"NON FARTI PIU' VEDERE! CAPITO?!" Dice papà urlando.
Non piangere Kim. Non piangere. Le lacrime però scendono comunque. E' soltanto ubriaco. Da quando mia madre non c'è più succede spesso, però credo che stasera abbia bevuto particolarmente. Improvvisamente sul suo volto si disegna un ghigno.
"VAI SUL DIVANO" Dice urlando comunque.
Non mi muovo. Ho troppa paura di sbagliare, per poi farlo arrabbiare ulteriormente.
"MI HAI SENTITO!? '" Sbraita avvicinandosi a me con la mano sollevata, come se si stesse trattenendo dal tirarmi un ceffone. Questa volta ubbidisco e mi siedo sul morbido bordo del divano rosso.
Si passa la lingua sulle labbra sorridendo. Tutto d'un tratto si siede vicino a me e mi prende la mano. Lo guardo cercando di capire che intenzioni ha: il suo sguardo è fisso sul mio e dopo qualche secondo lo distoglie guardando il pavimento. Sento che mi stringe la mano e comincia ad accarezzarla. Trattengo il fiato quando la trascina verso le sue cosce, in mezzo a le gambe. Mi sforzo di non ritrarre la mano perché, conoscendolo, potrebbe picchiarmi. Sento che le mie dita scontrano le sue intimità e un brivido mi percorre la schiena. Lui continua a trascinarle finché non sono completamente premute sulla sua pelle.
Mi lascia la mano. Non oso muovermi per paura delle conseguenze. Tende l'altra mano verso il mio viso e mi accarezza le guance, la sua mano scorre sul mio collo fino ad arrivare al seno. Trattengo il fiato quando con un movimento brusco si sdraia su di me e con la sua bocca tenta di incontrare la mia, cerco di divincolarmi, ma mi afferra dal sedere e mi attira a lui. Ho paura, non so precisamente di cosa ma ho molta paura. Sento il sudore imperlarmi la fronte e il suo corpo che aderisce al mio. Muovo le braccia, le gambe, la testa, cercando di scappare.
Riesco a liberarmi dalla sua presa tirandogli un calcio con tutta la forza che ho in mezzo alle gambe. Lui si piega dal dolore e io ne approfitto per correre in camera mia, sbatto violentemente la porta e cerco frenetica la chiave. Sento i suoi passi avvicinarsi.
"KIM!" Lo sento urlare.
Ritrovo la chiave nel mio cassetto, la infilo nella toppa e comincio a girarla.
I suoni della serratura che si chiude mi rassicurano un attimo prima di sentire un colpo proveniente da dietro la porta, è lui.
E' arrivato.
Mi guardo intorno disperata cercando una soluzione, ma non mi viene in mente nulla. Vedo la mia borsa e capisco che la cosa migliore è scappare. Prendo tre paia di jeans e tre magliette con qualche felpa, prendo i miei risparmi e il mio cellulare con il caricatore portatile.
Apro la finestra e salgo sul davanzale. Ho un attimo di esitazione e guardo per l'ultima volta la mia camera dove risalgono tutti i miei ricordi con la mamma, tutte le mie cose. Sento un altro colpo alla porta e mi rigiro verso la strada: potrei saltare, ma ho paura dell'altezza.
Il cemento sembra così lontano dal davanzale. Mi giro di scatto quando sento un altro colpo alla porta. Non hai scelta Kim. Dico a me stessa. Chiudo gli occhi e salto.
Spalanco gli occhi e mi accorgo di essere nel letto di camera mia, di casa di mia zia. Di nuovo lo stesso sogno. E' da quella notte che faccio sempre lo stesso incubo, da quando sono scappata di casa e sono andata a casa della zia. Quando le ho spiegato il motivo di quella fuga, lei mi ha detto che non avrei mai più rivisto quell'uomo, anche se in realtà lo vedo tutte le notti. Guardo l'ora: sono le 7.00. Giusto, devo alzarmi per andare a scuola. Mi alzo e prendo un top bianco e dei pantaloncini strappati, sbircio fuori dalla porta: è buio, strano, la zia di solito è già sveglia a quest'ora.
"ZIAAA" La chiamo. Passa qualche secondo, ma nessuna risposta.
"Zia! Svegliati!" Ancora niente. Decido di andare in camera sua.
"Zia, è tard..." Non faccio in tempo a finire che mi arriva un cuscino in faccia.
"KIM VAI A DORMIRE, OGGI E' IL PRIMO GIORNO DI VACANZA!" Urla lei.
Oops. Dimenticavo. La scuola è finita ieri. Me ne ero completamente dimenticata. Idiota, idiota, idiota. Ripeto a me stessa.
Visto che ormai sono pronta scendo a preparare la colazione: prendo tutti gli ingredienti necessari e comincio a fare i pancake. Cucinare mi rilassa, mi schiarisce le idee. Poi come cuoca, sono anche discretamente brava. Una volta preparata la pastella comincio a stenderla sulla padella.
' E' tutta questione di polso Kim, un giro a destra, uno a sinistra, uno a destra, uno a sinistra...' Mi ripeteva sempre mia madre, è lei che mi ha insegnato tutto sulla cucina. Vengo interrotta dallo squillo del mio cellulare, poso la padella e vado a rispondere: è Lucy, la mia migliore amica.
"Hei Lu" le dico allegramente
"Anche tu già sveglia?" Chiede ridendo
"Eggià. Allora oggi vieni da me?" Io e Lucy andremo insieme nella casa in campagna della zia.
"Sìì, non sto più nella pelle!" Dice emettendo un grido dalla felicità. Ridiamo sonoramente entrambe.
"Magari ci sono dei ragazzi carini lì" Dico ridacchiando.
Ovviamente però si innamoreranno di Lucy, è molto carina: ha gli occhi grandi e verdi, con i capelli neri sempre raccolti in una treccia, è alta magra e ha le curve accentuate, in più è molto simpatica. Il prototipo di ragazza perfetta per un ragazzo.
Io invece ho i capelli marroni e gli occhi castani, una bellezza classica, mi definisce lei; ma so che lo dice per fami stare meglio.
"Sì! Che bello! Cadranno tutti ai nostri piedi" Squittisce con una voce stridula.
"Ai TUOI piedi." La correggo.
"Eddai Kim! Ti ho detto che tu sei una bellezza classica" Ecco, ci risiamo.
"E tu sei una figona che piace a tutti, altro che, la bellezza classica mi saluta da lontano" Dico ridendo.
"Io preferisco la bellezza classica, che quella scontata" Dice in tono autorevole.
"Come vuoi" Le dico sospirando.
"Allora, da te alle 3.30?" Replica in tono squillante.
"Da me alle 3.30" Le dico.
"Okay, a dopo scema" Mi risponde. Rido sonoramente.
"A dopo mongola" Dico nuovamente per poi mettere giù la telefonata.
All'improvviso sento uno strano odore, quasi, di... Bruciato! I pancake!
Corro ai fornelli per trovare i miei pancake bruciati, ormai immangiabili. La telefonata con Lucy mi ha distratta. Allora mi rassegno a scaldare il latte e aggiungerci un po' di caffè.
"Kim vai a prepararti la valigia, qua finisco io... Hei ma cos'è questa puzza? Cosa sono questi?" Dice in tono interrogatorio.
"Ehm, io vado in camera mia" Dico, e scappo via ridendo.
"KIM! COSA HAI COMBINATO QUA!?" Urla lei dall'altra stanza. Sorrido e tiro fuori la mia valigia, per cominciare a prepararmi la borsa.
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FanfictionKim è il tipo di ragazza che si incontra tutti i giorni. Mora, occhi castani, timida... Un giorno però qualcosa cambia, un ragazzo metterà in risalto la sua unicità e non la farà più sentire una semplice ragazza. Ma può davvero fidarsi di questo ra...