1- Il bar

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Torno a casa, mi tolgo la giacca e mi dirigo verso camera mia. Ogni momento è una lotta contro la mia resistenza. La resistenza a lei. Più tempo passa, più devo affrontare la parte più debole di me, quella parte che si ricorda ancora del bene che ho provato quando ero in sua compagnia, la parte che non riesce a portare rancore, l'amore che ha cambiato forma ed è diventato puro ricordo e malinconia. Accendo il computer e decido di dare un'occhiata alla posta elettronica, sia mai che dopo mesi di ricerca la botta di culo abbia deciso di farmi visita, ma anche oggi nessuna conferma di lavoro. Non so più se incazzarmi per la collezione di no, o continuare, tentare e ritentare, cadere ma trovare sempre un motivo per cercare altrove, in un luogo che aspetta solo che ci metta piede. Un lido roseo troppo poco probabile. Mi sento alle strette, sono in una casa dove si sente solo il rumore degli aerei che passano sopra i tetti, qualche uccello, nulla più; più silenzio mi circonda, più la paura mi soffoca. Vorrei reagire e dare una svolta positiva alla mia vita, una nuova ondata di esperienze, ma stando a casa più che bruciare i toast della mattina precedente non riesco a fare. "Tira fuori le palle" mi dico. Indosso le scarpe e, mi rimetto la giacca e scendo velocemente le scale. Non importa se le suole tra un po' si bucano, non m'importa se mi fanno male i piedi per quanto ho camminato in giro per la città con la speranza di trovare lavoro, non m'importa del male, del suo peso, del pessimismo. Non mi deve importare nemmeno di lei, non in questo momento, ora mi devo occupare dell'energia positiva, di trovare forza, di non crollare. 

"Ciao Andrea, come stai?" 

"Buongiorno Francesca, tiro avanti, può andare meglio, ma anche peggio. A te tutto bene?"

Sorride di sfuggita. "Tutto bene grazie, novità?"

"Stavo giusto uscendo, vado a incontrare un amico, se non ti spiace sono di fretta, buona giornata"

Accenna un saluto, scendo gli ultimi scalini e chiudo il portone centrale. Solo lei mi mancava, vive tutto il giorno dietro la porta aspettando tutte le occasioni utili per parlare con qualcuno. E tutte le volte devo inventarmi mille amici per sbolognarla. Passo oltre, ho una cartella con almeno 20 curricula stampati, di cui sono già cosciente 15 verranno cestinati appena  metterò piede fuori dal locale. Non m'importa, io ci devo provare. Tra quei cinque che si salvano ho una possibilità. Me ne basta una, figuriamoci cinque. "Positiva, sorridente, sicura di te". Mi guardo intorno, ecco un bellissimo bar dall'aspetto giovanile, provo ad entrare. 

"Buongiorno, volevo sapere se per i mesi estivi vi poteva comodo una mano in più, ho già lavorato dietro al bancone"

Una signora sulla cinquantina mi guarda interamente, con fare sul filo dell'altezzoso.

"Lasciami il curriculum" 

"Sì ecco qui, trova il numero in alto a sinistra, mi può chiamare quando desidera"

"Ti faccio sapere"

"La ringrazio, una buona giornata"

Sto per andarmene quando si volta nuovamente verso me.

"Ma hai parlato con mia figlia?"

"No, signora, non conosco sua figlia"

"D'accordo, buona giornata anche a te"

"Di nuovo"

Mi chiedo chi sia questa figlia, sicuramente avrà parlato con lei per qualche ragazza, sua amica, da impiegare nel bar, ma io son arrivata tardi, e non conosco nemmeno questa ragazza. So già come finirà. Conosco la parte a memoria.

 Alzo la testa e continuo a guardarmi attorno, dicono che chi inizia è già a metà dell'opera, che un viaggio di mille passi inizi con il primo, ma danno per scontato che l'opera e il viaggio siano giusti. Ho perso il conto dei viaggi fatti, delle opere iniziate, perché i sentieri percorsi erano sbagliati, avevo l'umore della fortuna a puttane. Sto ancora aspettando che si svegli col piede giusto.

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