Capitolo 1

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Era una giornata invernale come tutte le altre. Fuori pioveva. Un temporale si aggirava sopra al mio paese.
Mi ritirai a casa dopo una giornata passata con le mie amiche e mi rifugiai nella mia ' vera casa ': youtube.
Dopo pochi minuti mamma mi chiamò:" Emma io e papà dobbiamo parlarti. "
Preoccupata per quel ' dobbiamo parlarti ' mi precipitai in cucina dove i miei genitori mi stavano aspettando.
" Ditemi. " dissi con aria confusa.
Ebbi come risposta, contemporaneamente da tutti e due:" ci trasferiamo. " e poi mia mamma aggiunse:" Papà ha trovato un nuovo lavoro. "
" Dove ci trasferiamo?! E quando? " chiesi io
" A Pomezia, un paesino in provincia di Roma. Partiamo la settimana prossima così avrai tempo per salutare tutti i tuoi amici. "
Io, non potendo contraddirli risposi soltanto con un semplice ' okay ' non sapendo cos'altro dire.
Subito dopo andai in camera.
Non potevo ancora credere che dovessi trasferirmi. Cosa ne sarebbe stato di tutte le mie amicizie? Come avrei fatto a farmene altre? Le domande erano tante, anche troppe.
Sono una ragazza timida, chiusa e sarebbe stato difficile fare nuove amicizie, ma di questo non me ne preoccupai più di tanto, avrei avuto tempo per pensarci più tardi.

Mi misi a dormire ma il mio sonno fu interrotto da quella maledetta sveglia che, ahimè, significava soltanto una cosa: scuola.
Ero in ritardo, non era una novità. Mi vestii in fretta e furia, passai un po' di mascara sulle ciglia giusto per non sembrare un morto vivente. Non feci nemmeno in tempo di fare colazione che mamma mi urlò contro per dirmi che ero in super ritardo così scesi le scale e mi incamminai verso la scuola, che per mia fortuna era vicino a casa mia.
Decisi di non parlare della nuova notizia ai miei amici. Non so perché ma preferivo dirglielo il più tardi possibile.
Passarono tutte le ore e andai a casa.
Li mi aspettavano i miei genitori, mio fratello Giovanni e un bel piatto di insalata di riso.
Era strano che fossimo tutti riuniti in quella tavola. Di solito Giovanni non è mai a casa.
Subito pensai che era una di quelle riunioni di famiglia.
Fu mamma a cominciare il discorso:" Allora ascoltate. Lo so che vi avevamo detto.." non riuscì nemmeno a finire la frase che papà la interruppe:" Partiamo domani sera. "
La mia mente era in subbuglio.
In quell'istante rimangiavo il momento in cui decisi di non parlare di questa cosa ai miei amici.
Avrei dovuto parlargliene
assolutamente il giorno dopo.
Finito di mangiare, mamma ordinò a me e a Giovanni di andarci a fare la valigia. Noi non disubbidimmo e andammo subito a preparare la valigia.
Era strano. L'unico momento in cui facevo la valigia era perché dovevo andare in vacanza, non perché dovevo cambiare casa.
Sentii tantissima malinconia.
In quella casa ci avevo vissuto e lasciarla era l'ultima cosa a cui pensavo.
Staccai tutti i poster attaccati ai muri e li misi in un piccolo spazio che mi rimaneva della valigia.
Erano ancora le 15.30 del pomeriggio così decisi di chiamare la mia amica a me più legata.
" Ehi Martina "
" Dimmi tutto Emmina " era così il modo in cui mi chiamava. Non sopportavo quando mi chiamava così. Le dicevo sempre di non darmi quel soprannome, ma in quel momento non ci feci tanto caso.
" Oggi sei libera? Devo dirti una cosa importante " le dissi io con voce sottile.
" Per te sarò sempre libera. Ci troviamo fra 10 minuti al parchetto. "
" Allora a dopo " riattaccai.
Ero pronta. Vedi la forma del suo corpo da lontano e senza esitare incominciai a correrle incontro. La abbracciai così forte che sentivo il battito del suo cuore.
" Come mai questo abbraccio? " mi chiese.
" Mi mancavi "
" Ma ci siamo viste ieri! " rispose ridendo.
" Dettagli " feci un respiro profondo e le dissi: " Martina, allora devo dirti una cosa. Una cosa che non avrei mai pensato di dover dire. Almeno non a quest'età. Mia mamma mi ha detto che domani dobbiamo trasferirci. "
Martina aveva una faccia incredula. Una lacrima le scese dal suo occhio destro. Poi anche da quello sinistro.
Mi abbracciò. Un abbraccio che durò per 5 lunghi minuti. Tutte e due piangevamo. La gente che passava ci guardava in malo modo.
Ci staccammo. Martina mi disse singhiozzando:" Emma. Davvero non so che dire. Ne abbiamo passate di tutti i colori insieme e pensare che da domani andrai ad abitare lontano da me, mi fa male. Mi mancherai, non immagini nemmeno quanto. " le accarezzai il viso, appiccicoso a causa delle lacrime e la abbracciai di nuovo. Le sussurrai nell'orecchio "I momenti con te sono stati i migliori. Grazie. E ti prego, nonostante la distanza non andartene. " per poi darle un bacio nella guancia.
" Non me ne andrei nemmeno se tu fossi un cactus ed io un palloncino. " affermò sempre singhiozzando e mangiandosi le parole.
Era ormai tardi e dovevamo salutarci.
Il saluto più difficile della mia vita.
Ci abbracciammo per l'ultima volta.
Non volevamo staccarci ma dovevamo farlo.
" A presto amore " le dissi piangendo
" A presto. Mi mancherai Emmina "
" Anche tu, non immagini quanto " le urlai mentre mi camminavo verso casa.
Durante il tragitto piangevo. Tanto.
Entrata in casa mia mamma iniziò ad abbracciarmi. Capì subito cosa avevo fatto tutto il pomeriggio.
" Emma asciugati le lacrime. La distanza non è nulla a confronto dell'amicizia. Sopratutto quella che c'è fra te e Martina. "
Passai tutta la sera a piangere e a messaggiare a Martina.
La mattina successiva era sabato. Stessa routine.
Sveglia, ritardo, mascara, manco tempo per fare colazione e subito a scuola.
Durante l'intervallo dissi ai tutti gli altri miei amici che dovevo trasferirmi e anche per loro, le lacrime ebbero la meglio.
Ritornata a casa mangiai e subito dopo partimmo.
Direzione? Pomezia, Roma.
Mi armai di cuffiette e cellulare. Almeno la musica riuscì un po' a tirarmi su di morale.

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