Parte 1

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Sono Irene.
Una ragazza di 23 anni.
Parecchio vivace e loquace; lo si scopre quando mi si conosce meglio, con il tempo.
Ma comunque sia, ho sempre il sorriso sulle labbra.
Sono una ragazza quasi ingenua, se così possiamo dire.
Cerco sempre di vedere del buono in ogni persona.
Perdono facilmente, non è una cosa da molti, ma con questo non mi sto affatto vantando, anzi, io lo considero un aspetto pressoché negativo.
Ma anche con questo, mi fido poco delle persone appena conosciute.
Ci metto parecchio a dar confidenza alla gente.
Sicuramente per un "trauma" avuto ai tempi della scuola materna.

Ero una bambina sempre felice, cantavo sempre, e non mi vergognavo di nulla.
Non ero una peste, ero solo contenta di passare nuove giornate. Mi bastava solo questo.
Detestavo andare a dormire e non vedevo già l'ora di svegliarmi.
Non facevo il sonnellino pomeridiano come tutti gli altri bambini, per me, dormire al pomeriggio era uno spreco di tempo.
Finivo di mangiare sempre prima degli altri, solo perché non vedevo l'ora di riprendere i miei passatempi preferiti: il disegno (passione che ho tutt'ora).
Correre come una matta in giardino e ridere, ridere con gli altri bambini senza stancarmi mai.
Alla scuola materna; le suore dovevano spesso rincorrermi, dovevo stare insieme agli altri bambini anche se avevo finito di mangiare prima di tutti. Oppure, starmene sdraiata in silenzio sul lettino e aspettare che l'ora del pisolino fosse finita.
Inutile dire che aspettare e stare zitta fosse un'idea che proprio mi rifiutavo di mettermi in testa.
Quindi finivo o per svegliare i miei amici o girovagare per la scuola e a giocare a fare l'esploratrice senza farmi vedere dagli adulti, come se fossi anche in missione segreta.
Per questi motivi, spesso, finivo in castigo in un angolo.
Ma questo non mi demoralizzava più di tanto.
Finché, un giorno, una vecchia suora non si arrabbió talmente tanto da prendermi di forza e rinchiudermi a chiave in una stanza.
Era una stanza con solo un pianoforte, il suo rispettivo sgabello e qualche mobile.
Scoprii presto che il pianoforte era stato chiuso a chiave, visto che la mia curiosità irrefrenabile non mi aveva fatto pensare due volte di andare a provare a suonarlo.
Passai ore chiusa li dentro. Dalle 12.30 circa, fino alle 16.30 (orario in cui i genitori vengono a riprendersi i figli).
La vecchia suora si era dimenticata di avermi rinchiusa.
Di quelle ore non ricordo molto, solamente che piangevo, urlavo e battevo pugni sulla porta.
Sperando che qualcuno mi sentisse e che mi facesse uscire.
Ricordo che mi ero sdraiata a pancia i giù sopra quello sgabello rettangolare del pianoforte e che guardavo le mie lacrime cadere sul pavimento.
Dopo di che, il vuoto. Non ricordo nient'altro.
Fu mia madre, dopo un bel po' di anni, a raccontarmi che mi aveva aspettato per tanto tempo fuori dalla scuola.
E proprio mentre stava per venire a cercarmi, mi vide correre fuori da un'uscita laterale; e non dove solitamente escono tutti i bambini. Non mi aveva mai vista così spaventata.
Correvo verso di lei, piangendo e urlando <<Mamma!!>>.
Quella fu la mia ultima parola.
Perché non parlai più con nessuno per settimane.
Da lí, la mia vita cambiò.
Avevo paura di parlare, di esprimermi, di cantare, non sorridevo. Ero diventata timida e timorosa all'inverosimile.
Mi era rimasto solo il disegno.

Gli anni passarono.
Cominciai a frequentare gli scout della parrocchia, scoprii la passione per la danza classica e avevo dei buoni amici.
Mi ero ripresa, ma portavo con me sempre la paura di mettermi in gioco e tanta, tanta, troppa timidezza.
Tranne che con gli amici e amiche più stretti, con loro ero un'altra persona, migliore!
Per farmi sbloccare, ci voleva e ci vuole molta pazienza.
La parte migliore di me arriva con il tempo.
Alle medie non ero bravissima, i voti arrivavo a malapena alla sufficienza.
Riuscii comunque a passare i tre anni senza troppi blocchi.
Ovviamente non son stati anni tutti rose e fiori, i litigi, persone con cui non andassi d'accordo o false amicizie, ne ho sempre trovate. Come chiunque d'altronde.
Ma nulla di così burrascoso.
Non c'è da dubitare che la passione per il disegno mi spinse a scegliere di iscrivermi al Liceo Artistico.
Ed è qui, che comincia la mia vera e propria storia.

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