capitolo 2

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"Luke!" urlò James. "Dove sei?" urlò ancora. Era appena tornato da un'uscita con i suoi amici quando cominciò ad urlare per la casa, chiamando e cercando il ragazzino, che però non aveva le forze di difendersi, di nascondersi dalle torture e dalle violenze del padre. Semplicemente, uscì dalla cameretta quando si sentì chiamare per la terza volta, le occhiaie a segnargli il contorno degli occhi, la sua pelle era più lattea del solito e si faceva sempre più piccolo ogni volta che il padre lo vedeva.

"Eccomi." sussurrò Luke, la voce roca per le lacrime e la paura. Infondo, aveva solo tredici anni e aveva il diritto di divertirsi con i suoi amici, che non aveva.

Quando il padre lo vide, sul suo volto si formò un sorriso a dir poco maligno, che fece rabbrividire ogni parte del corpo del ragazzino. "Finalmente." disse James afferrando con forza e prepotenza il figlio ormai distrutto, strattobandolo e portandolo verso il bagno, dove la maggior parte delle volte Luke subiva le violenze del padre.

Quando Luke senti la serratura della porta scattare, capì che un'altro incubo era iniziato, e che era arrivato il momento di soffrire e tacere di muovo. Il ragazzino dai capelli biondi chiari deglutii prima che la grande mano di James segnasse la guancia del figlio, stampando su di essa la forma di una mano perfetta. Voleva reagire, Luke, ma non ce la faceva e il padre lo precedeva in ogni movimento, segnando anche l'altra guancia con forza e violenza falle nocche della stessa mano. La paura lo stava mangiando vivo, perché pensava che ogni volta sarebbe stata l'ultima, perché credeva che il padre lo avrebbe ucciso prima o poi. Ma lo stava già facendo, lo stava facendo da due mesi in uno dei modi più lenti, forti e brutti a questo mondo.

Luke giaceva a terra, il viso dolente e le lacrime calde e piene di paura che lo bagnavano. James non ci pensò più di due volte a strappare con violenza la cintura del figlio, togliendogli allo stesso modo quei jeans che la mamma gli aveva regalato al compleanno l'anno prima. Niall piangeva, forte, ma doveva tacere altrimenti il padre gli avrebbe solo fatto più male. "Sta zitto, Luke!" urlò brutalmente, facendo sedere il figlio su uno sgabello del bagno per inginocchiarsi avanti a lui, prendendo la sua erezione in bocca.
Teneva i polsi del figlio con forza, chiusi in una mano perché l'altra doveva avere il diritto a viaggiare sulle gambe nude e fredde, macchiate dai lividi o succhiotti lasciati dal padre, che appena finì il suo 'lavoro' tirò i capelli al figlio.

Quando James uscì dal bagno, dei forti conati presero vita nello stomaco del povero Luke, facendolo accasciare a terra per rimettere tutto ciò che non aveva mangiato in quei ultimi due giorni.

Afefobia || Lashton Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora