Capitolo 1

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"Caro diario,
Oggi inizia una nuova parte della mia vita, una parte che fino ad ora non avevo mai considerato. E questa parte di vita inizia tra le tue pagine ancora bianche, che riempirò con l'inchiostro nero della mia penna. E da questa penna usciranno parole, belle e brutte, non saprei quali in maggioranza, e da quelle parole capirai me. Sto per vivere un periodo orribile della mia vita. Pieno di dolore, di tristezza, di solitudine. Talmente tanta solitudine da spiaccicare tutto ciò che mi passa per la testa su di te. Su pagine e pagine.
Nessuno con cui parlare.
Solo pagine.
~Clara"


Chiudo il diario e lo metto sotto il cuscino, è tardi, devo muovermi o perdo ancora una volta l'autobus. E se perdo l'autobus arrivo tardi a scuola, se arrivo tardi a scuola mi becco la ramanzina dal preside e se mi becco la ramanzina dal preside mi becco anche quella dei miei. Una reazione a catena per un piccolo ritardo. Corro in cucina, sono già pronta, devo solo mangiare. Prendo velocemente un toas che la mamma mi ha preparato e vado all'entrata. Lì mi attende ciò che più temo: la porta. Quella porta marrone, che mi costringe a rassegnarmi del fatto che non tornerò nel mio letto prima di sei ore. E con la solita voglia (che non c'è) di andare a scuola, apro la porta ed esco. E fuori dal tuo covo sei solo un numero. A scuola sei solo un numero, un nome scritto sul registro. Sembra di essere in carcere, solo che in questo carcere puoi soffrire in compagnia per la malvagità dei professori. Tornando a prima, esco di casa e vado alla fermata, che si trova a qualche metro da me. Aspetto un pò ma poi arriva l'autobus. Salgo e metto le cuffie nelle orecchie. Scelgo la mia canzone preferita, "i won't let you go" di James Morrison, e chiudo gli occhi, lasciandomi andare completamente ai miei pensieri. Del tipo "cosa metto stasera?" "Chi incontrerò a scuola?" "La professoressa Trulli interrogherà?". A proposito, la professoressa Trulli è la più odiosa dell'istituto. Non ti lascia stare, e se ti prende di mira, è la fine. Per questo sto all'ultimo banco. Non è un caso. Lo ammetto, c'è anche il fatto che all'ultimo banco puoi parlare e farti suggerire più facilmente le risposte ai compiti. Ma lasciamo perdere questo discorso altrimenti non finisco più. L'autobus si ferma e tolgo le cuffie. Scendo. Mi ritrovo davanti l'istituto più orribile che esista: la scuola. Come ho detto già, è una prigione, e li dentro siamo tutti carcerati. Bello, vero?
Mi incammino verso l'entrata infernale, e chi trovo ad aspettarmi? Sofia, la mia migliore amica. Apre le braccia, vuole assolutamente salutarmi in modo decente. Ma non corro, cammino normalmente e alla fine arrivo da lei. E ci abbracciamo. E io la adoro. Perché? Perché le sono mancata. Non venire a scuola per 2 mesi è tanto.
《Come stai?》mi chiede mentre ci stacchiamo.
《Abbastanza bene》rispondo piegando leggermente la testa.
Mi prende per mano e mi porta dentro. I corridoi sono sempre gli stessi: rossi e bianchi, pieni di gente che non ha nulla da fare. Diciamo che i corridoi sono come i giardini del carcere, gli unici posti dove puoi scorrazzare libero per un pò. Sofia gira l'angolo, io vado dritto. Faccio qualche passo in avanti e mi fermo. Tutti gli occhi sono puntati su di me. C'è silenzio, troppo. Solo sguardi sorpresi.
《Che avete da guardare? Non sono un fantasma!》gli urlo per poi tornare a camminare, diretta verso il mio armadietto. Il tempo riprende a scorrere. Il tempo. Già, questo stupido tempo. Ne ho troppo poco.

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