I need a hug

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Ricordo ancora che le orecchie mi fischiavano, anche se intorno a me non c'era alcun tipo di rumore. Gli occhi erano come incollati e non riuscivo ad aprirli in nessun modo. Mi risultava difficile tentare di fare qualsiasi movimento. Eppure nonostante fossi immobile e avessi le palpebre chiuse, attraverso la membrana degli occhi, potevo percepire che intorno a me c'era la luce. Non era del tutto forte, anzi era soffusa, eppure c'era. Non osai muovermi, perché effettivamente stavo comoda e soprattutto al caldo. Non so neanche io cosa mi spinse ad aprire gli occhi in quel , eppure lo feci. Aprì lentamente gli occhi, socchiudendoli a contatto con quel fioco bagliore di luce che mi provocò all'inizio un leggero fastidio. Mi portai una mano davanti agli occhi ancora socchiusi, provando un senso di dolore al polso e al braccio indolenzito e pieno di lividi. Nonostante provassi un senso di fastidio a stare in quella posizione, non mi mossi fino a quando finalmente gli occhi si abituarono alla luce del mattino. Mi guardai intorno confusa, soffermandomi su ogni minimo oggetto che mi circondava. Difronte al letto, nel quale ero praticamente immobilizzata, c'era una scrivania. Sopra di essa c'era uno schermo, mentre su delle mensole più in alto c'erano alcuni libri. Mi soffermai a leggere i titoli dei libri, notando subito il libro che affermava a lettere cubitali il titolo del romanzo 'Romeo e Giulietta'. In qualche modo quel libro lo avevo letto anche io. Forse era anche stato l'unico che avessi mai letto. Era sempre stato un po' patetico il titolo e anche la trama, dato che alla fine avessi trovato sia lui, che lei, due sfigati, dato che erano morti entrambi come i deficienti. Insomma, si può essere così sfigati da avvelenarsi proprio mentre la tua ragazza si sta per svegliare?! Continuai a pensare, senza un motivo ben preciso, alla trama del libro, ma poi continuai a esaminare la stanza. Il letto in cui giacevo era attaccato al muro, quindi alla sua sinistra c'era un comodino. Vicino alla scrivania c'era un'altra porta, però socchiusa, da cui si poteva praticamente notare senza difficoltà che quello fosse il bagno, mentre vicino c'era un enorme armadio bianco, e vicino ad esso, tra quest'ultimo e uno specchio di quelli lunghi e attaccati al muro, c'era la porta, quella però che portava sicuramente fuori da quella stanza. Lentamente mi sfilai il piumone di dosso, sentendo subito dolori ovunque. Istintivamente lo sguardo si posò sul polso fasciato, quello che mi faceva un male tremendo. Come un film, mi scorse davanti agli occhi la scena di Jake che mi tagliava ovunque, e che alla fine m'inflisse quell'ultimo e doloroso taglio. Rabbrividì al solo pensiero e istintivamente mi portai l'altra mano sulle gambe, alzando quella tuta, che non ricordavo affatto di aver mai avuto o semplicemente messo, soffermandomi a guardare quei tagli che mi ritrovavo ovunque. Mi alzai dal letto barcollando un po', anzi anche troppo, dato che fui costretta a tenermi vicino al muro. Tentai di fare un passo, ma m'immobilizzai quando sentì dei passi avvicinarsi. Mi soffermai a guardare la porta, scrutandola con terrore e senza volerlo cominciai a tremare. Stavo letteralmente impazzendo. Pensai di nascondermi sotto le coperte, ma sapevo che in ogni caso quella non sarebbe stata una delle mosse più appropriate da fare, anche perché se quello che stava entrando nella mia stanza era un manico, precisamente Jake, di certo non sarebbe riuscito a non trovarmi. Non è come quando giochi a nascondino con un bambino piccolo che per farlo sorridere fingi di non vederlo, facendo finta di cercarlo ovunque, nonostante tu sappia benissimo dove si trovi. Oh certo che no. Quando quello che ti tiene rinchiusa in casa sua è un maniaco, è tutto molto diverso. Quando ti prende, non può far altro che farti le cose più brutte di questo mondo. Si scaglia su di te e ti usa come se fossi una bambola di pezza o un semplice straccio, incurante dei tuoi sentimenti e del male che ti sta facendo. Lentamente ti usa, e ti sciupa, come quando calpesti un bocciolo appena nato, distruggendolo. E poi tu rimani lì, tra le sue grinfie, che però non puoi far niente, neanche opporti, perché ad un certo punto ti mancano anche le forze per farlo. Con quei pensieri, tutte le immagini di quell'incubo che Jake mi fece passare la sera precedente, riaffiorarono. Continuavo a tremare, così indietreggiai di un passo, lasciando anche che gli occhi si appannassero. In men che non si dica sentì lo scatto della maniglia. Mi soffermai a guardare quest'ultima, che si abbassava lentamente, e come una reazione a catena indietreggiai ancora. Il cuore cominciò a battermi all'impazzata, tanto che mi portai le mani al cuore, come per trattenerlo nel suo tentativo di fuggire via da quello stupido e maltrattato corpo che mi ritrovavo in quel momento, e sgranai gli occhi, ancor più terrorizzata da chi potesse entrare in quella porta. Con mio gran sollievo quello ad entrare non fu Jake, ma un'altro ragazzo. Per un secondo mi calmai, dato che quello non era Jake, ma comunque indietreggiai ancora una volta, guardandolo impaurita.

"Ehi ciao, ma allora sei sveglia!"

Non risposi, bensì continuai a guardarlo terrorizzata. Il ragazzo si passò una mano dietro la nuca, come segno d'imbarazzo, ma che io non colsi. Subito mi domandai come mai fosse lui quello imbarazzato, dato che molto probabilmente quella era casa sua. Mi soffermai a guardarlo, ma poi mi ricordai di quando mi ritrovavo in macchina con lui e quel suo compagno che aveva chiamato... Liam? O forse Leopold...Con quel pensiero mi ricordai ancora con quanta gentilezza, quel ragazzo che ora si ritrovava difronte a me, mi aveva aiutata dalle grinfie di Jake. Rabbrividì molto evidentemente, tanto che il ragazzo cercò di avvicinarsi, ma io in tutta risposta non feci che indietreggiare ancora, però sfortunatamente ricadendo sul letto. Tutto il corpo a quel punto era diventato un dolore insostenibile, dato che ero praticamente ricoperta di tagli e lividi, quindi chiusi gli occhi e lanciai un piccolo gemito di dolore. Il ragazzo si avvicinò, tenendo una mano verso di me, ma io ancor più terrorizzata indietreggiai sul letto, alla fine finendo con le spalle al muro, consapevole di non avere più via di scampo. Sapevo che quel ragazzo non avrebbe mai potuto farmi del male, eppure ero talmente terrorizzata dall'accaduto della sera prima, che non riuscivo a spiccicare parola.

"Ehi, ehi, ehi... calmati... va tutto...bene!"

Mi portai le gambe al petto, cingendole con le braccia che facevano male, mettendo la testa fra le gambe, ma in modo che gli occhi potessero continuare a guardarlo. Nonostante tutto avevo paura che se mi fossi distratta per un momento, lui avrebbe potuto farmi del male, anche se stava cercando di tranquillizzarmi.

Vidi il ragazzo sedersi sul letto, ad una certa distanza da me, come per tranquillizzarmi, quindi con un piccolo, ma bellissimo sorriso mi parlò delicatamente.

"Ehi tranquilla. Adesso ci sono io. Non voglio farti del male, quindi stai calma."

Continuai a tremare, ricordandomi perfettamente che quella frase l'aveva detta anche la sera precedente, solo che l'aveva conclusa dicendo:' Tra poco questo incubo finirà, te lo prometto.' A quel punto cominciai a singhiozzare, in preda ad una specie di crisi isterica, dove le lacrime cominciarono a scendere imperterrite, decise a non voler smettere di scendere. Il ragazzo mi guardò per qualche secondo, fino a quando con un gesto improvviso non mi ritrovai tra le sue braccia, coccolata come una bimba piccola. Per un secondo il cervello mi ordinò di scappare, ma il cuore si sciolse a quel gesto e alla fine constatai che quell'abbraccio fosse l'unica cosa che mi servisse in quel momento.

PROTECTOR 《s.m.》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora