•Capitolo 7•

225 24 5
                                    

Mia madre mi sveglia di buon ora per andare a fare colazione. Borbotto, ancora arrotolata nel lenzuolo, parole incomprensibili per lei, ma si tratta di offese nei suoi confronti.
Sbadiglio sonoramente e rotolo giù dal letto;
mi vesto velocemente indossando un jeans stretto con gli strappi sulle ginocchia e una maglietta nera senza scritte taglia L, mi piace stare comoda indossando magliette due taglie in più alla mia. Osservo la mia immagine riflessa nello specchio e noto i miei capelli avere una vita propria, sbuffo e li sistemo meglio che posso. Do un'ultima occhiata al mio aspetto ed esco dalla stanza.

Nella sala da pranzo...

La sala da pranzo dell'hotel è piena, scruto ogni tavolo e cerco di vedere Jack, ma di lui non c'è nemmeno l'ombra. Non ho idea di dove lui viva, ma non penso proprio che sia qui; appena lo vedrò gli domanderò questa cosa.
Cammino con i miei genitori diretta al nostro tavolo, ci accomodiamo e poco dopo arriva il cameriere a chiedere le ordinazioni. Nell'attesa la mia mente inizia a vagare nei ricordi della sera precedente, un sorriso appare sul mio volto.
«Jesse?» mi richiama mia madre, facendomi uscire dal mio stato di trance; le rivolgo uno sguardo stralunato.
«Allora,come è andata ieri sera? ti sei divertita con i tuoi amici?» mi domanda curiosa. Esito un pò prima di rispondere, essendo ancora persa nella mia immaginazione. «Si, mi sono divertita» rispondo secca.
«Cosa avete fatto di speciale?»
Non vuole proprio mollare, faccio una smorfia irritata.
«Uhm...nulla di che, abbiamo parlato, scherzato...le solite cose insomma» cerco di essere convincente.
«Ah va bene, l'importante è che eri in compagnia e non ti sei fatta male.» risponde tranquilla, le sorrido debolmente come risposta.
È incredibile come possa farmi sentire in colpa anche senza saperlo, grazie mamma.

Finita la colazione andiamo in spiaggia, che è proprio di fronte all'hotel, davvero molto comodo.
Poso la borsa con le asciugamani e la crema solare sotto l'ombrellone. Papà si stende sulla sdraio e inizia a leggere il giornale di oggi, mentre io e mamma ci stendiamo sui teli. Quest'ultima estrae una rivista di gossip dalla sua borsa ed inizia a leggerla divertita; intanto io mi lascio cullare dal venticello, a mio parere rilassante, che c'è oggi. Mi induce al sonno poco dopo.

Il resto della giornata trascorre nella più completa tranquillità. Sono felice di come sia andato questo giorno, sento che ci voleva proprio.
È stato strano che Jack non si sia fatto vivo quest'oggi.

Hotel Helena, Arcadia Bay, Oregon.
Camera di Jesse, ore 00:31.

Cerco la posizione più comoda per la lettura del manga che ho tra le mani, giro la pagina e mi immergo totalmente nella storia.
Qualcosa improvvisamente colpisce la finestra alle mie spalle, provocando un rumore sordo, spalanco gli occhi spaventata voltandomi di scatto. Con inquietudine attacco il viso contro il vetro per guardare fuori. Riconosco una figura scura appostata sull'albero di fronte alla finestra. Terrorizzata mi allontano immediatamente dal davanzale, come se avessi preso una scossa.
Un secondo sasso colpisce la mia finestra.
Il mio respiro diventa irregolare, cerco di calmarmi e di non entrare nel panico; rallento il mio respiro e rifletto. Nessuna persona che volesse farmi del male si metterebbe ad attendere una mia risposta. Mi alzo in piedi con le gambe che mi tremano ancora ed apro la finestra.
«Finalmente! era ora che aprissi quella maledetta finestra.» esclama seccata questa voce a me familiare. Metto a fuoco la figura, si tratta di Jack.
Mi imbestialisco all'istante nel vederlo ciondolare su quell'albero come se nulla fosse.
«Ma che cazzo stai facendo?» lo attacco.
Noto il suo sguardo colpito, come se non si aspettasse una reazione negativa da parte mia. «Ti rendi conto di che ore sono? come ti è venuto in mente di metterti a lanciare dei sassi alla mia finestra, di farmi prendere uno spavento assurdo, di uscire a quest'ora, di rischiare di fare svegliare i miei genitori e dunque di combinare un casino?» dico tutto d'un fiato, come se le parole avessero trovato da sole la strada per uscire. Quest'ultime colpiscono Jack come un colpo al cuore, facendolo sentire incredibilmente in colpa.
«Io...non lo so, so solo che non riuscivo a dormire e ho pensato di farti visita» risponde sinceramente mortificato. Porto le mie braccia al petto, incrociandole e gli rivolgo uno sguardo infuocato di rabbia.
«Scusa...il mio intento non era di spaventati o farti preoccupare, pensavo che sarebbe stata una cosa carina da fare...» abbassa lo sguardo mortificato. Mi si stringe il cuore, provo tenerezza nei suoi confronti, ma sono sempre arrabbiata. Il mio sguardo si ammorbidisce leggermente e mantengo le braccia conserte.
«Ti va di venire con me?» domanda con titubanza, ma con una nota di speranza chiaramente percepibile nella sua voce.
«No.» esclamo in risposta.
Il suo sguardo si spegne all'istante. «Perché?» mi chiede con fare triste.
«È tardi, potrei finire nei guai. In più non ti conosco»
Prova a contestare schiudendo le sue carnose labbra rosee, ma è evidente dall'espressione sul suo volto che quello appena espresso dalla sottoscritta equivale alla verità.
Jack scende dall'albero, lancia un'ultima occhiata alla mia finestra e si incammina per ritornare da dove era venuto.

Sospiro mordendomi il labbro inferiore, vedere il suo volto sconsolato mi affligge.

«Jack aspetta!» lo richiamo con la speranza che si volti verso di me.
Jack si gira di scatto a guardarmi.
«Resta a dormire con me.» gli propongo.
«Cosa?!» domanda con sgomento.

•Effetto Farfalla•||LeonardoDiCaprio||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora