Capitolo 1: Il ciondolo celato -Skyler-

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<Mi chiamo Skyler Amberton. Ho appena compiuto sedici anni. Vivo a Seattle con mia madre, Emma Jhonson>, risposi all'ennesimo poliziotto mentre continuava l'interrogatorio. Strizzai gli occhi per la tensione mentre mi asciugavo una gocciolina di sudore sulla fronte.

<Cosa ci facevi in quella gioielleria questa mattina? Non saresti dovuta essere a scuola?> Strofinai le mani sudate sui jeans strappati mentre cercavo di formulare una risposta convincente.

Vi spiego un po' meglio. Era il 16 Gennaio, quel giorno avrei compiuto sedici anni; il mio ragazzo, Dallas Sherwood, voleva comprarmi una catenina o un braccialetto, insomma, un regalo. Così decidemmo di saltare la scuola. Entrammo in gioielleria e demmo un'occhiata in giro finché lui trovò una collana abbastanza carina. Mi chiamò ed io andai a guardarla.

Era fatta d'oro placato ed aveva anche un orologio piccolino di quelli che si possono aprire. Il coperchio, se così si può chiamare, aveva una piuma incisa. Premendo il pulsantino sul lato del ciondolo si apriva sul quadrante dell'orologio. Le lancette erano caratterizzate da dei ghirigori floreali così come il quadrante. A segnare l'ora c'erano quattro pietre grigiastre. Tutte tranne quella di mezzogiorno. Quella era per metà bianca e metà nera.

Lo presi tra le mani e quello cominciò a impazzire. Le lancette cominciarono a girare e le pietre a luccicare di tutti i colori presenti nell'arcobaleno. Senza pensare al fastidioso rumore penetrante delle lancette! Non sapevo che gli fosse preso, mi limitai a stringerlo forte ma quello iniziava a scaldarsi, agitandosi nelle mie stesse mani.

Inaspettatamente, senza che noi sfiorassimo nulla, suonò l'allarme e tutti i vetri si frantumarono in mille pezzi. La commessa, che prima era dietro al bancone per sistemare le merci, balzò fuori gridando <Prendeteliiiii!> peccato che non ci fosse nessuno.

Il negozio era un labirinto di teche dove erano adagiati gioielli chiusi a chiave. Sia io che Dallas eravamo in preda al panico, chiunque avrebbe provato ansia e paura in una situazione del genere. Cominciai a sudare e mi concentrai sul da farsi. Dallas non era proprio un angioletto e la polizia lo aveva fermato svariate volte per risse e altre cose di poco conto ma che, messe insieme, potevano bastare a rinchiuderlo in riformatorio.

Allora gli dissi di fuggire, io mi sarei arrangiata. Lui mi prese tra le braccia e mi baciò. Lo spinsi indietro e gli dissi che non era il momento; non volevo essere sgarbata, insomma, rendetevi conto della situazione. Dallas mi guardò e sorrise mentre usciva fuori, la commessa nel frattempo aveva chiamato la polizia. Decisi di rimanere lì perché fuggendo anch'io avrei solo aggravato la situazione.

Poi feci una cosa stranissima, non volevo nemmeno farla. Era come uno strano impulso, quasi fossi controllata da una forza esterna. Mi avvicinai verso la commessa che a sua volta, invece, arretrava, e le mormorai <Tu hai visto solo me e nessun'altro>. La povera donna, probabilmente spaventata annuì e ripeté le mie parole. Poco dopo i suoi occhi brillarono di una sfumatura ambrata, ma fu una cosa veloce, come un lampo.

Arretrai sconcertata dall'accaduto e distrattamente lasciai cadere la collanina. Mi tremavano le mani. Non mi sentivo più me stessa.

Ricordo solo che arrivai alla centrale di polizia sulla loro auto e nient'altro. Probabilmente ero svenuta.

<Ero entrata giusto per vedere qualcosa, fu in quel momento che irruppe un ladro incappucciato a fare razzia. La donna di servizio non ha visto nulla semplicemente perché era indaffarata a riporre le merci negli scaffali.> Mi sembrò abbastanza convincente per discolparmi.

<Tua madre lo sa?>, dubitò il poliziotto.

Mi scappò uno sbuffo. Non avevo minimamente considerato mia madre. Se dovessi finire nei guai come potrei spiegarglielo? Non sapeva nemmeno che avevo saltato la scuola! Poi pensai, e se provassi lo stesso trucco che avevo usato con la commessa?

Cronache delle Terre d'Oltremare: Il Sorion celatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora