;one.

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Mitchell.

Le pareti sono bianche.

La fila infinita di sedie appoggiate alle pareti sono blu, ma non un blu proprio blu, é un blu schiarito. Devono essere vecchie.

Ho sempre odiato le sale d'attesa, ed odio rimanerci sola per un tempo indefinito.

Da quanto sono qui? Minuti? Sembrano più ore.

I miei piedi fanno avanti e indietro, mentre il mio sguardo fugace cerca qualcosa da attenzionare.

L'unica cosa, oltre alle pareti, é la porta davanti a me.

In alto, c'è una targhetta in oro con il nome del mio psicologo sopra. É inglese. Ha un nome buffo. Cioè, non é un nome strano, ma per me é buffo. Riesco a trovare qualcosa di buffo in ogni cosa. Ridacchio. Oh, ecco perché vado da uno strizzacervelli.

Il silenzio nella stanza é rotto dalle parole della paziente che c'era prima di me, e che adesso é dentro la stanza a me di fronte.

So che non dovrei ascoltare il suo discorso, ma ha un tono decisamente troppo alto e non posso fare a meno di farlo.

Le é morto il marito e adesso la sua vita gira intorno al suo gatto, Flaffy si chiama, e a quanto pare é rosso, come suo marito. Lo ha comprato dopo la sua morte. Mentre parla, la sento bloccarsi e singhiozzare.

Faccio una risatina. Avevo ragione, il dottore é inglese, e si nota dal suo accento mentre cerca di consolarla.

Passano pochi attimi e la porta si apre, rivelando la signora e il dottore dietro di lei che la invita ad uscire.

Abbasso lo sguardo, nascondendo l'imbarazzo.

-Torni quando vuole, Dolores. Sono sempre qui per lei. Abbia cura del suo gatto!

Lei non risponde e se ne va.

Il dottore mi guarda.

-Sei solo tu?

-Lei vede altra gente?

-Touché.

Si scosta dalla porta facendomi segno di entrare, e mi alzo.

Varco la porta e mi mancano già le pareti bianche.

***

Si siede dietro la scrivania, io invece rimango ad osservare la stanza, camminando lentamente, sedendomi poi. La poltrona é di un marroncino chiaro. Si abbina al parquet. Adoro i parquet e adoro sentire mia madre urlare mentre glielo rigo con lo skateboard.

-Ciao, Beatrice. Io sono Mitchell Chadwick, il tuo psicologo.

Ritorno alla realtà.

Mitchell.

Mitchell.

Mitchell.

-Bea.

-Scusi?

-Solo Bea.

-Oh. Come stai, Bea?

Rido.

-Davvero?

-Davvero.

-Iniziare una seduta con un "come stai?" non mi sembra il massimo, dottore.

-Mitchell.

-Scusi?

-Solo Mitchell.

-Mi prende in giro?

Un sorriso cresce sul suo volto, coinvolgendo gli occhi. Sono di un verde intenso. Mi perdo a fissarlo.

-Sono solo sarcastico. Okay, iniziamo come vuoi tu, allora.

-Come vuole lei.

-Pensavo potessi darti del tu. Sei giovane.

-E allora? Io non la conosco. Deve darmi del lei fino a quando non le dico che può darmi del tu.

-Cosa ci fa qui, solo Bea?

-Mi annoiavo.

-La gente quando si annoia non va da un dottore.

-Secondo il parere di chi?

-Di nessuno. Mi parli di lei.

-Da quanto tempo fa lo psicologo?

-Fai sempre così, solo Bea?

-No. Mi annoiavo, mi sto annoiando e parlare di me non mi farà raggiungere la mia pace interiore.

-Faccio lo psicologo da un paio di anni.

-Mi sento sola.

-É okay. Tutti ci sentiamo soli. Perché tu ti senti sola?

-Perché, essenzialmente, lo sono. Nessuno mi conosce davvero infondo, nessuno sa come sono esattamente.

Mi allettava il solo pensiero che una persona mi conoscesse, il fatto di poterle parlare liberamente senza pensare a cosa devo dire....e beh, eccomi qui.

-Hai paura che qualcuno possa giudicarti?

-No. In realtà, non potrebbe fregarmene di meno. Volevo solo parlare con qualcuno di tutto quello che penso.

-E cosa pensi, solo Bea?

-Penso che non vedrà la luce del sole sorgere domani mattina se mi chiama di nuovo solo Bea.

-Mi scusi.

-Accetto le sue scuse. Dove eravamo?

-Non parla delle cose a cui pensa con nessuno?

-No, cioè, aspetti. É strano. Contorto. Parlo con gli altri solo di alcune cose a cui penso. Non di tutte. Ci sono cose che vorrei confidarle, che magari agli altri non direi mai.

-Mi onora. Quanti amici ha?

-Pochi. Si possono contare sulle dita di una mano sola.

-E a lei va bene così?

-Sì. Forse. Non lo so. Dovrebbe?

-Oh, non saprei...

-Credo di sì. Non vado d'accordo con tutti i miei amici, ma é okay. Suppongo.

-Vorresti degli amici nuovi?

-Alcuni si, altri no. Charlie non lo cambierei mai con nessuno, ad esempio.

-Chi é Charlie?

-Charlie é un mio amico.

-Parlami di lui.

-Non l'ho mai fatto con nessuno. Non credo che gli altri lo vedano, in realtà. Ho sempre pensato che la fissa dell'amico immaginario finisse sui 5 anni, ma io ne ho 16 eppure ancora ci parlo. Lui c'è sempre per me.

-Sembri felice quando ne parli, Beatrice.

-Sono felice su qualsiasi cosa lo riguardi.

-Capisco.

-Capisco.

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