Capitolo nove

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Pov Josh
Quando arrivai a casa riuscì solo a togliermi il giubbotto che mio padre cominciò ad assillarmi.
-Hai comprato le birre? E le mie sigarette? Ma ti hanno pagato? Avrei bisogno di qualche soldo- lasciai la busta di carta sul tavolo in cucina e lo guardai. Le rughe sulla fronte e agli angoli delle labbra si erano intensificate nell'ultimo periodo, i suoi occhi non erano più quelli di una volta, un tempo erano felici e dolci. Adesso erano solo gli occhi di un folle, di un uomo rovinato dal vizio del gioco. Di un uomo triste e sofferente, di un uomo distrutto. Il mio cuore si riempì di dolore, malgrado tutto ciò che mi faceva passare, non riuscivo ad odiarlo. Non credo ne sarei mai stato capece. Era l'uomo che mi aveva messo al mondo, l'uomo che aveva reso la mia amatissima madre, la donna più fecile sulla terra. Io non sarei mai riuscito ad odiare mio padre.
-Ho preso tutto- dissi. La mia voce risultò spenta, malgrado non volessi far notare il mio stato d'animo -Vado in camera mia, c'è della pizza in frigo-
Quanto finalmente restai solo con i miei pensieri, potei metabolizzare tutto. Mi sdraiai sul mio letto e chiusi gli occhi, un leggero fastidio alle tempie non smetteva di tormentarmi, e un peso sul cuore mi mozzava il respiro.
Tante cose strane stavano accadendo in quel periodo. Mi sentivo sotto pressione a causa dei debiti di mio padre, che dovevo pagare io, e la mancanza della mamma in certi momenti si faceva davvero insopportabile.
Mi sentivo bisognoso di qualcuno con cui parlare, di qualcuno incasinato quanto me, di qualcuno in grado di capire ciò che succedeva nella mia testa. Ma l'arte della conversazione non era mai stato il mio forte e questo mi aveva sempre impedito di trovare delle persone disposte a sopportare il mio carattere particolare. Non sono mai riuscito a trovare degli amici e anche se li avessi trovati non credo che sarei stato in grado di parlare così senza vergogna dei miei problemi. La mia vita era strana da capire perfino per me, figuriamoci per un estraneo. Decisi in quel momento che avrei smesso di pensare a qualsiasi cosa mi stesse facendo del male e avrai iniziato a godermi i miei ventiquattro anni.
Mi alzai dal letto e mi diressi in garage, l'amore della mia vita mi aspettava e sinceramente mi mancava, non la vedevo da un pò di tempo ormai.
-Ciao tesoro- dissi piano. Sorrisi quando spostando il telo vidi la mia amatissima moto. Magari apparirò fanatico o immaturo, ma quella moto mi aveva salvato la vita.
Purtroppo però l'aveva rubata a mia madre.

Pov Jennifer
In alcune situazioni i libri erano davvero la mia unica salvezza. Quando il mondo diventava troppo insopportabile e le giornate non volevano proprio finire, aprivo un libro e tutte le paure e le preoccupazioni erano spazzate via. Per questo il più delle volte avevo sempre un libro in mano, perché quelle pagine erano la mia salvezza.
-L'avevo messo dentro lo zaino- sussurrai e riuscì a scorgere nella mia voce una vena di disperazione.
Dopo aver litigato con mia madre e dopo essere stata in giro, bagnata fradicia, ero tornata a casa, mi ero infilata sotto la doccia e poi ero corsa in camera mia. Lei non aveva cercato di riparare al danno fatto e io non mi aspettavo certo che lo facesse.
L'unica cosa di cui realmente mi importava in quel momento era ritrovare quel libro. Non solo perché era preso in prestito dalla biblioteca comunale, ma perché avevo bisogno di staccare la spina o sarei impazzita.
Mi bloccai al centro della mia stanza e mi passai una mano tra i capelli, chiusi gli occhi e con la mente percossi tutta quella giornata.
L'ultima volta che avevo preso il libro era stato sotto quello gazebo, quando quel ragazzo dagli occhi verdi.... Aprì gli occhi di scatto, il ragazzo dagli occhi verdi mi aveva chiamata per nome, non poteva conoscermi in nessun altro modo.... mi aveva rubato il libro!

Gli occhi come il pratoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora