Il primo contatto

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Pianeta terra.
Primo giorno terrestre dalla connessione con il mio SAI.
Nessun problema con l' attuale collegamento.
Temperatura 25 C°. Riscaldare di 1.7 gradi.
Visuale ottima.

Silenzio.
Solo silenzio.
Immenso silenzio.
Assordante silenzio.
Insopportabile silenzio.

Queste erano le uniche sensazioni che si percepivano quando ci si collegava ad un SAI.

Oltre al silenzio: nulla. Era come non esistere. Non essere mai nati, mai vissuti. Non si percepiva caldo, freddo, pressione, gusti, luce. Solo silenzio. Era l' unica cosa che si riusciva ad identificare ed era l' unica cosa a cui aggrapparsi per non impazzire.

Poi un suono. Suono di aria che fruscia. Suono di aria che vibra.
Il sono di un respiro...

Sebbene fosse profondamente metallico suonava quasi vero.

Quando la luce iniziò a filtrare fra le ciglia, i miei occhi da umana si svegliarono per la prima volta.

Sondai velocemente il territorio circostante: ero in una stanza talmente bianca da risultare quasi abbagliante. Le sei pareti, senza una macchia, erano prive di qualsiasi finestra o oggetto, tranne che un normalissimo specchio.

Posai un piede a terra. La mia pelle, pallida, si confondeva con il pavimento del medesimo colore.

Appoggiai anche il secondo e mi alzai in piedi. Mi stiracchiai un attimo e mi diressi verso lo specchio.

Feci qualche passo, ancora attaccata ai cavi che mi collegavano al SAI.
Nonostante il mio corpo fosse stato creato apposta per affrontare l' enorme gravità presente sulla Terra, non potei fare a meno che rimanere sorpresa da quella immensa pressione che dovevano costantemente subire degli esseri deboli come gli umani.

Arrivata di fronte alla superficie riflettente, grande appena per contenere l'intera figura del mio nuovo corpo, iniziai a scrutare le mie braccia, le gambe, poi il profilo del volto incorniciato da capelli neri, le labbra rosee e gli occhi azzurri.
I vestiti erano larghi e bianchi, di un materiale sofficissimo.

Le mani a cinque dita erano rigide lungo i fianchi, lo sguardo che avrebbe gelato una stella.

La figura di fronte a me si muoveva seguendo alla perfezione i miei movimenti. Ogni espressione del volto, ogni impercettibile tensione muscolare, era racchiusa in quella immagine senza anima, separata da me solo da qualche centimetro di distanza.

Era la prima volta che vedevo il mio nuovo aspetto.
I miei tatuaggi, quelli che mi distinguevano dai normali abitanti del pianeta, quelli che intimorivano e affascinavano ogni volta che si vedevano, erano scomparsi.

Ero Anna. Colei che avrebbe distrutto il pianeta.

La mia testa si girò di scatto quando sentii un rumore provenire dal capo opposto della stanza.

Un' aliena alta circa 2 metri, dai corti capelli verdi ed occhi totalmente neri, si avvicinava a me, camminando con passo lento, finché non mi fu di fronte.

Riconobbi la mia unica amica. Che cosa ci faceva ancora sulla terra?
Le sferrai un calcio che andò pienamente a segno. Il mio piede, però, affondò nell' aria e capii.

<<Ciao Anna, sono l' ologramma numero 589. Ho assunto le sembianze della mia creatrice.
Gestisco tutto quello che si trova in questa casa. Puoi rivolgerti a me per qualsiasi cosa. Ogni funzione di questa struttura è gestita unicamente da comandi vocali, per evitare eventuali intrusi. Per qualsiasi problema con l' apparato vocale sarà possibile usufruire di altri metodi di riconoscimento fino alla riparazione. Vuoi darmi un nome?>>

AlienaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora