Viaggio da sestante

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Le tre parole:
-trapianto
-sestante
-déjà vu

Trama: dopo aver ricevuto una strana rivelazione da un ciondolo di lapislazzulo, Becky decide di dirigersi immediatamente nella città che le è stata indicata dal suo dirimpettaio per scoprire qualcosa di più sulla scomparsa del gemello Dean. Il viaggio pare tranquillo, finché qualcosa di inaspettato non cattura la sua attenzione...

Il mio sguardo continuava a rincorrere i dettagli fuori dal finestrino come il primo sestante in cerca della posizione delle stelle. Avevo preso il primo pullman in partenza per Rochester dalla stazione centrale e adesso attendevo impazientemente di scorgere la città della contea di Monroe. La "Flower City" dello Stato di New York aveva molti segreti e io non vedevo l'ora di rivelare gli indizi che mio fratello poteva avermi lasciato.

Immersa nei miei pensieri, con solo la linea dell'orizzonte a scandire le tappe del mio breve viaggio, mi parve di scorgere con la coda dell'occhio uno sguardo insistente sul riflesso del finestrino. Quegli occhi sconosciuti e concentrati fermarono per un attimo il battito del mio cuore. Era come vivere un déjà-vu. Uno di quelli spiacevoli dai quali vorresti cercare di scappare ma che sai perfettamente come andranno a finire senza che tu possa porvi rimedio.

Mi voltai di scatto, cercando di ricollegare quello sguardo a una persona reale in quel pullman, ma non trovai nessuno intento a guardarmi, men che meno qualcuno i cui occhi somigliassero a quelli che avevo appena visto.

Con un sospiro mi lasciai andare contro il sedile, massaggiandomi il petto con il palmo della mano e passando poi le tempie. Era stato strano, ma al tempo stesso non era la prima volta che capitava. Il mio legame con Dean a volte giocava brutti scherzi alla mia mente, anche se sapevo perfettamente che non si trattava di stupidaggini o ridicole superstizioni. Quello che ci univa era qualcosa di più profondo della parentela e di più tangibile di un semplice pensiero. Era maturato in noi con gli anni e la consapevolezza di poterlo sfruttare a nostro piacimento ci aveva resi inizialmente euforici. Avevamo compiuto diversi esperimenti per cercare di controllare quel dono del tutto particolare e alla fine, pur rimanendo consci di quello che possedevamo, avevamo promesso di usarlo il meno possibile per non torturarci inutilmente.

Anche e soprattutto a causa della spiacevole sensazione che conseguiva l'uso smodato di quella capacità: era come subire un trapianto di idea o di concetto. All'improvviso ciò che apparteneva ad uno, era innestato indelebilmente nell'altra (o viceversa), finendo per appartenergli totalmente come se fosse stato lui a vivere quell'esperienza.

E quegli occhi erano ben stampati nella mia mente adesso, al punto che se li avessi ritrovati li avrei riconosciuti immediatamente. Ma perché Dean mi aveva mandato quell'immagine? Perché solo adesso? Avevano forse un significato particolare? Avrei dovuto ritrovarli?

Tormentata da quei pensieri, chiusi gli occhi cercando di lenire il fastidio alla testa e scivolai velocemente in un sonno agitato sullo scomodo sedile, lasciando che i minuti mi scorressero addosso come se il tempo non esistesse più.

Il buio del primo sonno divenne presto un'accozzaglia di immagini sgangherate in cui non riuscii a riconoscere granché. In realtà, non riuscivo neanche a riconoscere me stessa. Era come se fossi stata impiantata nel corpo di qualcun altro e ne ripercorressi i passi. Non avevo potere decisionale, non avevo neanche il controllo dei miei pensieri. Tutto mi scivolava davanti come se non ci fosse modo di fermarlo, come se si trattasse di un film muto dal quale potevo a malapena trarre pochi dettagli. Quando credevo di riuscire finalmente a capire, inciampai in una radice e caddi, svegliandomi di soprassalto nella stessa posizione che avevo assunto poco prima.

Nello stesso momento, l'autobus sibilò fermandosi del tutto e le porte vennero aperte. Il rumore improvviso fu probabilmente il motivo per cui mi svegliai realmente sobbalzando e subito dopo, lanciando un'occhiata agitata fuori da quel finestrino, mi resi conto che ero finalmente giunta a destinazione. Deglutii cercando di aggrapparmi agli ultimi frammenti di quel sogno, ma quelli scivolarono via come sabbia nel vento. Sospirai tentando di recuperare la lucidità e mi afflosciai contro il sudicio sedile di pelo grigio. Nonostante fosse primavera, non appena l'aria temperata si fu estinta, gli ultimi refoli di freddo si arrampicarono su per i gradini di quel caldo rifugio e vennero a cercarmi come se annusassero la mia presenza. Sotto la camicetta azzurra, la mia pelle si raggrinzì a contatto con quello spiffero e questo mi spinse a muovermi. Senza aspettare oltre, mi alzai dal mio posto e raccolsi il giubbotto, infilandolo rapidamente per poi mettermi la borsa a tracolla. Con un'ultima occhiata d'intorno, seguii la fila fuori da quella trappola di sensazioni metallica ed inspirai a fondo quando guadagnai l'uscita.

L'aria che mi investì era calda di promesse e minacce, ma non appena misi piede sull'asfalto, capii che niente avrebbe potuto fermarmi, neanche la paura. Perché l'unica più grande angoscia sarebbe stato il rimorso di non aver seguito il mio intuito e quella percezione tanto sottile quanto reale. Dean era da qualche parte e mi aspettava. Non lo avrei deluso. Fosse stata l'ultima cosa che avessi fatto in vita mia.

Concorso - Tre Parole, Una StoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora