Mi sembra che sia passata un'eternitá da quando ho iniziato a sbuffare mentre lo aspetto. Lascio penzolare le mie gambe,mentre inalo l'aria fredda e umida che probabilmente mi causerá un malanno.
La verità è che ne sono dipendente. Amo troppo il gelo che entra dentro di me. Sembra mescolarsi con la mia anima anch'essa di ghiaccio.
Lo vedo in lontananza che avanza a passo veloce. Strizzo gli occhi per metterlo a fuoco e inizio a scendere dal tetto della casa del vecchio custode della scuola. Appoggio un piede su una tegola,poi sull'altra,finché non mi calo per poter strisciare contro il muro.
Lui intanto è arrivato proprio vicino alla casetta e mi aspetta,con le spalle appoggiate alla parete coperta da rampicanti e muschio -Andiamo- dico,stringendomi nel calore del mio giubotto. Per tutta la durata del nostro breve cammino non pronuncia nessuna parola. Gli unici suoni percepibili sono infatti lo scrocchiarsi dei rametti sotto i nostri piedi e le voci dei genitori e degli insegnanti all'interno dell'edificio grigio.
-Entra- gli ordino quando arriviamo dinanzi ad una finestra rotta dalle pietre degli scugnizzi che si divertono a rompere tutto ciò che gli capita sotto tiro.
Sembra essere
perplesso,poi,probabilmente per le frecciatine incessanti che sto inviando, decide di entrare. Con un saltello,si siede sul marmo,poi fa una giravolta ed entra nell'oscurità e nell'umidità penetrante presente in quell'orribile scantinato . Lo imito,facendo attenzione a non farmi male con le schegge del vetro.
È tutto impolverato e il profumo che si respira è simile a quello di una chiesa o un museo. Sparsi qua e là ci sono banchi,sedie,cattedre e vari rottami vecchi di almeno quarant'anni.
Poi ancora registri di classe ammucchiati insieme. Probabilmente su di essi ci sono scritti anche i nomi dei miei genitori -Dov'è l'uscita di quest'inferno?- mi chiede,come se ne sapessi più di lui.
Mi avvicino ad una porta di ferro arrugginita,senza maniglia e con foglioline di edera appiccicate sopra -Aiutami ad aprirla- gli dico,afferrando un piede di porco abbastanza lungo trovato nella ferraglia -Al mio tre...uno...due...tre!- al mio segnale iniziamo a spingere con forza,finché,dopo rumori assordanti,la porta si apre,lasciando entrare nei nostri polmoni una marea di polvere.
Iniziamo a tossire ossessivamente,finché non mi trascina fuori da lì.
Davanti a noi finalmente vedo qualcosa di familiare:la rampa di scale che porta al piano terra e al primo piano della scuola.
Inizio a correre per le scale e fortunatamente non trovo nessuno che possa riferire qualcosa a mia madre o peggio ancora, al preside.
Arrivati al primo piano,strisciamo fino alla sala professori -Tu stai qua,vedi se arriva qualcuno- porto un ciuffo dietro l'orecchio e entro nella minuscola stanza.
Inizio a frugare dappertutto,in cerca del libro che mi è stato sequestrato. Finalmente trovo un cassetto con una scritta ben visibile -Oggetti sequestrati-.
Lo apro ed è proprio lì. Lo stringo tra le mie mani e sorrido.
Tra le varie cianfrusaglie,spicca il laser ricoperto di plastica argentata di Gabriele. Quante bravate ha fatto con quell'affare! Decido di prenderlo ed esco in fretta dalla stanza -Andiamo,andiamo- inizio a correre,seguita da lui. Arriviamo al piano terra,dove le nostre madri probabilmente sono impegnate ad ascoltare le aduIazioni dei prof. Nonostante io sia un po' impulsiva,sono una studentessa modello. Stessa cosa vale per Gabriele. A differenza mia però,non s'incazza quasi mai.
Prima che si allontani da me,frugo nelle tasche -Tieni- allungo il braccio verso di lui e apro la mano -Grazie...- cerca in tutti i modi di non sfiorare le mie mani,prendendo con cura il laser,come se fosse radioattivo -Hai rispettato il tuo dovere- annuisco soddisfatta. Alza lo sguardo e noto che è in procinto di ridere. Scoppia in un bellissimo sorriso,poi gira i tacchi e corre alla ricerca della madre. Resto con lo sguardo fisso nel vuoto,come se quel sorriso fosse ancora lì,sospeso per aria. Sento una vibrazione provenire dalla tasca del jeans - Chiamata persa da mamma- leggo lo schermo con la luminosità al minimo,come sempre. Clicco sul tasto verde -Mamma,cosa c'è?- -Raggiungimi subito fuori scuola Adele- detto questo,riattacco e mi affretto a raggiungerla. La vedo,attraverso una finestra,che parla con la madre di Gabriele. Spinta da non so cosa,inizio a correre all'impazzata,scivolando sul pavimento bagnato dall'acqua che gli alunni e i genitori hanno portato dall'asflato bagnato con le scarpe.
Mi fermo di colpo -Adele!Ti muovi?- mia madre sventola la mano per aria per richiamarmi a sé.
Sono sempre più vicina a loro.Mi sento osservata. Infatti due occhioni verdi mi stanno scrutando da capo a piedi. Nascondo il libro sotto al giubotto,con lo sguardo di Gabriele ancora piazzato su di me -Cosa c'è?- chiedo seccata -Domani Gabriele viene a casa nostra a studiare,va bene per te?- il mio cuore si ferma per un millisecondo. Non saprei che rispondere. Una debole scossa elettrica mi percorre il corpo e finalmente mi decido a darle una risposta-Si- sussurro,tenendo lo sguardo basso.
Alcuni secondi dopo inizio a camminare per il cortile,nascondendomi nel capuccio,temendo che possano notare il mio rossore.Scugnizzo=ragazzino vivace e irrequieto in napoletano.
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Namor (in revisione)
Ficção Geralin lei vivevano la primavera e l'inverno, il sole e la luna, la luce e le tenebre, Dio e Satana, la libertà e la prigionia, la normalità e la pazzia, la gioia e la malinconia, la bontà e la malvagità, la forza e la debolezza.