Black and White

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PROLOGO

Ed eccola lì, tutta sola, seduta sui gradini di un'enorme edificio... sta pensando, non si capisce bene a cosa.

Si sente una campana suonare e subito dopo una massa di ragazzi corre fuori dall'edificio.

Lei si alza con molta calma, si gira verso il portone, ma quando si rigira il suo viso è cambiato, sembra quasi insicura... sta per piangere, ma cerca di trattenere le lacrime che stanno per scenderle lungo quel viso ormai cresciuto, quello stesso viso che qualche anno prima rispecchiava esattamente la sua insicurezza.

Era da tanto che non si faceva vedere in giro...

Ora i ragazzi le stanno chiedendo qualcosa, alcune ragazzine bisbigliano alle sue spalle esaltate nel vederla.

Sta firmando qualche foglio, ogni tanto qualche libro, poi saluta con un sorriso non molto convincente in volo e si allontana con un'espressione alquanto confusa.

Non sta più pensando a quella cosa che l'aveva resa vulnerabile qualche minuto prima. Ora sembrava sicura di se come non mai, era una donna fiera che passeggiava tranquillamente per le vie di Londra. All'occorrenza tirava fuori un pennarello e scriveva qualche dedica dietro la copertina di qualche libro, si faceva immortalare insieme a quelle stesse persone, poi, come se niente fosse successo, se ne andava via.

Lei ce l'aveva fatta a realizzare il suo sogno, proprio come me...

Si ferma davanti a un grattacielo, apre la sua borsetta e subito dopo digita un numero sul suo cellulare.

Poco dopo, dall'enorme palazzo, esce un uomo, bello, alto, molto più sicuro di quello che poteva sembrare se lo si conosceva.

E sì, io lo conoscevo abbastanza da poter affermare che era suo marito Mark.

La prende per i fianchi, la bacia dolcemente, poi si incamminano insieme verso una meta non precisa.

Solo ora mi accorgo che per tutto il tempo, insieme alla donna, c'era una ragazza di circa sedici anni, penso.

La chiama mamma, poi la abbraccia e raggiunge un gruppo di ragazze un po' più avanti.

La mamma la guarda mentre si allontana e una lacrima riesce finalmente a scendere lungo la sua guancia rosea per via del troppo fard.

Poi guarda il marito al suo fianco e, mentre cerca di calmarsi, milioni di pensieri le riaffiorano in mente.

È proprio in quel momento che riesco a capire a cosa stava pensando davanti a quella scuola, la stessa scuola che io e lei avevamo frequentato molti anni prima, quel dannatissimo luogo che ogni volta la rattristava, la spronava a costruirsi tutt'attorno un muro insormontabile per chiunque, anche per la sottoscritta.

Alyson Hant, nonché la mia migliore amica fin dal liceo, ora era una donna all'apice della sua carriera come scrittrice, contenta della sua vita, ma con un'enorme rimorso che la mangiava dentro giorno dopo giorno.

La cosa peggiore è che quel vuoto se lo porta dietro dai tempi del liceo, quando fu capace di tirare fuori una parte nascosta di se stessa che nemmeno lei conosceva.

Ed ora eccomi qui, con la testa che continua a risputare ricordi uno dietro l'altro, intenta a scrivere un articolo di giornale dedicato a lei, una delle donne di maggiore influenza in Inghilterra, la donna che continua a ispirare milioni di ragazze, che come lei, non riescono a trovare il coraggio di dichiararsi alla persona che amano.

Però, mentre sto scrivendo questo dannato articolo che prima finisco meglio è, sento il bisogno di ricordare insieme a lei tutti i momenti passati alla ricerca di un modo per conquistarlo.

Quindi decido di andare a casa sua.

Mi alzo dalla mia scrivania, mi incammino verso il parcheggio, salgo in auto e parto.

Lei è lì, seduta in cucina mentre sta facendo colazione. Con mia sorpresa noto che la sua abitudine di alzarsi tardi non era scomparsa nel tempo e questa cosa mi faceva sorridere.

Scendo all'auto, ma quando sto per suonare il campanello sento delle grida provenire da dentro.

Decido comunque di suonare e, quando lei mi si presenta davanti con la sua vestaglia di seta e le pantofole a forma di coniglio non posso fare altro che abbracciarla.

Lei ricambia, poi mi invita ad entrare. Ci sediamo tutte e due sul divano e mi rendo conto di averla salvata da una lite con la figlia quando vedo la ragazza entrare in soggiorno, prendere la borsa e uscire sbattendo la porta.

"mi ricorda tanto me da giovane..." interviene lei.

Io mi limito a fissarla , poi, come succedeva ai vecchi tempi...

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