III.

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Ero in piazza quando successe.

Dopo il mio turno di lavoro part-time ero uscito a bere con degli amici e stavo per rientrare a casa.

Stavo per uscire dal bar quando sentii rumore di spari. Una mitragliatrice. In quello schifo di paese moriva così tanta gente uccisa da chissà chi che avevamo imparato a distinguere le armi dal rumore che facevano quando sparavano.

Mi riparai dietro una panca finché il rumore non cessò. Allora mi precipitai fuori nel caos generale.

Mi mossi rapidamente tra chi cercava i propri amici, i propri figli o i propri genitori.

Poi la vidi.

Il suo fragile corpo a terra, il vestito chiaro sporco di sangue.

Una bambina così piccola...

Le corsi incontro e la presi tra le braccia. Sembrava respirare ancora, non poteva essere troppo tardi.

I suoi occhi scuri faticavano a stare aperti. Potrei giurare di aver sentito la sua flebile voce chiamare: "Mamma..."

E allora corsi. Corsi più veloce di quanto avessi mai fatto.

Corsi verso l'ospedale.

Urlai aiuto. Non potevano abbandonarla.

Il dottore ci guardò. Prima il viso pallido della bambina, poi il mio, paonazzo per la corsa.

"Non possiamo fare più nulla."

Questa fu la conclusione.

Nulla da fare, l'avevamo persa.


Sarò il tuo cielo azzurroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora