Il diario"Ho navigato a lungo scandendo giorni, ore e minuti di una vita fatta di attimi alla ricerca di qualsiasi cosa potesse donarmi un solo briciolo di serenità.
Serenità, perché bramare la felicita é ardire troppo per un semplice marinaio, che ha fatto del suo vagare ragione di vita.
Ho affrontato le rotte più impensate, mari, oceani infiniti, tempeste, onde che ti cullano e poi ti travolgono senza darti ne tregua ne respiro.
Ho temuto più volte che il viaggio fosse giunto alla fine di non conoscere mai dove avrebbe portato quella rotta, di non vedere quel porto tanto sognato nel silenzio delle notti insonni.
Ricerchi in cielo quella stella che a tanti naviganti ha segnato la via, ma il cielo é costellato di milioni di corpi illuminati e non discerni quella che più delle altre dovrebbe brillare.
Forse sono gli occhi, stanchi di cercare un segno dal mare, a non cogliere la luce nel buio.
Il tuo viaggio prosegue anche se ogni certezza é da tempo svanita.
E' lo stesso mare ormai a non perseguitarmi: niente più onde, niente più tempeste, solo un manto piatto e vuoto avvolto in un silenzio inquietante.Tornare sui tuoi passi non é più possibile, nemmeno più una meta puoi raggiungere, non conoscendo in quale punto l'immenso deserto d'acqua ti stia cullando, in attesa di osservarti affondare nel suo profondo buio.
Sono naufrago dopo essere stato a lungo marinaio.
Disperso nel ricercare un briciolo di serenità, dopo aver lottato e sopportato le peggiori avversità.
Naufrago, lontano da tutto, da tutti, ma soprattutto da te stesso.
Solo ora, da naufrago, ti accorgi che la serenità tanto ambita ti è sempre stata a un palmo dal naso.
Così come la stella che avrebbe dovuto guidarti nella notte ti ha sempre illuminato, ma tu volgevi lo sguardo altrove.Solo dopo esserti perso puoi trovare te stesso, e solo dopo aver ritrovato te stesso la rotta per il sereno si aprirà davanti ai tuoi occhi.
Naufrago per ritrovare la rotta.
Naufrago per tornare a vivere."Il mare era una tavola piatta appena illuminata dal riflesso di una luna che in quella notte timidamente si nascondeva tra le nubi lasciando appena trasparire quel tenue chiarore che al tocco con l'acqua illuminava la scogliera.
Sullo sfondo le luci del porto di Castellammare e in sottofondo il risuonare lontano della musica dei locali lungo la passeggiata.
Teneva tra mani le pagine del diario, consunte dal tempo e dalla salsedine.
Amava leggere e rileggere quelle pagine quasi potessero d'improvviso rivelare qualcosa tra le righe, o più semplicemente definire qualche tratto dell'uomo la cui mano per giorni e giorni aveva ricoperto di parole quelle pagine, trasportando su ogni riga un pezzo della propria vita in mezzo a quello stesso mare dove con sempre più frequenza amava trovare rifugio dalla quotidianità.
Non ne conosceva l'aspetto, l'origine, tantomeno il nome. Aveva trovato quel taccuino per caso in una vecchia imbarcazione al molo. Ma probabilmente chi lo aveva lasciato, lo aveva a sua volta trovato.
La grafia morbida ed elegante lasciava immaginare che la mano dell'uomo che scriveva in quelle pagine fosse d'altri tempi, e nulla aveva a che vedere con la vecchia barca in cui giaceva già da oltre un secolo.
Sapeva, dalle pagine lette, essere il diario di un naufrago più che un marinaio.
Forse un prigioniero, un esule, forse un fuggiasco forse un folle, o forse solo un uomo alla ricerca di ciò che la vita gli aveva tolto: una donna.
Una A puntata nella prima pagina era l'unica parte del nome cge sncira si riusciva a leggere dalla copertina. Il resto del nome cancellato dall'acqua, come molte delle pagine iniziali.
In quelle pagine stava la storia di un uomo, caduto nell'oblio del mare.
A come Andrea, Alessandro,Aldo, o chissà che altro nome.
Immaginava ogni volta nel rileggere quelle pagine l'aspetto di quest'uomo ormai consumato dal sole e dal sale, ora con un nome ora con un altro, ma per lui era ormai solo il marinaio nuafrago nel suo stesso mare.
Richiuse le pagine raccolte nella custodia di pelle e legando il cordino con molta cura, si aprì una birra e seduto sul ponte della barca si lasciò andare allo spettacolo che i suoi occhi potevano osservare.
Amava la terraferma vista dal mare, le luci in lontananza e quando era possibile immaginare il brulicare dei turisti che passeggiano sul porticciolo, dopo aver cenato o passato la serata sui locali intenti a fotografare il tramonto sul mare.
Il tramonto lo amava vissuto dal mare stesso.
Assistere a quei brevi istanti lunghi un'eternità, in cui il sole prima lentamente poi sempre più velocemente impatta con l'acqua all'orizzonte per tuffarsi silenzioso nel suo mare, lo aveva appassionato fin da bambino.
Lo contemplava in silenzio, ascoltando e vivendo il suono di quel rituale che da sempre si ripete giorno dopo giorno.
In quel momento ormeggiato sulla rada, era il vento suonava la sua sinfonia, accompagnato dalle leggere onde e dal vociare dei gabbiani in cielo.
Il ricordo di quell'incontro fugace era ancora vivo.
Ancora l'emozione forte, pulsava in petto nel rivivere le poche parole che si erano scambiati.
Ne conosceva il nome, solo quello era stato sufficiente a scuotere il suo mondo come il mare in burrasca può scuotere una nave.
"Mi chiamo Orsola, un nome che non ti aspetti..."
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Odyssey
RomanceDal diario di un naufrago --- Ho navigato a lungo scandendo giorni, ore e minuti di una vita fatta di attimi alla ricerca di qualsiasi cosa potesse donarmi un solo briciolo di serenità. Serenità, perché bramare la felicita é ardire troppo per un se...