PARTE 1. Coscienza e conoscenza di sé.

54 3 2
                                    

Tutto è cominciato un anno fa.

Era fine settembre e Aria stava facendo crescere le sue radici attorno all'albero della mia vita. Si stava imponendo Marina nel mio cuore e stavo imparando a capire Edel. Allo stesso tempo stava uscendo lentamente dalla mia vita quello che era il mio più grande amico da quindici anni: Daniele. E' stato lui a volerlo, ma gli vorrò sempre bene e sempre gliene ho voluto.

Vincenzo era il mio ragazzo già da un anno e lo conoscevo da tre. Tutto andava bene e si stava aprendo un nuovo capitolo della mia vita: quello universitario. Ma non potevo sapere che quello era solo l'inizio di un declino.

Cominciavo a capire che Vincenzo non poteva darmi ciò che volevo, neppure le cose più banali come uscire la sera, divertirci, stare con gli amici... Eravamo solo io e lui, lui e io, le partite di calcio, il divano e il letto. Facevo tutto io, ma non mi lamentavo: io con la macchina andavo a casa sua, io lo dovevo convincere ad uscire per avere come risultato solo un broncio lungo chilometri. Comunque non mi sono mai fatta distrarre da nessun ragazzo, perché amavo Vincenzo alla follia e speravo in noi e nella sua crescita.

Nel frattempo aiutavo Marina a scappare di casa, aiutavo Edel per il vuoto che le aveva lasciato Marina partendo, aiutavo Aria a risolvere i suoi problemi d'amore, tanto soffocanti quanto sterili. E noi amiche ci amavamo ogni giorno di più.
Ma mai una sola parola era uscita dalla mia bocca sulla strana situazione di stallo che stavo vivendo col mio ragazzo, semplicemente perché nemmeno io me ne rendevo conto.

Finché un giorno ho conosciuto due ragazzi che sono diventati amici solo "di passaggio", ma importanti per la mia crescita: mi riempivano di domande e le mie risposte, da incerte, diventavano sempre più coscienti. Coscienti del fatto che stavo sbagliando a "pattare" quella partita di scacchi contro Vincenzo, giocata così distrattamente da lasciare il re scoperto, dando troppa importanza ai pedoni che dominavano la prima fila della mia armata.

Così era arrivata la primavera e fu maggio. Avevo lasciato Vincenzo, ripensandoci dopo soli quattro giorni perché mi aveva promesso che sarebbe cambiato, pregandomi di tornare. E quindi, stupidamente, ero tornata.

<Perché stupidamente? >
<Perché non si torna sui propri passi, cara Alice: non l'hai mai fatto, perché proprio adesso?>
<Eh... Perché sono convinta di amarlo.>
Il cervello lottava con il cuore: avrei dovuto ascoltare il mio capo.

Effettivamente però le cose durante i due mesi successivi erano migliorate. Ma i primi di agosto era cominciato a "piovere durante un giorno di sole": Vincenzo senza dare troppe spiegazioni mi aveva lasciata.

Ero piombata nella disperazione, provavo un dolore che mai prima d'allora avrei pensato di sentire. Ma lo capivo, anche io c'ero passata: ho lasciato di punto in bianco persone perché semplicemente non le amavo più... Come si può spiegare? E che cosa si dovrebbe spiegare?

Daniele in questa occasione mi aveva abbandonata del tutto e dall'inizio di agosto non ci eravamo più visti. E così era finita un'amicizia che pensavo sarebbe durata in eterno. Ma, per quel che mi riguardava, avrei continuato a volergli bene e ad esserci per lui.

Aria da subito è stata al mio fianco, lo è e sempre lo sarà. "Grande donna. Musa ispiratrice degli uomini. Tu comunichi tanto dalle tue labbra, non hai idea di quanto tu valga. Nessuno può e deve mettersi in mezzo ai tuoi sogni, ai tuoi desideri! (...) tu, piccola Musa, grande Donna, mi fai sciogliere il cuore, mi rendi consapevole della bellezza. Ti amo. Non arrenderti mai."

E adesso cominciava un altro capitolo.

Nella convinzione che Vincenzo non sarebbe mai tornato, ho vissuto la mia vita giorno dopo giorno nello sconforto e nell'angoscia, finché Marina ha messo radici nel mio cuore. Siamo partite insieme con i suoi amici, abbiamo trascorso il Ferragosto insieme. Abbiamo condiviso sorrisi, paure e debolezze e ora ci conosciamo profondamente. Lei sa di cosa ho bisogno ancora prima che io stessa me ne renda conto. Mi ha fatto vedere me stessa sotto un'altra luce, come anche Aria ha tentato di fare.

Ma la mia Marina, durante una vacanza su un'isola, tra i paesaggi straordinari e le avventure più disparate, mi aveva fatto vedere come appaio ai suoi occhi, agli occhi di Aria, anche se non riuscivo ad ammettere ciò che queste persone che mi stanno così vicino notano in me. Non mi conoscevo. Avevo bisogno di conoscermi solo in relazione a me stessa: non AliceeDomenico, o AliceeMarcello, AliceeAlberto, AliceeVincenzo. Alice e basta. Ma avevo bisogno dell'aiuto di chi vedeva qualcosa in me che io non trovavo, che non credevo di possedere.

Immersa nella natura, tra il mare, le spiagge, le rocce e le caverne, meditavo su me stessa, su ciò che volevo, su ciò che sognavo, capendo che qualunque cosa avessi incontrato sarebbe dovuto essere di più.
E sono arrivata alla conclusione di volere niente e sognare tutto.

Immersa nel verde e nel blu sconfinato sapevo di valere, di avere tanta elettricità dentro (ancora non so bene in cosa si possa evolvere) che avrei dovuto esprimere sottoforma di arte, la mia arte, e che questa è radicata nella mia personalità. Ma solo chi ha occhi può coglierne i lampi.

Fino ad allora mi ero accontentata e avevo scartato pian piano tutto ciò che mi donava inizialmente felicità, ma che poi mi faceva sentire sterile. Era ora di cambiare, di vivere appieno godendo di ogni cosa, finché non avrei raggiunto l'apice, l'arché della mia esistenza: che sia un oggetto, una persona, una strada, una città, una scelta.

Ho incontrato Adriano, un ragazzo perso tra le sue incertezze e ho incontrato Giacomo, bloccato tra i pilastri di carta della sua vita. Due parentesi che avrei potuto evitare. Oppure no. Di certo non mi hanno lasciato niente di positivo, né di negativo. Quindi ok.

Era arrivato settembre e studiavo facendo i salti mortali con Aria, rinchiuse per una settimana nella sua villa, da sole come pazze: ero riuscita a controllare il mio delirio mentale e avevo ottenuto dei risultati. Brava Alice, hai fatto un altro passo avanti.

Era cominciato un altro anno di università e mi sentivo stranamente libera da ogni tristezza e mi svegliavo sorridendo ogni mattina: ero sola, ero contenta, ero serena. Ho con me le mie Marina, Aria e Edel.

Ma tutto stava per essere di nuovo interrotto dal ritorno di Vincenzo: diceva di avermi mentito lasciandomi, perché mi aveva sempre amata, semplicemente non si sentiva all'altezza della nostra storia e aveva avuto paura. L'ho mandato a quel paese. Poi però ho pensato che il mio sentimento nei suoi confronti, che in quei due mesi avevo represso e nascosto da qualche parte, sarebbe potuto riemergere con il suo aiuto. Ma il suo aiuto non arrivava, pensava che tutto fosse scontato e soltanto il fatto che gli avessi dato una possibilità avrebbe risolto tutto. Ovviamente si sbagliava e mi ero sbagliata anch'io: <Vincenzo, adesso mi giro, comincio a camminare e non mi vedrai più>.

E così fu.

Quell'estate ero cresciuta, avevo imparato a conoscermi, avevo preso coscienza di me stessa, appreso alcune delle mie potenzialità ed ero serena, contenta di avere accanto persone che mi amavano, che sapevano chi ero, che non mi avrebbero lasciata mai e poi mai andare alla deriva. Non ero sola e, più o meno, mi conoscevo.

Ovviamente i momenti di pausa dalle vicissitudini della vita durano sempre troppo poco; infatti adesso cominciava un altro capitolo: il capitolo della mia lotta per raggiungere l'impossibile.

Occhi di terra e acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora