Un passo risuonò appena sul selciato. Subito fu seguito da un altro, quindi da un terzo. Il rumore dell'acqua riempiva le orecchie della piccola figura che correva disperatamente per il lungomare, divorando sotto i piedi quella buia ed ampia strada. La lunga chioma scura le rimbalzava sulle spalle magre assieme al cappuccio della felpa, mentre le scarpe da ginnastica colpivano ripetutamente il terreno traslucido a causa della perpetua umidità recata dal mare, producendo piccoli tonfi ritmati col battito del cuore.
Lentamente, la ragazza iniziò a rallentare la sua andatura, il petto poco pronunciato scosso da brevi e violenti respiri, fino ad una più comoda camminata. Per un breve periodo si fermò del tutto, a scrutare le onde che si frangevano contro gli scogli in ampi spruzzi che ogni tanto arrivavano ad accarezzarle il viso già inumidito dalle copiose lacrime che l'avevano solcato.
Distolse lo sguardo, affondando ancora di più i denti nella morbida carne del labbro inferiore che tremava, per bloccare i singhiozzi che minacciavano di rompere l'arcana armonia data dal fragore degli schizzi. Odiava piangere rumorosamente, come fanno certe ragazzine, urlando e stringendo i pugni e disperandosi ad alta voce. Se si presentava l'occasione, preferiva farlo in silenzio, cullando il proprio dolore nel privato del suo cuore come fosse un bimbo in fasce.
Con un movimento rapido, quasi irato, si calò il cappuccio sul capo, nascondendo gli occhi castano scuro arrossati dal pianto, quindi affondò le mani intirizzite dal freddo nelle tasche e riprese a camminare. Una piccola ragazza avvolta in una felpa troppo grande per lei, affiancata da un millenario gigante dall'incredibile forza, che ora brontolava alla sua sinistra.
Camminava a capo chino, facendo attenzione a mettere ogni piede dentro una ed una sola pietra, sola e solitaria lungo quell'enorme viale, che costituiva il suo santuario. Il posto in cui amava rifugiarsi quando qualcosa la tormentava, perché si beava della compagnia di qualcuno che a volte le accarezzava dolcemente i piedi nudi mormorando rassicurante, altre pareva essere più tormentato di lei, con quei cupi e strazianti lamenti e le violente sferzate con cui assaliva la roccia. Quella era la sua catarsi.
Non sapeva dove stesse andando, e neanche le importava. Non aveva mai percorso tutto quanto il viale, perciò non sapeva se (o dove) terminasse, o se continuasse all'infinito in un limbo senza tempo di nebbia e notte e lievi spruzzi marini. Ma neppure questo la preoccupava. Le piaceva camminare lì, si sentiva come a casa, ed era una sensazione che paradossalmente non provava neanche nella sua vera dimora. Sollevò appena il volto, spaziando con la vista sul lungomare deserto e quasi totalmente oscuro, per poi spostarsi sulle poche case lì intorno, altrettanto buie, custodi dei sogni - o degli incubi - di coloro che le abitavano.
Avrebbe potuto benissimo essere l'unica sveglia in una città dormiente, considerata l'ora tarda, e magari lo era. Era sola, completamente sola, e da sola camminava incessantemente, come una marionetta mossa da fili invisibili e guidati da chissà quale entità. Chinò ancora la testa, osservandosi i piedi e sbirciando attraverso le proprie gambe scorgendo il profilo della sua ombra, più nero del buio stesso. L'unica a tenere il suo passo e ad accompagnarla nel suo percorso. Abbassò le palpebre per un istante, e quando le riaprì qualcosa era cambiato: un altro paio di scarpe sostava dietro le sue.
Due braccia le cinsero la vita, un corpo aderì al suo e un profumo familiare le solleticò le narici. Un caldo bacio le fu deposto sul collo, facendole correre tiepidi brividi lungo la schiena. Dentro il petto della ragazza qualcosa iniziò a sanguinare dolorosamente, con infinita lentezza. Un lieve sospiro le lasciò le labbra, tradendo il suo pianto.
Serrò con forza gli occhi, e quando li riaprì era tutto normale: tutto storto e, proprio per questo, normale. Era solo una piccola ragazza inchiodata in mezzo a una strada buia e desolata, nessuno la stava abbracciando e nessuno le aveva donato quel bacio. Nessuno, men che meno lui. Quei baci e quelle braccia e quel corpo e tutto quanto di lui ora apparteneva ad un'altra, probabilmente le era sempre appartenuto. Quello che aveva rivissuto era stato solo un lontano, vivido e dolorosissimo ricordo.
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Concorso di scrittura by TTTRiky - Partecipante
De TodoMa sì, bestemmiatemi pure. Sono riuscita a resistere ad un paio di queste sfide, ma alla fine ci sono ricascata. È peggio di una droga, una volta fatto il primo concorso non la smetti più. E stavolta eccomi alla mercè della mente malata di TTTRiky...