmi in ospedale. Ovunque ma non lì."
"Ma tu ti devi far curare, sei ridotta male."
"No ti prego, portami a casa mia. Me la caverò!"
"No, no, no e ancora no! Se vuoi ti porto a casa mia, ma non a casa tua. Devo curarti e sei ridotta troppo male!"
"Va bene, ma non portarmi in ospedale ti prego."
Con una dolcezza infinita, mi prese in braccio, dove mi strinsi nel suo petto, godendomi quell'intenso profumo di vaniglia che emetteva la sua pelle. Continuò a camminare, fino a quando non uscimmo da quel vicolo malsano e orribile. Lì, senza che me ne accorgessi, salimmo in una macchina, dove rimasi tra le braccia di quel misterioso ragazzo.
"Ehi Shawn ... ma che è successo? Oddio che è successo?"
"Lunga storia ... ora sfreccia a casa mia, ha bisogno di cure urgenti."
Non sapevo se fidarmi o no, ma alla fine lo feci. Non poteva andarmi peggio di così, e poi quel ragazzo si stava prendendo cura di me. Mi passò un fazzoletto umido sul viso, pulendomi dal trucco sciolto e dal sangue dei tagli che Jake mi aveva fatto. Senza neanche accorgermene, mi addormentai, tra le braccia del mio eroe. 

PROTECTOR 《s.m.》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora