Sette.

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Capitolo revisionato.

Apro la porta, con mano vacillante. Il mio cuore scalpita nel petto, e in un attimo è come se Michelangelo sia stato il primo ragazzo ad avermi invitata ad uscire. Ma non è normale. Così come non è normale che attraverso la maglia io possa intravedere il mio seno muoversi freneticamente.

Il dettaglio che più di tutti mi lascia perplessa è che ha passato la notte con un'altra; poi mi ha invitata a trascorrere la serata insieme, senza darmi tempo di capire la loro relazione. E la cosa non dovrebbe minimamente interessarmi; perché, tanto, è un semplice, banalissimo appuntamento.

Vero?

Sbuffo, chiudendo la porta e tremando dall'emozione, letteralmente. Per un ragazzo; che conosco da meno di un giorno. Che mi ha solo chiesto di uscire. Io, Alisya De Stefano, sto permettendo ad un ragazzo di farmi battere il cuore all'impazzata. Sei una delusione, ribatte il mio ego, amareggiato.

Sollevo lo sguardo verso l'orologio circolare e spoglio appeso alla parete del salone. Mancano meno di quattro ore. Sto facendo sul serio un countdown?

Mi rifiuto di riconoscermi. Niente di tutto ciò ha senso.

Entro nella camera di Perla, stiracchiandomi e strisciando i piedi sul pavimento. «Hola.».

«Bentornata. Ti sei ricordata di avere una casa?» -mi saluta, sorridente, mentre un piccolo senso di colpa per non averla avvisata mi attraversa con lentezza, facendomi provare un leggero imbarazzo. Perla è seduta accanto la scrivania; ripone dei fogli in una cartellina verde e fa girare la sedia con le rotelle, come se fosse una giostra.

«Tu devi raccontarmi un bel po' di cose.» -borbotto, indicandola e prendendo posto sul suo letto. Da quanto tempo non parlavamo di ragazzi? Troppo. «Quel Raffaele mi sembra un bel tipo.».

Sfilo le scarpe e, stanca morta, mi sdraio sul materasso, intanto che lei incrocia le gambe e rivolge lo schienale della sedia alla scrivania. «E' una lunga storia.».

«Parla, ti ascolto.» - rispondo, fissando il soffitto e cercando in tutti i modi di non addormentarmi.

«Allora...» - principia a parlare, soffermandosi sulla 'o'. Sospiro: sarà davvero una lunga storia. «Ieri sera, quando parlavi con uno sconosciuto, anzi, no» -si corregge- «eri incantata da uno sconosciuto, qualcuno mi ha picchiettato sulla spalla. Quel qualcuno, come puoi immaginare, era Raffaele.».

«Non l'avrei mai detto.».

«Mi fa 'Sei davvero bella, sai?' e sembrava sincero, non arrogante. Così ci siamo seduti sugli sgabelli attorno al bancone centrale, e...» -fa una pausa, accarezzandosi nervosamente i ricci- «e ci siamo presentati. La musica era assordante; così, dopo aver ballato un po', abbiamo deciso di andare fuori a parlare.

Non accennava ad abbracciarmi, non faceva niente ed era una veeera noia! Così ho preso coraggio, mi sono avvicinata, gli ho messo le mani sulle guance e, mentre stavo per baciarlo, indovina!?».

«Ma come, stavi per baciarlo?» -domando, sconvolta. «Ma non è normale, Perla!».

Alza gli occhi al cielo, rispondendo alla sua stessa domanda. «E si è allontanato!» - sbotta, agitando le mani.

Scoppio in una fragorosa risata, non riuscendo a contenermi. «Mi sembra ovvio, lo stavi importunando!».

Scrolla le spalle, come se ciò che ho detto non sia per niente vero. «Rossa dalla vergogna, mi scuso e gli dico che devo andare.»

«Ed ha lasciato che te ne andassi?».

Mi guarda, avvilita, e annuisce. «Poi sono andata verso la macchina, ed ho sentito dei passi.».

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