Capitolo Sette

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I don't even know where to start

'cause you can't bandage the damaged

You never really can't fix a heart.

[Demi Lovato, Fix a Heart]



« Caffè? »

Annuii, sorridendole cortesemente. Lei versò il liquido dentro una tazza blu, leggermente sbeccata qua e là, e me la porse. Aveva lo stesso sorriso rotto di Lily, la stessa pelle bianca: lo sguardo non era lo stesso, era più caldo, accogliente, color miele. Era stretta in un vecchio maglioncino sformato, che probabilmente un tempo era di un bell'azzurro pastello, mentre i capelli striati di grigio erano tirati indietro sulla fronte da una pinzetta rossa. Mi aveva spiegato che Lily le aveva parlato di me, e quella mattina aveva trovato un foglietto con appuntato il mio nome e il mio numero. Non sapevo quando come Lily l'avesse preso, ma mi fece piacere sapere che forse se n'era andata col pensiero di tornare da me, cercarmi di nuovo.

« Quanti anni hai, Jack? »

« Diciotto. »

« Sembri molto più grande, sai? » mi sorrise, stringendosi un po' nelle spalle.

« Me lo dicono tutti » stavolta fui io a sorridere, prendendo un sorso dalla tazza. C'era un retrogusto di miele, probabilmente l'aveva messo per addolcirlo, al posto dello zucchero. Era buonissimo.

Ci furono un paio di minuti di silenzio. Iris stava stretta nel suo maglioncino, a guardare persa il vuoto, con una strana smorfia sul viso. Probabilmente stava scegliendo con cura le parole da dire. Mi raddrizzai sulla sedia senza farmi notare, piano, e mi preparai ad ascoltarla; fino a quel momento avevo pensato a Lily, a dove potesse essere e a quando avrei potuto vederla, senza realizzare appieno quel che Iris mi aveva detto al telefono, e di quanto le costasse parlarmene.

« Vedi, Jack, come ti ho detto al telefono, Lily è una ragazza particolare. E di certo non può esserti sfuggito, sei un ragazzo piuttosto sveglio. »

Annuii, senza capire. Certo che Lily è un ragazza particolare, pensai, è bella da mozzare il fiato. E' crudele, ma non ho mai conosciuto tanta tenerezza quanto quella che mi ha trasmesso quando mi ha fatto quella strana richiesta, quando mi ha chiesto di non lasciarla sola prima che si addormentasse. Certo, è strana, mi ha puntato contro un frammento di ceramica nel tentativo di difendersi perché non mi aveva riconosciuto, ma si era appena ripresa da una sbronza, no? Era giustificabile il fatto che non si ricordasse di me, non è vero?

Improvvisamente, diecimila domande mi si accavallavano nella testa mentre Iris tirava un profondo respiro e continuava a parlare con voce flebile: « Ha una... malattia. Una malattia brutta, che comporta sbalzi d'umore, crisi isteriche e, alle volte, sdoppiamento di personalità. »

Mi girava la testa. Mi mossi irrequieto sulla seggiola, ripensando a quei sintomi che avevo vissuto sulla mia pelle. Avevo dato la colpa all'alcol, al suo modo di comportarsi o a qualche sua strana paura, e avevo superficialmente pensato che l'unico aiuto di cui avesse bisogno era di qualcuno al suo fianco, qualcuno che l'amasse. Ora capivo che, invece, l'aiuto di cui aveva bisogno era serio, ora capivo perché scappava, perché voleva stare sola. Perché l'avevo sempre incontrata ubriaca, o fin troppo pacata e calma per non essere sotto effetto di psicofarmaci.

« Cerco di tenerla lontano da tutto e da tutti per evitarle sofferenze, essere etichettata come 'la ragazza pazza' ed essere esclusa per questa sua diversità. Ma soprattutto cerco di evitare che faccia del male a qualcuno, perché può diventare pericolosa, e spietata. »

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 25, 2016 ⏰

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