Capitolo quattordici

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Pov Josh

Avevo fatto un ottimo lavoro, il polso era stato medicato e fasciato e mi sentivo quasi fiero del mio lavoro. Avevo comprato delle garze, del ghiaccio secco e tutto l'occorrente per una fasciatura fatta con i fiocchi, in una piccola farmacia alla periferia del paese e poi, insieme, eravamo andati in un parco.

Non avevamo parlato molto, dopo le nostre rivelazioni avevamo preferito mantenere il silenzio. A me sarebbe piaciuto parlare e farle tante domande, ma non volevo metterle fretta o pressione. Jennifer mi piaceva, nonostante fosse piccola e nonostante non la conoscessi per niente, qualcosa in lei mi piaceva particolarmente e mi spingeva ad avvicinarmici.

Sorrisi a causa di quei pensieri e mi sdraiai sul prato, il cielo prometteva pioggia e se non fossimo tornati a casa ci saremmo bagnati, ma io non avevo voglia di dividermi da lei. La guardai, era seduta a qualche metro da me e si stringeva le gambe con le braccia mentre poggiava il mento sulle ginocchia, non era consapevole del fatto che fosse bella da togliere il fiato e forse questo la rendeva ancora più bella.

-Che c'è?- disse poco dopo guardandomi, si era accorta del mio sguardo e le guance le si erano tinte di rosa.

-Ti guardavo- ammisi con un sorriso, riportando gli occhi al cielo. Era inutile cercare di nascondere il mio interesse, anche se non parlavo io parlava il mio linguaggio del corpo.

-Mh- mugugnò -è maleducazione fissare la gente- girai la testa di scatto e mi fermai ancora un pò ad osservarla prima di mettermi a sedere, stava ridendo e quella vista fece fare una capriola al mio cuore.

-Quindi mi stai dando del maleducato?- le chiesi con voce seria, smise di ridere e si afferrò nuovamente le gambe con le braccia -Oppure mi stai dando del guardone?-adesso la voce era più divertita.

-Niente del genere, hai detto tutto tu- disse a bassa voce. Sorrisi, e decisi di non ribattere perchè non avrei saputo che dire.

Strappai un filo d'erba nell'esatto momento in cui un lampo squarciò il cielo, seguito qualche istante dopo dal trambusto di un tuono. Alzammo la testa verso il cielo e delle grosse gocce d'acqua ci colpirono in pieno il viso, fissai Jennifer che stava sorridendo e sorrisi a mia volta, sembrava fatto a posta ma ogni volta che stavamo insieme doveva sempre piovere.

-Hai un qualche potere soprannaturale che richiama la pioggia?- domandai alzando leggermente la voce per superare il rumore delle gocce d'acqua contro il terreno. Mi alzai e le tesi la mano, lei sorrise, mi guardò mentre l'acqua cominciava a bagnarmi i vestiti e l'afferrò. Cominciammo a correre alla ricerca di un qualche riparo che potesse impedirci di prendere una polmonite, ma il parco era talmente piccolo che non trovammo niente, uscimmo nella strada e ci scontrammo con altre persone che come noi erano in cerca di un riparo.

La consapevolezza delle nostre dita intrecciate mi fece stare bene. Eravamo completamente fradici ma sorridevamo, mi sentivo in pace con me stesso, in pace con la vita. Mi sentivo, per la prima volta dopo tanti anni, padrone del mio presente. Ero certo che sarei stato ancora in grado di potermi costruire un futuro se Jennifer avesse continuato a stringermi la mano, ecco perché, con la testa piena di quella nuova consapevolezza, mi fermai, mi bloccai in mezzo alla strada, non curandomi della gente che ci diceva di spostarci perché bloccavamo il passaggio e non curandomi del fatto che eravamo bagnati e in cerca di un riparo.

-Jennifer, esci con me- sembrava una richiesta disperata, come se dalla sua risposta dipendesse il verdetto della mia vita. E forse in un certo senso era proprio cosi, vedevo la luce in fondo al tunnel quando mi era vicina, avevo voglia di ricominciare a vivere per me, di riprendere in mano la mia vita e riportarla a galla. Mi faceva venir voglia di vivere.

Qualcosa nel suo sguardo cambiò, i suoi occhi si riempirono di quella che sembrava paura e non capì il motivo.

-I..io, io ho sedici anni, non so nemmeno come ti chiami, non ho idea di chi tu sia e poi...- guardò il suolo e allontanò la sua mano dalla mia. Mi avvolse il panico, non potevo permetterle di allontanarsi. Un uomo mi colpì alla spalla a causa della fretta, mi chiese scusa ma io non ci feci neanche caso. Mi avvicinai a lei, in cerca delle sue mani, le teneva ferme lungo i fianchi mentre l'acqua le gocciolava dalle dita. Volevo stringerla a me, percepivo il muro che si era creato a causa delle mie parole e in un certo senso mi pentì di averle pronunciate, non perché la voglia di uscire con lei fosse sparita, ma perchè era come se i miei progressi per avvicinarmici fossero andati persi.

-Jennifer io...- feci qualche passo nella sua direzione e, grazie al cielo, non si spostò. -Io non avevo intenzione di spaventarti o metterti fretta- feci ancora un passo e quando ero abbastanza vicino le tolsi una ciocca di capelli bagnati dal viso.


Pov Jennifer

Avevo freddo, avevo freddo e paura, ma ero felice e terrorizzata. Mi sentivo di scappare e forse avevo voglia di abbracciarlo. Ero confusa e nel panico, non mi era dispiaciuta per niente la sua compagnia, ero stata bene e nonostante fosse passata l'ora di rientrare a casa non avevo pensato a mia madre nemmeno per un attimo. Era andato tutto benissimo ma lui adesso aveva nuovamente detto quella frase, voleva ancora uscire con me, nonostante il tempo passato insieme era stato noioso e monotono, secondo me, e nonostante due o tre volte le mie risposte erano state fredde e brusche lui voleva ancora uscire con me.

La sua mano mi toccò il viso e mi fece rabbrividire, le volte in cui mi sfiorava o, come prima, in cui mi teneva la mano scatenavano nel mio corpo delle sensazione che non avevo mai provato prima, mi sentivo bene e mi veniva voglia di stringermici più vicino, eppure, malgrado tutto, sapere che fosse interessato a me, mi terrorizzava. I suoi occhi mi fecero per un attimo tremare la gambe, erano intensi e spaventati. Per un attimo mi parve di vederci dentro il riflesso dei miei.

Fece un altro passo verso di me e la mano che prima mi aveva spostato la ciocca, si fermò sulla mia guancia. Le sue parole mi avevano spaventata, ma avevo voglia di uscirci insieme, nonostante tutto avevo voglia di salire ancora sulla sua moto e di chiedermi se fossi finita in un libro, nonostante tutto io volevo lui, malgrado non sapessi neanche il suo nome. Anche l'altra mano si fermò sulla mia guancia, eravamo vicini, i suoi pollici mi disegnavano dei cerchi immaginari sul viso e dove si posavano le sue dita lasciavano una piccola scia di calore. Mi lasciai andare e chiusi per un attimo gli occhi, la pioggia aveva rallentato la sua caduta e le persone attorno a noi erano sempre di meno. Quando ripresi il controllo del mio corpo e aprì nuovamente gli occhi, i suoi smeraldi erano fissi sulle mie labbra, l'intensità del suo sguardo fece perdere qualche battito al mio cuore e il desiderio con cui mi fissava mi fece credere che mi avrebbe baciata sul serio.

Si avvicinò ancora un pò, il suo fiato mi sfiorò la fronte. Mi godetti la visti dei suoi occhi cosi verdi da far quasi paura.

-Mi chiamo Josh- sussurrò a due centimetri dal mio viso -Ho ventiquattro anni e una voglia immensa di baciarti- i suoi occhi si posarono delicatamente sulla mia bocca e le sue labbra si poggiarono all'angolo delle mie. Le guance mi andarono a fuoco ma non potei non constatare quando bello fosse quel lieve contatto. Guardò ancora un pò la mia bocca e poi, senza allontanarsi, continuò a parlare -Non so nemmeno io chi sono, ma posso assicurarti che ti aiuterò a scoprirlo. Adesso però ti bacio- e lo fece davvero. La sua bocca si scontrò delicatamente con la mia, con la mia che non aveva mai baciato nessuno. Il cuore mi premette forte contro la gabbia toracica e pensai che un momento tanto idilliaco si sarebbe trasformato in disastro quando il cuore mi sarebbe schizzato fuori dal petto. Le sue labbra erano morbide, sapevano di pioggia e fumo e le sue mani sul mio viso mi fecero sentire bene.

Quello era il mio primo bacio, il mio primo bacio sotto la pioggia, il mio primo bacio con un ragazzo di ventiquattro anni di nome Josh che aveva voglia di baciarmi.

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Gli occhi come il pratoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora