Il grande edificio si ergeva davanti al ragazzo, radicandogli puro terrore nel cuore. Come aveva fatto ad acconsentire? O, per dirla meglio, come aveva fatto a cadere così in basso? Fino a pochi mesi prima credeva che, per la prima volta nella sua vita, le cose stessero andando bene. Eppure eccolo lì, con una valigia in mano e nessuna speranza di tornare a casa.
«Richard! E' un piacere rivederti!» il dottor Baker uscì dalla casa di cura, aprendo le braccia in un segno di benvenuto. Non capitava tutti i giorni di avere dei nuovi pazienti così calmi, era una vera e propria fortuna non doverlo guardare mentre si dimenava e urlava che non voleva essere lì.
«A chi lo dice.» il tono del ragazzo era palesemente sarcastico, ma il dottore finse di non coglierlo. Erano molte le cose su cui dovevi passare sopra, se volevi lavorare come psichiatra.
«Vieni, ti mostro la tua stanza. Non sei l'unico paziente nuovo, quindi potresti vederci un po' affaccendati. Tranquillo, di solito l'atmosfera è più rilassata. Per tutta la durata del tuo soggiorno da noi, che spero sarà minimo, dovrai venire ad una visita privata con me una volta a settimana e...»
Ma Ricky non lo ascoltava più. Era stato in quello stesso luogo appena una settimana prima, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe tornato per restare. Aveva provato a contattare Chris in quei sette giorni, tuttavia era sempre riuscito a sfuggirgli. Ash era stata portata in un qualche centro di riabilitazione per i suoi problemi di anoressia, quindi era rimasto solo, cercando di processare la cosa. Per quanto il solo pensiero lo avesse fatto sentire nel torto, non poteva non sentirsi lievemente soddisfatto di come erano andate le cose. Il suo migliore amico l'aveva abbandonato per una ragazza e ora erano tutti soli, bello schifo.
«E' tutto chiaro?» quelle parole lo riportarono alla realtà, facendogli alzare lo sguardo sul dottor Baker.
Si trovavano in un lungo corridoio di un lieve color grigio, con una decina di identiche porte bianche su entrambi i lati. Su ciascuna di esse vi era una piccola fenditura, grande quanto bastava per guardare all'interno ed essere visti; per distinguere ogni porta dall'altra, appena sopra quest'apertura vi erano un numero e due lettere in ferro.
Osservando con cautela la porta davanti alla quale si erano fermati, notò che anche quella era identica a tutte le altre, solo che vi era scritto 1RO. Le lettere, su sua supposizione, erano le iniziali del suo nome, ma che voleva dire quel numero? Oh beh, avrebbe avuto tanto tempo per scoprirlo, lì dentro.
«Suppongo di sì.» liquidò il tutto con una scrollata di spalle, anche se iniziava a sentirsi nervoso. Rimanere in quel luogo era decisamente l'ultima cosa che voleva fare, ma era tardi per tirarsi indietro. Aveva acconsentito a venire rinchiuso in quella struttura psichiatrica, ad allontanarsi dalla sua famiglia, quindi doveva stare a capo chino e adeguarsi.
«Vieni, ti mostro la stanza e ti spiego le ultime regole.»
Proprio mentre il dottor Baker apriva la porta per farlo entrare, da un corridoio poco più avanti uscì un ragazzo in sedia a rotelle, sospinto da una giovane infermiera. Aveva il capo abbassato, cosicché i lunghi capelli castani gli ricadevano davanti al viso, impedendo a Ricky di cogliere qualche dettaglio di lui.
Cogliendo il suo sguardo, lo psichiatra appoggiò una mano sulla schiena del suo paziente, sospingendolo all'interno della stanza e chiudendo la porta alle loro spalle.«Siamo soli ora, Victor.» a parlare era stata la ragazza che spingeva la sedia a rotelle, mentre si allungava verso il ragazzo. Un lungo sospiro lasciò le sue labbra, mentre rialzava piano il capo. Era in quella struttura da appena un paio d'ore e già non vedeva l'ora di andarsene. Erano stati a fare un giro dell'intero edificio e, a quanto pareva, il piccolo tour si concludeva nella stanza 3VF, quella da dove avevano iniziato.
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He could make hell feel just like home || Kellic
FanfictionVic Fuentes è un ragazzo come tutti gli altri: brillante a scuola, tanti amici e una ragazza che lo ama. Le cose sembrano andare alla perfezione per lui, ma a volte è proprio questo senso di tranquillità che inganna. Una sera come tutte le altre, do...