Suona anche l'ultima campanella della giornata. Fuori scuola aspetto che Gabriele finisca di parlare e scherzare con i suoi amici. Devo farlo,sono costretta. Ho promesso a mia madre che non l'avrei lasciato raggiungere casa nostra da solo,anche perché non conosce la strada -Ci diamo una mossa?- ho le braccia incrociate e gli occhi al cielo. Abbasso lo sguardo su di lui e dopo due secondi è già accanto a me.
-Casa tua è molto lontana?- scuoto la testa. Metto la mano nella tasca sinistra. Il bigliettino giallo è ancora qui -Cucina bene tua madre?- -Mhh- sono titubante. L'unico cuoco bravo che conosco è il pizzaiolo del quartiere. Chiunque messo a confronto con lui è un dilettante.
Afferro il bigliettino con le dita e cerco di sistemare la carta il più possibile senza farmi vedere da lui. Quando finalmente ho finito,trovo il coraggio che non ho avuto a scuola -Apri la mano- dico,senza nemmeno guardarlo in faccia. Si ferma davanti a me e apre la sua mano. Proprio sul palmo appoggio il foglietto e continuo a camminare per evitare di vedere la sua reazione. Lo sento di nuovo al mio fianco poco dopo -Per cosa?- -Per ieri- -Ho soltanto fatto il mio dovere,no?- alzo lo sguardo e un'espressione soddisfatta appare sul mio pallido viso -Giusto- sussurro.
Dopo una silenziosa passeggiata,ci parliamo nuovamente soltanto quando arriviamo in ascensore -Come trema!- è visibilmente preoccupato. Per divertimento,o forse per cattiveria,inizio a saltellare su e giù -Oh no...- mette una mano sul viso e mi scappa una risata. Toglie la mano e mostra il suo lieve sorriso -Non ridi spesso- la sua voce non vuole rimproverarmi o sottolineare il mio pessimo carattere come fanno tutti,ma vuole...incoraggiarmi. Si,vuole incoraggiarmi a ridere più spesso.
Seduti a tavola mia madre inizia a preparare un vero e proprio banchetto. Ci sono cibi di tutti i tipi e anche in quantità eccessive. Gabriele sembra apprezzare, mentre io lascio gran parte di quello che mi è stato dato nel piatto. Non vorrei sembrare un animale. Già ho molta carne sulle ossa, se mi vedesse mangiare tanto chissà come penserebbe di me.
Fisso il piatto pieno: è la prima volta che mi faccio paranoie del genere. Non avevo mai rinunciate a mangiare prima d'ora.
Quando anche mia sorella torna da scuola, sono pronta per ucciderla. Avrebbe sicuramente iniziato a prenderci in giro -Se non stai zitta giuro che ti fucilo-la raggiungo in corridoio e le stringo il braccio, per poi lasciarla andare.
Vado in camera mia e mi siedo, in attesa di essere raggiunta da Gabriele. Solo dopo due minuti di meditazione mi rendo conto che non conosce casa mia e le varie stanze. Mi alzo in fretta e lo trovo ancora seduto in cucina, che legge qualcosa -Cosa stai leggendo?- intravedo la mia grafia sul foglio che ha tra le mani -Tua madre mi ha detto che è il tuo ultimo tema- i suoi occhi sembrano fare una corsa, dilatati dal desiderio di leggere un'altra parola. Quando finalmente termina, mi guarda -Non mi aspettavo questo, sai- -Perché?- -É stato troppo, fin troppo piacevole leggere questa pagina che hai scritto... sapevo che hai voti alti quando si tratta di queste cose, ma non immaginavo una cosa del genere, una cosa così bella- rimango pietrificata, orgogliosa di questa frase che ha appena pronunciato. Ma non sono abituata a ricevere complimenti e ho dimenticato come si debba rispondere -Davvero?- -Davvero- si alza dalla sedia e mi porge il foglio -Ne voglio leggere altri- mi fa l'occhiolino e poggia la sua mano sulla mia spalla. La levo subito. Odio quando qualcuno mi tocca -Vedrò di trovare qualcos'altro- sussurro,dirigendomi verso camera mia -Seguimi- gli dico. Ma prima che possa dirlo,lo trovo dietro di me.
Iniziamo a studiare dopo alcuni minuti. Ci attende un intero capitolo di storia. Inizio a leggere lentamente, a bassa voce. Non arrivo nemmeno a finire un rigo che mi sento osservata. Alzo lo sguardo e trovo due smeraldi che cercano di specchiarsi nell'oscurità dei miei occhi. Infastidita dal suo comportamento , alzo il tono della voce e lo controllo per la seconda volta: ha abbassato lo sguardo sul libro. Tiro un sospiro di sollievo.
Appena finisco di leggere due pagine,lo sento avvicinarsi a me. Percepisco il debole rumore metallico della sedia che si sposta e poi la sua pelle fredda che sfiora la mia. Non lo respingo.
Iniziamo a simulare un'interrogazione. Io spiego e lui dovrebbe ascoltare. Dovrebbe, dato che annuisce soltanto. Non fa altro che guardare le mie labbra,i miei occhi e poi ancora le mie mani e il collo. Studia ogni mio singolo movimento,ogni battito di ciglia e ogni contrazione dei muscoli -Non ti interessa affatto Colombo,dico bene?- -No,le navigazioni e le esplorazioni forse non fanno per me...- chiude il libro e mi regala un lieve sorriso,enigmatico,simile a quella Mona Lisa che lui ritrasse tempo fa,durante una lezione di arte-Se non vuoi studiare,vieni con me- -Dove?- non rispondo alla sua domanda e mi limito a prendere il mio libro e le chiavi di casa.
Sia mia madre che mia sorella non sono a casa da un po' ,non so quando torneranno e non ho intenzione che lui mi fissi ancora. Quindi ,perché non far visita a Renata?
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Namor (in revisione)
General Fictionin lei vivevano la primavera e l'inverno, il sole e la luna, la luce e le tenebre, Dio e Satana, la libertà e la prigionia, la normalità e la pazzia, la gioia e la malinconia, la bontà e la malvagità, la forza e la debolezza.