Pettirosso

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Il cantastorie si inchinò al cospetto dei Re e delle Regine, imbracciando il suo nastro meccanico e sfoderando il suo migliore sorriso alla Principessa del Regno Di Pezza.





Iniziò cantando una favola antica, che l'erede al trono ben conosceva:






-Uccidimi!- gridava l'uccellino alla rosa rossa, le cui spine il petto gli avevano trafitto. Il sole splendeva alto nel cielo pallido di un'estate lontana, non una nuvola brucava le praterie silenziose. Una bava di vento solleticava i rossi ricami che si andavano creando sulle piume del gracile pettirosso.


Era stato chiuso in gabbia con un suo fratello. Giovani e candidi come neve, chiacchieravano felici osservando gli adulti dal petto insanguinato e si chiedevano, nelle loro menti, come si fossero provocati quelle ferite.
Un giorno un uomo uccise la madre del compagno di gabbia; una piuma dell'orfano si tinse di rosso, così come tutte le sorelle vicine.
Anche i suoi occhi si tinsero di rosso e la sua voce di miele si fece rocciosa.
Il grigio becco dell'orfano si tinse delle rosse grida del compagno dalla cui pelle nuove bocche si aprivano per rigettare preziosa vita liquida. Nel godersi lo spettacolo, il fondo della gabbia arrossì violentemente.


-Quale colpa? Per quale colpa?- mormorava l'uccellino subendo.


Quando l'umano assassino aprì la gabbia, vide l'uccellino venir spinto dall'orfano nel campo di rose sottostante.


-Uccidimi!- gridava il morente alla rosa rossa, le cui spine il petto trafitto avevano ferito ancora. Il sole splendeva nel pallido cielo di un'estate lontana, non una pecora si degnava di rendersi conto della situazione.


-E' solo un pettirosso. Il rosso delle sue piume è soltanto un vezzeggio. Ah, se conoscesse il dolore del perdere la lana!- belavano le ignoranti pecore vedendolo morente.


L'abbraccio della rosa si fece ancor più stretto.


-Uccidimi!- gridò nuovamente il pettirosso.




Dalla gola fluirono i ricami più belli.





Tutti, tra pecore e pettirossi, si cibarono di carne fresca.



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