Capitolo uno

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Tutto cominciò il giorno 29 Giugno, alle nove di mattina quando io conobbi Jessica.
Ho appena finito di mandare a quel paese John, nonché mio padre. Il perché?
Be', semplice ha fatto di tutto pur di mandarmi a questa accademia estiva "per ragazzi senza lume della ragione", almeno è quello che sono riuscito a leggere appena lui ha caricato le mie valigie in macchina e mi ha lanciato quel volantino in faccia.
Mio padre, John Roberts nonché l'uomo d'affari e genitore perfetto che tutta la città considera un eroe dopo aver costruito un orfanotrofio in più in città.
Signor Roberts Il Perfetto: colui che va ogni domenica in chiesa, uomo di buon cuore, padre di Stefano Roberts, colui che perse la moglie dopo la nascita del figlio, colui che non ha mai ceduto in questi anni nonostante fosse solo con un bambino e quattro soldi in tasca alla morte della moglie.
Susanna, mia madre, di lei ho solo il ricordo di una foto. Ogni volta che la guardo vedo solo una donna, la donna che mi ha dato alla luce, colei che mi ha amato a tal punto di far sopravvivere me invece che resistere per qualche altra ora pur di restare in vita e poter soffocare il figlio. Non ha aspettato un' ora in più per lei pur di far nascere me. Uno che non prova niente nei suoi confronti perché non l'ha conosciuta.
Probabilmente è per questo che mi padre mi odia a tal punto di liberarsi di me per le vacanze estive.
"Ti conviene comportarti bene, se farai il bravo ti verrò a prendere tra un mese, sempre e quando mi diranno che sei cambiato." Dice con un sorrisetto da fottuto stronzo stampato in viso.
Fa ripartire la macchina e io gli urlo dietro:"stronzo!"
Se lo merita, mi ha sempre trattato di merda.
Mi rimangio subito quella brutta parola che ho appena detto facendo il segno della croce, sì, sono molto cristiano nonostante non sembri.
Prego ogni giorno quando ho tempo e la mattina alle dieci vado in chiesa per poi ritornarci alle sette di sera per fare qualche preghiera.
Rimetto il rosario, sfuggito al mio collo, dentro la maglietta.
Prendo la valigia e il borsone, i quali  mi dicono che ci resterò molto più di un mese qui, e mi avvio verso un grande cortile pieno di ragazzi e ragazze, alcuni tatuati e pieni di piercing, altri qui per... Fatti loro.
Mentre salgo gli scalini guardo dietro di me per vedere tutto da un altro punto di vista, uno più alto essendo sopra degli scalini, e noto che ci sono molti, forse troppi ragazzi.
Quando mi giro per continuare la mia strada a sbattere con qualcuno, una ragazza. La quale barcolla all'indietro pronta a cadere ma la afferro per un braccio.
"Sta più attento!" Grida.
"Sta più attenta te, gallina." Dico freddo, non alzo il tono di voce, ciò lo faccio solo con mio padre.
"Diamine! La mia valigia!" Urla spostando lo sguardo dietro di me.
Mi giro e noto a valigia in fondo alle scale, è praticamente spalancata.
"Ora dovrai aiutarmi!" Mi guarda con uno certo odio.
"Si, certo." Non ribatto, dopotutto era anche colpa mia.
"Ah, pensavo saresti stato più stronzo." Dice e io stringo il rosario attraverso la maglietta facendo una piccola preghiera verso la ragazza difronte a me.
"Che fai?" Chiede confusa.
"Come ti chiami?" Domando io.
Mi guarda stranita ma poi risponde:"Jessica".
"Piacere Jessica, io sono Stefano." Rispondo porgendole la mano.
"Piacere mio" risponde stavolta sorridendo per la prima volta.
Solo ora noto i suoi occhi verde chiaro, capelli rossicci quasi arancioni, e qualche tatuaggio qua e là, devo ammettere che è bella quando stronza. Ancora una volta prego per me.
"Andiamo a prendere le tue cose" dico sorridendo leggermente.
Scendo le scale assieme alle mie valigie e con lei al mio fianco.

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