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Il secondo che fu portato in sala operatoria era la prima cavia che si era messa a urlare. Le sue corde vocali erano distrutte e quindi era incapace di supplicare o impedire l'operazione. Quando avvicinarono la mascherina con il gas anestetico alla bocca, la sua unica reazione fu di scuotere violentemente la testa, in segno di disapprovazione. Qualcuno, con riluttanza, suggerì che si procedesse all'operazione senza l'utilizzo di anestetici e la cavia fece cenno di sì. La procedura andò avanti per sei ore e i medici rimisero a posto i suoi organi addominali e cercarono di coprirli con quello che rimaneva della sua pelle. Il capo chirurgo ripeté varie volte che era possibile, dal punto di vista medico, che il paziente sopravvivesse. Un'infermiera terrorizzata che assistette all'operazione, dichiarò di aver visto la bocca del paziente curvarsi in un sorriso ogni volta che lo guardava negli occhi. Quando finì l'operazione, la cavia guardò il chirurgo e iniziò a rantolare, sforzandosi di parlare. Credendo che si trattasse di qualcosa di grande importanza, il chirurgo si fece procurare un foglio e una penna in modo che il paziente potesse scrivere il suo messaggio. Scrisse semplicemente: "Continuate a tagliare". 
L'ultimo prigioniero subì lo stesso intervento, sempre senza anestetici, anche se gli fu iniettato un paralitico. Il chirurgo aveva trovato impossibile procedere altrimenti con l'operazione perché il paziente continuava a ridere. Una volta che fu paralizzato, la cavia poté solo seguire con gli occhi i movimenti dei medici attorno a lui. Tuttavia l'effetto del paralitico si esaurì dopo pochissimo tempo e subito la cavia riprese a dimenarsi e a chiedere del gas stimolante. Gli scienziati provarono a chiedergli perché si fosse inferto quelle ferite e perché continuasse a chiedere del gas.
L'unica risposta che ottennero fu: "Dovevo rimanere sveglio."

L'esperimento russo del sonno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora