Ha avuto tutto inizio in questa stanza

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"Parlami, abbiamo tutto il tempo,
facile amarsi finché restiamo a letto"

Quella mattina insolitamente fredda di Aprile, Alessio avrebbe dovuto lasciare la sua stanza presto per un allenamento importante. Certo, con la complicità del clima abbastanza rigido e dell'opposto calore delle coperte, l'impresa risultava ardua. Forse avrebbe lasciato perdere.

Un colpetto gentile al suo piede sinistro gli aveva fatto aprire gli occhi per puntarli prima sulla sveglia e poi sul lato destro del letto che sembrava essere occupato da qualcun altro. Aveva aggrottato le sopracciglia disorientato lanciando di nuovo uno sguardo all'orario -era ancora troppo presto per alzarsi e l'essere sveglio già a quell'ora lo innervosiva non poco - e poi al lato destro del materasso, per scrutare attentamente il viso di Michele, serenamente addormentato accanto a lui, con la bocca leggermente dischiusa e le mani aperte verso l'alto, come se avesse appena allentato la presa su qualcosa. Ad Alessio era uscito spontaneo un sospiro: era la terza volta in una settimana che si svegliava accanto al suo compagno di squadra, sempre in circostanze poco chiare, accompagnate da ricordi che catalogava solitamente come "confusi". La definizione rispecchiava in realtà molto di più un desiderio che un dato di fatto, perché sapeva benissimo cosa fosse successo tutte quelle volte. In sua difesa poteva dire che il sesso era stato una conseguenza inaspettata, un'evoluzione che Ale non riusciva a spiegarsi. Non sapeva come fosse iniziato tutto, sapeva solo che un bel giorno, mentre erano intenti a consumare inutilmente la schiuma da barba di Andreas in una lotta all'ultimo sangue, aveva infilato ridendo una mano nei capelli unti di Michele e l'attimo dopo lo stava baciando tenendolo addossato a un muro, con le sue gambe tutt'attorno.
Era andata così.
Non ne avevano esattamente parlato e probabilmente Ale non avrebbe saputo cosa dire. Ogni voltasi era imposto che fosse l'ultima, poi non lo era mai stata e la parte peggiore era che Michele non aveva mai preso l'iniziativa. Mai,nemmeno una volta, neppure per sbaglio. Di contro c'era quel gigantesco dato di fatto per cui non lo aveva neppure mai respinto.

"Alè?"
La voce addormentata di quest'ultimo lo aveva violentemente strappato ai suoi pensieri, così si era voltato verso di lui senza rispondergli.
"Alè, sei già sveglio?"
"Non riesco a prender sonno"aveva detto finalmente in un sussurro, guadagnandosi una mano di Michele nei capelli e un sorriso assonnato. Non avevano detto più niente dopo, semplicemente Ale si era allungato verso le labbra dell'altro e aveva iniziato a baciarlo, come se fosse la cosa più giusta da fare. E forse lo era, a giudicare dal mugolio che qualcuno dei due aveva emesso ad un certo punto, - non era neppure sicuro che fosse stato Michele - e dalla situazione che era diventata sempre più frenetica.
Proprio quando quello aveva ben deciso di mordergli il labbro inferiore, la sveglia aveva violentemente urlato in faccia ad Ale di esser di nuovo nella situazione che si era ripromesso di evitare. Con un sospiro aveva allontanato gentilmente Michele e aveva poggiato la fronte sulla sua spalla. "Devo andare" aveva detto poi, come a volersi giustificare per qualcosa che non riguardava solo quella mattina. L'altro aveva annuito al vuoto con aria vagamente delusa e stizzita. Aveva guardato Ale raccattare i vestiti per qualche secondo, poi non aveva più potuto trattenersi. "Quando ne parleremo?" aveva quindi chiesto guardando l'armadio ma con un tono di voce chiaramente udibile.
"Cosa intendi, Michi?"
"Quando parleremo di tutto questo? Di quello che facciamo. Quando hai intenzione di smettere di ignorarlo?"
Ale aveva sospirato vagamente agitato, alla ricerca di qualcosa da dire. Fece l'errore di posare gli occhi sul viso di Michele e quello che vide nei tratti del suo volto fu qualcosa di molto simile all'astio. Gli fece paura.
"Non so cosa dire, Michi"
Quello era rimasto zitto qualche secondo, poi aveva scostato le coperte quasi di scatto e aveva fatto per tornarsene nel suo letto. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, Ale lo sapeva, ma non era riuscito a imporre alla propria mano di fermarsi prima che questa afferrasse il polso di Michele. Aveva aperto bocca per parlare ma l'altro si era scostato violentemente e lo aveva guardato negli occhi.
"Che vuoi ancora Ale? Non sai che dire, mi sta benissimo così, che devo fare?"
"Non voglio che la prendi così-"
"Come la devo prendere, Alè?" - aveva quasi urlato Michele guardandolo dritto negli occhi con una durezza che non gli apparteneva - "Come la devo prendere? E' una cosa che non è partita da me, fuori di qua abbiamo tutti una vita, lo sai? Speravo facessi funzionare il cervello una buona volta e volessi almeno parlarne!"
Alessio aveva boccheggiato un attimo, colpito allo stomaco dalla frustrazione di Michele e dalle sue parole, poi aveva cercato di recuperare terreno e il suo viso era passato dall'aperto stupore all'indecifrabilità.
"Dici di non aver iniziato niente, ma non mi hai neppure mai respinto."
"Ascoltami bene, non sono la tua puttana"aveva quasi ringhiato lui per non disturbare i compagni di squadra,che nel frattempo avevano cominciato ad alzarsi e a preparare la colazione.
"Non l'ho mai detto"
"L'hai inteso però, Alessio! E non è così, a casa ho la mia vita anche io!"
"Perchè non me l'hai detto prima allora!"
I toni si erano di nuovo fatti alti e Ale poteva giurare di aver sentito Chiara preoccuparsi con Cristiano.
"Perchè non spetta a me parlare, Ale!"
"Hai iniziato questa cosa insieme a me, Michi! Quindi evita di far finta di non saperne un cazzo, perchè potevi parlarmi in qualsiasi momento!"
"Lo sto facendo adesso, cazzo, quindi non ci provare. E tu non sai cosa dirmi!"
Quando entrambi si erano accorti di aver iniziato ad urlare, Andreas era già entrato nella stanza e li teneva a distanza di sicurezza con le braccia. Quell'immagine aveva subito riportato Ale alla realtà ed era uscito in fretta dalla stanza borbottando delle scuse, guardando di sfuggita gli altri due ragazzi. Tutto quello che aveva visto prima di andar via era stata l'espressione di Michele sciogliersi in disperazione. Avrebbe voluto fermarsi e arginare il suo dolore, ma semplicemente non poteva. Non avrebbe saputo da dove iniziare.

Inutile dire che quel giorno Ale aveva ballato veramente male. Anzi, "male" era proprio un complimento, a detta di Veronica.

Aveva ballato da schifo, ma non poteva fare molto a riguardo. Veronica lo aveva lasciato presto da solo, esasperata da tutti i suoi errori e lui era rimasto testardamente in sala a cercare di dimenticare ciò che era successo quella mattina. Sapeva esattamente che Michele aveva ragione. Gli doveva delle spiegazioni, delle confessioni e almeno la possibilità di scegliere cosa fosse meglio per lui. Avrebbe dovuto fermarsi prima che tutto quello diventasse una cosa concreta e pericolosa, ma non ce l'aveva fatta. Era come se Michele avesse agito sempre per portarlo a quel punto di non ritorno. Si sentiva attratto e non riusciva a porsi un limite. Non aveva funzionato niente, né Corinne, né il fatto che Michele avesse una ragazza e neppure il benessere di Michele stesso.Semplicemente non aveva potuto fare altrimenti e quel giorno, nel bagno della casetta, aveva dovuto per forza baciarlo. Sentiva che se non l'avesse fatto sarebbe esploso, alla prima occhiata dell'altro avrebbe finito per tirare giù la cerniera del suo costume da persona controllata per urlare che no, non stava affatto bene e avrebbe voluto semplicemente far qualcosa che non fosse starsene con le mani in mano a guardarlo. Con la fronte poggiata su un braccio aveva sospirato forte: avrebbe dovuto dirgli tutte queste cose. Michele meritava di sapere.
Non aveva fatto in tempo ad alzare la testa che Andreas era entrato in sala con la mascella contratta guardandolo dritto negli occhi.
"Che cazzo gli hai fatto?"
"Eh?"
Andreas gli si era avvicinato velocemente afferrandolo per le spalle e continuando a guardarlo fisso.
"Che hai fatto a Michele? Non fare il finto stupido con me"
"Non so di che parli"
"Tu lo sai benissimo di cosa sto parlando, Alessio! Lo sai benissimo e lo so anche io! Michele mi ha detto tutto. Ma che credi? Che sia il tuo passatempo quando non c'è la tua ragazza? Eh?"
A quel punto Ale lo aveva spinto lontano e aveva alzato la testa per fronteggiarlo meglio. Non riusciva a importargli neppure delle telecamere presenti in palestra.
"Di che parli André? Che ne sai tu! Non sai neppure di cosa stai parlando!"
"So che stiamo parlando di Michele! Michele, il mio amico! E tu ci vai a letto come se non fosse niente, poi ti rifiuti anche di parlargli!"
Ale era rimasto in silenzio qualche secondo. Quanto doveva esser scosso Michele per aver raccontato tutto quanto ad Andreas e quanto male doveva avergli fatto lui?
"Tu non ti rendi conto di come lo faccia sentire quello che fai" - aveva continuato Andreas senza muoversi di un passo e con gli occhi ancora fissi nei suoi -"lo tratti come un giocattolo, mentre lui-"
"Lui che? Eh? Ha detto di non aver mai iniziato niente, come se avessi potuto fare tutto da solo!"
"Cristo santo, non capisci niente! Lo capirebbe anche un idiota che ci muore per te e sta solo cercando di capire cosa fare della sua vita! Non ha mai iniziato niente perchè per lui non è una stronzata!"
"Andreas,ma tu che cazzo ne sai? Credi di sapere tutto dopo due cose che Michele ti ha detto? Ti permetti di interpretare anche la realtà come cazzo vuoi tu!"
"L'unico che sta interpretando qua sei tu! Senti, fai l'ottuso quanto cazzo vuoi, ma non ti permettere di toccare ancora Michele se non hai intenzione di prenderti le tue responsabilità!"
La porta si era spalancata, sia Veronica che Michele li stavano guardando disorientati. La Peparini aveva subito lasciato perdere la propria confusione per arrabbiarsi con entrambi e indicare loro le telecamere, mentre Michele era rimasto per tutto il tempo in silenzio, quasi terrorizzato.
Ad un certo punto semplicemente aveva preso il braccio di Andreas e lo aveva tirato via, lasciando Ale di nuovo da solo in sala.
Scosse la testa e lanciò via l'asciugamano con violenza. Avrebbero avuto tutti un sacco di guai, lo sapeva.

ANGOLO AUTRICE: Salve, sono tornata eee niente, siccome ho otto pagine di questa roba, ho deciso che la dividerò in parti (non so esattamente quante) ma avrete il prossimo aggiornamento domani sera. La storia la dedico a Miriam, compagna di scleri alechele, chiacchierate whatsapp e cretinate su twitter, Giulia, la gemella di scleri su twitter che vabbè, mi regala idee malsane e Bee che asseconda sempre il mio masochismo. E' colpa vostra e loro, sappiatelo.
Fatemi sapere che ne pensate cari.
A domani!

Le volte in cui mi chiami e poi mi giro ed è già notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora