5.

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Louis-

<<Bene Louis, adesso scendi dal letto e andiamo a mangiare.>>

Alla parola "mangiare" il mio pancino fece salti di gioia. Era tanto che non facevo un pasto decente, ma d'altronde non potevo permettermi nulla, nemmeno una bibita. Lui mi levò le catene e con trepidazione scesi dal letto, e mi misi in piedi. Le mie gambe tremavano, ma data la paura che prima avevo lo ritengo normale. Vedo Daddy tendermi la sua mano, e io con la mia l'afferro, per poi dirigerci verso la cucina. La casa di Harry è grande, enorme, immensa. Sembra un castello, di quelli perfettamente arredati, mezzo moderno e mezzo antico, tutto bianco, ma non sembra un ospedale o cose del genere.

Attraversiamo assieme un corridoio lungo e largo, poi circa a metà c'è una scala e la scendiamo. Adesso siamo in salotto, che è anche quello grandissimo, con un televisore grosso come lo schermo di un cinema. Poi andiamo verso sinistra, ed eccoci in cucina.

<<Woah..>> Mi faccio scappare dalle labbra, drizzando le orecchie.

<<Cosa, Louis?>> Mi chiede Harry serio, guardandomi dall'alto verso il basso.

<<Non ho mai visto così tanto cibo...>> Mi avvicino al tavolo, e la voglia di buttarmi di faccia in una torta che è praticamente di fianco a me non è poca. Poi sento qualcuno avvicinarsi a me da dietro, e prendere la mia coda in mano. Mi giro di scatto, e sussulto ritrovandomi Daddy addosso, e le sue mani sul mio sedere.

<<D-Daddy...cosa fai?>> Sento il mio faccino bollire, sicuramente sono rosso come un pomodoro.

<< Non posso toccarti, bel micino?>> Lui si avvicina a me,incastrando il suo viso nel mio collo e poi premendo il suo possente corpo al mio esile e morbido. Sento il suo calore mischiarsi col mio, il suo respiro bollente riscaldarmi, e i suoi lunghi ricci ambrati farmi solletico.

Sto esplodendo, questo è sicuro. Le sue enormi mani mi accarezzano la coda, passando le dita fra i peli e tirandoli leggermente. Questo mi fa impazzire, e per me è tutto nuovo, quindi in preda ormai al piacere comincio a fare le fusa, appoggiandomi completamente a lui, che era comunque rimasto impassibile davanti alla mia reazione esagerata.

Poi dalla coda passa alla vita, spostando le mani sul mio corpo e toccandomi tutto.

<<Facciamo colazione micino?>>

<<Si Daddy>> Entusiasta, gli rispondo con un sorriso.

<<Bene.>>

Lo vedo sedersi a capo tavola, su una sedia che più che una sedia sembrava un trono, e lo seguo, sedendomi su una sedia un po più piccola posta alla sinistra del trono di Daddy, e guardandomi in giro per vedere cosa c'era da mangiare, ma la mia attenzione la spostai subito su di lui che mi stava fissando.

Ma mi fissava con un espressione infuriata, era nero dalla rabbia. I Suoi occhi erano verde scuro, non più il bel color giada.

<<D-...D-addy?>> Gli chiedo con un filo di voce.

<< Da quando in qua i gatti si siedono a tavola?>> La sua voce, più roca e più scura che mai, totalmente disprezzante, che mi spezzò il cuore.

Abbassai le orecchie, e la mia espressione passò da felice a triste in un batter d'occhio,e non sapendo chiedo a Daddy che mi stava guardando malissimo cosa dovessi fare, mentre trattenevo le lacrime, perchè sinceramente pensavo che almeno lui mi trattasse come una persona, non come un gattaccio, come facevano quelli delle aste di Kitten.

E in risposta ricevetti un << Per terra, dove i gatti devono stare.>>

Deluso come pochi mi alzo dalla sedia, per poi inginocchiarmi per terra, vicino a Daddy.

Lui mi stava guardando sprezzante dall'alto verso il basso, poi portò una mano sulla mia testa e la accarezzò.

Sapevo benissimo quello che dovevo fare. Dovevo stargli inginocchiato accanto, allungando la mia mano ogni tanto per chiederli un pochino di quello che stava mangiando, sempre se me lo dava.

Passai mezzora così, e lui qualcosa mi diede, giusto per tirare fino a mezzogiorno. Ma almeno mi accarezzava e mi sorrideva, e a me andava bene.

Poi finito di mangiare mi prese in braccio, e mi accarezzò, mentre guardava il telegiornale. E finito il momento delle coccole, mi rimise per terra, poi con le sua gambe lunghe se ne andò, sparendo da qualche parte, lasciandomi solo con me stesso, dicendomi che ci saremmo rivisti a pranzo.

E da li io capì come sarebbe stata la mia esistenza con lui, e che mi voleva bene.

Ma capì anche che per lui ero solo un gatto.

Il Ladro di Dolci - Larry Stylinson /SMUT/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora