Capitolo 1

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Ci sono giorni perfetti per essere felici, oggi non è uno di quelli. La voglia di scappare si fa sentire ed un brivido mi percorre la schiena. Chiudo gli occhi, sono in una spiaggia calda, il sole mi scalda il viso...

Loi stiamo facendo un bel sonnellino?

Che palle, non posso neanche aprire bocca che già mi ritrovo una nota sul registro. Non protesto, sto zitta, non mi interessa. Ormai ho perso la voglia di fare qualsiasi cosa.
È lunedì e qui a Como si respira la solita aria ferma e piena di caos. Ancora poche ore e sarò fuori da questa topaia di scuola.
Mi chiamo Alessia Loi, sono al terzo anno, frequento il turistico; non c'è molto da sapere su di me, sono strana, amata, apprezzata e voluta, ma la solitudine mi divora dall'interno, beh diciamo che sono la classica adolescente. Le uniche cose che mi salvano dallo schifo di tutti i giorni sono la ginnastica e lo scrivere, mi fanno sentire libera, come un gabbiano che si libra in aria sopra le onde, solo lui è l'acqua sottostante.
Viaggiare... Più ci penso, più mi viene voglia di correre a casa, di fretta, senza far sapere niente a nessuno. Preparare la valigia buttandoci dentro alla rinfusa tutto ciò che mi capita alla mano e che penso possa servirmi.
Driiiiiiinnn!!!
Torno alla realtà, scossa dalla campanella che annuncia la fine della seconda ora. Entro nell'aula di informatica e mi chiedo cosa ci faccio qui, come se avessi dimenticato tutto all'improvviso. Mi siedo su una sedia scomodamente confortante; cerco di combattere il sonno, come tutte le mattine d'altronde. Il pensiero del viaggio mi torna in mente.
All'intervallo mi trovo nell'atrio con Laura.

Parliamo di viaggi.
Ad un ragazzo cade il portafoglio.
Parliamo di sogni.
Una ragazza bacia un ragazzo.
Parliamo di speranze.
Si apre una porta.
Parliamo di futuro.
Risate da un'aula vicina, una battuta stupida.

Laura sta parlando, non la ascolto, i miei pensieri fanno troppo rumore, cerco di trattenere le lacrime.
Driiiiinn!!!
Torniamo in classe, salgo con fatica le scale, oggi sono piena di dolori. Entra il prof di motoria, mi ero dimenticata che oggi lo avremmo avuto e ovviamente non ho il cambio, che fortuna, non la faremo, c'è un incontro con degli arbitri di calcio, ho evitato la nota, meno male. Scendiamo le scale per andare in quella che consideriamo l'aula magna, ma troppo spesso, a parere mio, viene usata come aula per le verifiche poiché qualunque altra aula è troppo piccola. Entrando troviamo un ragazzo, alto e rasato, e una ragazza, bella, molto bella, con dei lunghissimi capelli. Si chiamano Leo e Debora. Cominciano a parlare e già ho zero voglia di ascoltarli, penso ai cavoli miei. "Dai Ale ascoltali, non è rispettoso poveretti, e poi sono molto carini". Comincio ad ascoltarli ed attirano la mia attenzione con un video; parla del punto di vista degli arbitri di calcio, come si sentono, di cosa provano quando scendono in campo.
Debora parla molto, si vede che ha molta sicurezza, mentre Leo rimane un po' in disparte, è molto timido, non guarda in faccia nessuno, sembra un bambino disorientato. Parlano del calcio e dell'arbitrare. Mi stupisco di quanto sia interessante e di come mi addentro in ogni singola frase che esce dalla loro bocca. Le parole si insinuano nella mia mente, dirette a convertire i miei pensieri sul calcio, lavorano incessantemente. Mio padre mi ha sempre convinta che il calcio facesse schifo e che fosse uno sport violento, io ingenua bambina che ero, ho preso ogni sua parola come un dogma, una verità assoluta che mai va contrastata. Finiscono di parlare e tutto quello che hanno detto mi balena ancora in testa, voglio saperne di più, la mia mente ha bisogno di essere nutrita di informazioni.

Chiunque voglia partecipare al corso di formazione per arbitri può venire qui a dare il nome ed il numero di telefono.

Io e Laura ci guardiamo negli occhi, ci siamo intese e subito ci dirigiamo da Debora che sta prendendo l'elenco. Lalla mi guarda ridendo.

Non ci credo che lo stiamo facendo.
Nemmeno io Lalla.
Ma siamo serie?! Ahah.
Va beh dai, ci sta.

Diamo i nomi ridendo, sono ancora incredula. Non importa, ora mi tocca subirmi ancora due ore a scuola. Non ascolto le lezioni e i pensieri prendono il sopravvento, mi avvolgono, mi soffocano. Penso a tutte le volte che sono caduta e mi sono rialzata, sempre. Ogni volta mi rialzo, non c'è nessuno. Il problema è nato quando ho iniziato ad innamorarmi del buio, quando nella solitudine ho cominciato a provare indifferenza, ora non soffro più. Nessuno sa come sto, nessuno può entrare nella solitudine di qualcun altro. Avrei voluto parlarne con qualcuno, ma nessuno c'era e se anche ci fosse stato non avrei voluto parlargliene, non voglio sembrare una che ha bisogno di attenzioni. Scoppio a piangere, perché non riesco a trattenermi?
Esco da scuola e mi faccio largo a gomitate nelle scale, un fiume di persone si riversa fuori dall'edificio. Non so come ma anche oggi sono uscita illesa.
Mi incammino verso la fermata del bus sotto il sole cocente di l'una e mi immergo nel mondo della musica. Un paio di cuffie, non ho bisogno di altro. Subito parte la canzone Welcome to my life dei Simple Plan, il magone mi colpisce; questa era la canzone mia e del mio ragazzo, dovrei dire più precisamente del mio ex ragazzo. Si chiama Eddy e ha 19 anni, l'ho lasciato io perché non stavamo più bene assieme, piangevo tutti i giorni e lui era sempre nervoso con tutti, ma non volevo perderlo come amico ed abbiamo deciso di rimanere semplicemente amici, infatti il sabato sera usciamo assieme e fortunatamente le cose tra di noi non sono strane, anzi stiamo molto bene entrambi poiché sappiamo che saremo sempre parte l'uno della vita dell'altro. Detto sinceramente non so se provo ancora qualcosa per lui, probabilmente si, forse sono solo innamorata di ciò che avrei voluto che fosse la nostra storia, non lo so, ma preferisco stare così, nel dubbio, non voglio sapere se lui non prova più nulla per me, non reggerei, crollerei definitivamente. Ma in fondo la risposta la conosco benissimo.
Con passo lento arriva il bus. Meno male, ci sono dei posti liberi e mi ci fiondo a manetta. Odio stare in piedi, mi vengono delle fitte alle gambe ogni volta. Osservo la gente, i movimenti, le espressioni, gli occhi, le bocche. Tutto mi parla di loro. Di fronte a me c'è una ragazza che fissa il vuoto mentre la sua amica le parla, ogni tanto sorride, giusto per non destare sospetti; ma lo sai che io me ne sono accorta? Il tuo sguardo mi fa capire tutto. Probabilmente il tuo carattere è diventato più lugubre, sei più taciturna, parli di meno, non riveli più nulla della tua vita, eppure sei l'unica che riesce a tirare su il morale alle persone. Piccola ragazza, hai solo bisogno di un abbraccio che ti protegga dal mondo crudele che ti circonda. Sappi che prima di essere felice, la vita ti insegnerà ad essere forte, credimi, lo so per esperienza, basta solo che alzi la testa e fai vedere al mondo chi sei. Poco più avanti c'è una coppietta. Lei è in braccio a lui, si vede che si amano. I loro sguardi, i sorrisi, gli intrecci delle dita. Mi mettono un po' di speranza, forse anche io sarò felice come loro, ma so benissimo che la loro felicità è sospesa su un filo, un passo falso ed è finita. Il fragile castello di carte crolla.
Parte di nuovo Welcome to my life, trattengo a stento le lacrime, non posso e non devo farmi vedere triste. Basta, meglio non guardare le persone, è meglio se osservo il paesaggio, ma dopo neanche 5 minuti cado in uno stato di dormiveglia. Non ho dormito ieri notte, ho pianto, come tutte le sere, non è certo una novità.
Di colpo mi sveglio, scossa da una brusca frenata, diamine, questi autisti non sono capaci di guidare decentemente, ma almeno mi sono svegliata, stavo per rischiare di perdere la fermata. Scendo svogliatamente e a passo di tartaruga mi incammino verso casa. Il sole è ancora più caldo di prima, sudo, sento la maglietta appiccicarsi alla schiena, i pantaloni fanno difficoltà a muoversi e credo che ormai la temperatura delle mie scarpe abbia superato i 40 gradi come minimo, e pensare che siamo solo a febbraio.
Finalmente a casa. Casa dolce casa, o così dovrebbe essere. Entro.

Alessia...ciao. Mi raccomando non salutiamo più.
Scusa, ciao. Oggi ho la testa tra le nuvole.
Che è successo?
Nulla, tranquilla.
Sicura?
Si.

Non è vero, mi nascondo dietro il solito sorriso. Ho imparato a recitare bene, non sono l'unica. Io sto bene. Io sto bene. Io sto b...io non sto bene. Non sto bene per un cazzo. Corro in bagno e subito fisso la scatolina. Così bella, così amica, così malvagia.

Ci sono giorni perfetti per essere feliciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora