Capitolo uno

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Sofia si portò la sigaretta alle labbra carnose. Sfilò dalla tasca del suo cappotto invernale un accendino e, girando la rotellina, lo accese. Con le mani screpolate che tremavano per il freddo, avvicinò la fonte di calore alla sigaretta e accese anche quella, aspirando una grande quantità di fumo. Rimise al suo posto l'accendino e si appoggiò al muretto che delimitava l'entrata del liceo linguistico di Venezia.

Quel lunedì mattina faceva un freddo insopportabile. A gennaio, le temperature precipitavano e Sofia era costretta a imbottirsi sotto strati di vestiti che la facevano sudare. Ma tutto era meglio in confronto a quel freddo che penetrava attraverso i vestiti e le pungeva la pelle fin nelle ossa.

Due passerotti volarono a un nonnulla dal suo viso, distogliendola dai suoi pensieri. Riconobbe la striscia bionda sul dorso del primo e sorrise.

L'uccellino arrestò di colpo il suo volo, compì un giro su sé stesso e precipitò verso il basso. Prima di schiantarsi contro il marciapiede punteggiato da gomme da masticare calpestate migliaia di volte, il suo fragile corpo da passerotto mutò in quello di un ragazzo. Era alto, superava Sofia di quasi dieci centimetri, magro e dal fisico asciutto. Una capigliatura bionda e scompigliata conferiva al giovane un'aria ancora più attraente, oltre che spavalda. Si portò le mani al volto e si sfregò gli occhi di uno splendido color azzurro.

"Oggi sono più esausto del solito" borbottò il ragazzo.

"Andrea, giochi troppo ai videogiochi. Dovresti andare a dormire prima".

"Sì, sì, lo so" Andrea borbottò un'ultima volta, poi tacque.

Sofia aspirò una lunga e rilassante boccata di fumo, spostando lo sguardo sull'altro passerotto che li fissava sospeso a mezz'aria

"Ciao Gianluca".

Soffiò il fumo dalla bocca in direzione dell'uccellino, il quale perse quota dentro la nuvola di tabacco e precipitò verso il basso. Proprio come aveva fatto Andrea, compì un giro su se stesso prima di finire inesorabilmente spiaccicato a terra tra le gomme da masticare.

Le ali del passerotto mutarono in braccia avvolte dalle maniche di un pesante cappotto blu. Le zampette fragili arancioni si trasfigurarono in piedi infilati in pesanti anfibi del medesimo colore del cappotto e il musetto dell'animale cambiò in quello di un ragazzo di diciotto anni. Gianluca aveva i capelli rossi e i medesimi occhi azzurro limpido di Sofia e Andrea.

Ecco che cos'era la cosiddetta Mutazione. Per ogni essere umano nella Terra avveniva naturalmente sin dalla tenera età dei sei anni. Riuscivano a mutare la forma del loro corpo assumendo le sembianze di animali. Il sangue di questi ultimi scorreva addormentato nelle vene dei ragazzi, mischiandosi con quello umano. La Mutazione avveniva soltanto quando erano i Mutanti stessi a decidere: il sangue animale prendeva il sopravvento su quello umano, infierendo sul DNA e mutando le sembianze della persona.

Non tutti gli animali potevano sovrastare le sembianze umane. Tutto dipendeva minuziosamente dal colore degli occhi.

I Mutanti nascenti con gli occhi scuri, nocciola o neri che fossero, riuscivano ad assumere le sembianze di animali terrestri. Venivano chiamati Mutanti di Terra. Erano la maggior parte lì in Italia.

Capaci di cambiare la forma del loro corpo assumendo le sembianze di animali acquatici erano i Mutanti d'Acqua. Nascevano con gli occhi verdi come le profondità del mare. Gli scienziati ritenevano che l'azzurro fosse il colore adatto per i Mutanti d'Acqua, chiamati anche Acquatici, non il verde. Associavano il colore dell'acqua con quello degli occhi degli Acquatici, dimenticandosi del colore verdastro che alcune superfici acquatiche assumevano.

I Mutanti d'Aria erano in assoluto i più invidiati. Nascenti con un paio di occhi dallo splendido color azzurro, riuscivano a trasformare le loro braccia in ali. Diventavano regali aquile, dolci passerotti o semplici uccellini, capaci di infilarsi ovunque e solcare i cieli azzurri.

MargheritaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora