Capitolo 2.

33 4 2
                                    

La mia sveglia suonò alle 06:30, la spengo e mi alzo svogliatamente per poi andare in bagno. Mi lavo e mi vesto indossando dei jeans strappati, una maglietta maniche corte bianca e le mie vans nere.
Scendo in cucina per fare colazione. Saluto mamma e lei ricambia.
Oggi non ho molta fame, perché è il mio primo giorno di scuola in un altra città e quindi sono abbastanza nervosa. Mangio solo due biscotti e poi vado a prendere lo zaino.
"Mamma sono pronta." urlai per farmi sentire visto che lei era andata in bagno per prepararsi.
"Arrivo." mi disse.
Dopo pochi minuti la vedo scendere le scale velocemente.
"Ok, possiamo andare"
Salimmo in macchina e mia madre accese il motore.
Accesi la radio e iniziai a cantare assieme a lei tutte le canzoni che passavano alla radio, una dietro l'altra. Dopo 15 minuti di strada, arrivammo davanti alla scuola e come tutte le mamme mi fece le solite raccomandazioni.
"Allora. Prima di tutto non dare troppa confidenza ai ragazzi, perché ora hai capito come sono veramente. Secondo, cerca di fare amicizia con qualcuno e non stare sempre sola"
"Va bene mamma, ci vediamo dopo" le dissi.
"A dopo tesoro"
Se vi state chiedendo perché mia madre abbia detto di non dare troppa confidenza ai maschi, ora ve lo dico. Quando ero nel mio vecchio paese, avevo incontrato un ragazzo alla festa di fine anno scolastico. Mi si avvicinò e facemmo due chiacchiere. Eravamo diventati subito amici, perché era un ragazzo come me, un po' chiuso in se stesso e che riesce a capirti con una sola parola che dici.
Dopo un bel po' di tempo che ci frequentavamo, mi chiese di provare ad avere una relazione. Io, essendo troppo giovane, non sapevo che dire. Non spiaccicai una parola. Lui si innervosì e cominciò a dirmi di essere una persona inutile, di vergognarmi per quello che sono. Io ero scioccata, paralizzata. Piangevo, piangevo come un bambino appena caduto. Lui non ci capì più nulla e mi diede uno, due, tre schiaffi che mi fecero cadere a terra, immobile. Se ne andò, lasciandomi li, tutta sola. Dopo alcune ore, mi feci coraggio. Mi alzai e, tremante, cominciai a camminare verso casa. Arrivai e mia madre mi chiese che cosa fosse successo. Iniziai a raccontarle ciò che era accaduto. Quando arrivai al punto in cui lui mi schiaffeggiò, lei chiuse gli occhi e venne ad abbracciarmi. Cominciai a piangere di nuovo, però ora tra le braccia di una donna che mi ha salvato la vita.

Dopo questo momento, diventai una ragazza molto chiusa in se stessa, quella ragazza che non da troppa fiducia, quella ragazza che non tornerà più quella di prima.

Mi diressi verso l'interno dell'edificio e notai una bacheca in cui c'erano appesi dei fogli, che contenevano gli elenchi delle classi.
"America Benson, America Benson, America Benson... ecco. 1G" pensai tra me e me.
Vidi una ragazza che si avvicinò a me e mi chiese:" Ciao, io sono Holland. E tu come ti chiami? Sei nuova?"
"Ciao Holland, io mi chiamo America. Sì sono nuova e non so dove sia la mia classe."
"In che classe sei?" mi chiese.
"1G" le dissi.
"Pure io sono in quella classe. Vieni, andiamo insieme. Io conosco bene questo posto, perché mio fratello è in 4 e quindi so quasi tutto su questa scuola, praticamente."
Mi prese la mano e iniziammo a correre come delle pazze per arrivare in classe in tempo, visto che la campanella era suonata da qualche minuto .
"Cominciamo bene." pensai.

Un'Estate Di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora