Esco dalla camera pressurizzata e mi guardo intorno: non c'è anima viva, ma in compenso niente è al suo posto. Mi si para all'interno un panorama desolato: come dissero i miei antenati del XXI secolo, assomiglia ad un'apocalisse zombie. Ci sono costanti frastuoni e scosse, l'elettricità va e viene ed il percorso è ostacolato da detriti di vario genere, come letti, sacchi, barriere, luci al neon crollate, scale distrutte, fili elettrici scoperti e, per finire in bellezza, un grande buco nel pavimento, da cui posso vedere i tubi del gas propano. Ah, dimenticavo, una scia di fuoco che sembra un lanciafiamme pronto ad arrostirmi esce bruciando ardentemente da una valvola rotta.Di qui non si passa.
Noto un condotto per la manutenzione, e mi ci infilo senza pensarci due volte. È illuminato, ma subito la luce si spegne e non ci vedo più molto, servirebbe una torcia. Però non devo lamentarmi, nonostante tutto grazie al mio senso dell'orientamento riesco comunque a capire dove sono e dove vado.
Aggiro la pericolosa fiammata e continuo a cercare aiuto, quando incappo in un altro buco nel pavimento: stavolta ci sono delle assi per attraversarlo, questo vuol dire che ci sono altre persone sulla nav-AH!
Tutto succede in una frazione di secondo, una delle assi scivola ed io cado insieme a lei all'interno del buco.
Nonostante la caduta di più o meno 5 metri, mi rialzo, e, più determinata che mai, decido di proseguire.
Guardo verso l'alto, maledicendo ripetutamente l'asse divergente e pensando che forse non fosse troppo strano che nessuno rispondesse ai nostri messaggi. Qui sotto il panorama è ancora più spettrale: la luce è completamente mancante, ma riesco a muovermi a fatica con le sporadiche scintille prodotte dalle lampadine che esplodevano; inoltre ci sono interi pilastri sostenitori in cemento crollati a terra. Ciò lo fa sembrare una di quelle vecchie foto digitali risalenti al 2017, anno del Grande Sisma di intensità 18.7 sulla scala Richter, che spinse l'umanità a cercare un pianeta secondario su cui vivere; assomiglia ai disastrosi segni lasciati dal terremoto.
Persevero nella mia perlustrazione di questo luogo così immobile ed allo stesso tempo spaventoso, nel tentativo di trovare aiuto.
Ad un certo punto vedo una scritta, che imbratta uno dei muri in lega di titanio e quarzo, fatta con una rudimentale bomboletta spray: reca le parole "Continua a muoverti".
Sembra scritta di fretta, come se il tizio che si è preso la briga di esternare le sue doti artistiche avesse un inseguitore alle spalle. Lì vicino c'è una scala, decido di salirla, magari mi riporta nel punto di prima. Accidenti, è tutto buio, se almeno avessi una torcia... Non importa, attraversando decine di stanze tappezzate di graffiti inquietanti, riesco ad arrivare al pannello di controllo della zona principale. E ripristino la corrente. Sì! Ce l'ho fatta! Sento il rumore dei motori del reattore nucleare riprendere a ronzare, quando all'improvviso vedo tre figure (uomini, donne o androidi non so dirlo) convergere attraverso la stanza. Chi sono? Credevo non ci fosse anima viva qui... Appena scendo, decido di entrare nella sala principale. Entro, e rimango sconvolta dal solito terrificante silenzio e dalla consueta illuminazione scarsa, che si aggiungono alla distruzione e a graffiti vari in quantità massiccia. C'è perfino uno di quei blocchi di cemento che sulla Terra utilizzavano come guard-rail.
Salgo le scale, e rimango esterrefatta. Non è possibile. No, no. Questo dev'essere un brutto scherzo della mia mente malconcia dopo la rovinosa caduta.
In questo preciso momento vedo, attraverso le gigantesche finestre della stazione, la Torrents che si stacca da essa e parte. Cazzo! Devo assolutamente chiamare l'astronave.
Corro a cercare un telefono nella zona in cui non sono ancora arrivata a esplorare. Entro in un'ampia sala, e mi si gela il sangue nelle vene. Ci sono decine, centinaia, migliaia di cadaveri, chiusi dentro a sacchi bianchi, allineati uno vicino all'altro. Reprimo un conato di vomito. Cerco di continuare, e noto una porta chiusa con una spranga: mi serve un piede di porco per forzarla.
Cercando di dimenticare la "Sala dei Cadaveri", parto alla ricerca di quest'ultimo, ma mi imbatto in una scena ancora più raccapricciante: davanti a me, separato solo da una grata, il che mi permette di vedere il triste spettacolo ma al contempo mi impedisce di intervenire, c'è un uomo con il cranio sfondato, a terra, morto.
Intorno a lui c'è un lago di sangue, un nastro per le registrazioni ed il suo badge. "Oh cazzo..." esclamo scioccata. Quindi noto che ha in mano un piede di porco. Proprio quello che mi serve.
Mi infilo in un condotto senza luce, nel tentativo di raggiungere quel poveretto. Dunque noto che su quel pavimento c'è del sangue, come se una persona morente si fosse trascinata là dentro nel disperato tentativo di salvarsi. O come se vi fosse stata trascinata.
Raggiungo la stanza, e prendo il piede di porco al defunto, che lo tiene stretto come se fosse l'unica cosa in suo possesso che lo potesse difendere da chi - o cosa - l'abbia ucciso.
"Scusa, ma questo serve più a me che a te."
Torno indietro e, cercando di non concentrarmi sui corpi perfettamente allineati, inizio a togliere la spranga.
Poco dopo mi fermo. Perché? Perché sento l'inconfondibile sensazione della forma rotonda del foro d'uscita della canna di una pistola. Seguito dal suono del cane armato.
STAI LEGGENDO
Concorso di scrittura by TTTRiky - Partecipante
RandomMa sì, bestemmiatemi pure. Sono riuscita a resistere ad un paio di queste sfide, ma alla fine ci sono ricascata. È peggio di una droga, una volta fatto il primo concorso non la smetti più. E stavolta eccomi alla mercè della mente malata di TTTRiky...