2 am and drug running through my veins

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Ti guardo in silenzio: mi ha chiedo dove tu sia adesso. Fisicamente sei lì, davanti a me, lo sguardo basso, i capelli umidi che ti cadono sul volto, la maglia rossa che ti si è appiccicata sul petto, i calzoni neri rotti sulle ginocchia sbucciate; sei caduto dal motorino settimane fa, eppure le ferite sono ancora lì, visto che ti ostini a voler continuare a giocare a calcio. Te l'ho sempre detto, sei ventidue anni buttati nel cesso.
Mi stai sfuggendo tra le dita un'altra volta Giacomo, ti sento scivolare lontano da quello che siamo insieme. Mi chiedo se sarà la tua ultima fuga o se tornerai.
Siamo nella vasca da bagno di casa tua, soli in un appartamento minuscolo che improvvisamente si è fatto enorme per noi due soli; non so che ore siano, forse le tre e mezza del mattino, non sono sicura, le uniche luci che scorgo da fuori la finestra sono quelle dei lampioni e gli unici rumori che sento sono il tuo respiro lento e sul punto di rompersi, qualche clacson, un'ambulanza in lontananza.
Ti ho appena detto che ti ho tradito.
Non sembri reagire, neanche io all'apparenza; entrambi strafatti, siamo stati in giro con i tuoi amici fino a un'ora fa, fino a quando non mi hai implorato di andare a casa, avevi voglia di farlo, non potevi aspettare dopo due settimane di astinenza, dopo quelle due settimane dove non ci siamo rivolti la parola, evitati per i corridoi dell'università, cancellato i numeri convinti che non saremmo mai tornati insieme, a piangere la sera che ci mancavamo troppo per addormentarci, risvegliarci il mattino dopo con la determinazione di ricominciare... ma ricominciavamo sempre l'uno dall'altro. E così dopo due settimane finalmente avevamo ricominciato, punto e capo. Avevamo fumato fino all'inverosimile, riso come matti, ero inciampata tra le scale nei tuoi piedi mentre tu ridevi, ridevi e mi sussurravi che ero una cogliona, avevamo faticato ad aprire la porta e poi ci eravamo baciati finchè non ci eravamo buttati nella vasca da bagno e avevamo aperto l'acqua calda, faceva freddo. Il sapore delle tue labbra, le bocche secche per aver fumato erba, il tuo profumo, e quella confessione che avrei voluto tenerti nascosta, ma che non ero proprio riuscita a tenere per me.
Ti ho tradito con il tuo migliore amico, una volta, in quelle due settimane.
Ero ubriaca Giacomo, è quello che vorrei dirti come attenuante. Vorrei spiegarti che non ricordo nulla e che l'ho baciato perchè mi ricordava te, perchè mi mancavi come manca l'aria a un nuotatore a fine vasca, perchè ero in apnea e stavo soffocando, perchè avevo bisogno di una spalla su cui piangere. Mi aveva invitato a casa sua per bere un po' e parlare di te, di come rimettere a posto la situazione, ma alla fine eravamo finiti a letto per colmare l'uno i vuoti dell'altro, io il tuo vuoto e lui quello di Sara, la ragazza che era morta pochi mesi prima in un incidente d'auto, lasciandolo solo con un lutto più grande di lui da sopportare.
Vorrei sapere dove sei, a cosa stai pensando, vorrei mettermi a piangere e tenerti vicino a me per non farti fuggire, ma ti sento già distante chilometri da me. Ti sto cercando, sono nel buio e brancolo alla ricerca di uno spiraglio di luce che mi indichi dove trovarti, ma tu non ci sei, non sei da nessuna parte, corri già verso Paesi lontani dove io non possa incasinarti la vita, dove poter ricominciare per davvero. Punto e a capo, ma senza di me.
Ti sono sempre piaciute le cose imperfette, gli errori, perchè ti piace fare pace e ritrovare un  equilibrio dopo un periodo di incomprensioni, ma questa volta sento di aver rotto qualcosa di grosso, troppo affinchè si possa riparare tutto.
All'improvviso alzi lo sguardo e trovi il mio: hai delle gocce d'acqua sul viso, gli occhi rossi, profondi, mi uccidi con lo sguardo; non posso fare a meno di mordermi le labbra e lasciare che le lacrime scorrano a pulirmi dei miei peccati; come se due gocce salate potessero purificarmi dal male che ti sto facendo, che ci sto facendo, quando nemmeno l'intero oceano basterebbe a pulire le macchie di sangue che ti si aprono sul petto in questo momento.
Non ti muovi, continuiamo a guardarci e basta: non sono quasi mai servite tante parole nel nostro rapporto per capirci, bastavano quei pochi sguardi a captare quello che era necessario.
Improvvisamente ti avvicini, tremi terribilmente, e mi baci, ricominci da dove avevamo finito, premi con passione e forza la tue labbra sulle mie, le lacrime che si mischiano alla saliva, le tue mani che stringono e premono sul mio corpo inerme e stupito da quel contatto così inusuale e al tempo stesso così agognato, sembri voler ritrovare i punti dove Marco mi ha toccata per sottolineare con le tue mani il fatto che ti appartengo, che sono tua fino all'ultimo atomo, ci provi, con la forza delle tue sole mani provi a togliere quelle macchie indelebili dal mio corpo, lo percepisco, stai cercando di passare sopra tutto quello che ho fatto, stai cercando di iniziare di nuovo, ignorare quello che in realtà ti sta uccidendo. Ma la verità è che non ci riesci, Giacomo.
E scoppi a piangere insieme a me, sfinito, perchè devi spostare una montagna con le tue sole forze e non ce la fai, non riesci nemmeno a smuoverla di un millimetro, perchè quella montagna era casa tua fino a un attimo fa e adesso la devi allontanare.
Sento l'abisso diventare più profondo ogni secondo che passa, non riusciamo a colmarlo, nonostante vogliamo entrambi rimanere ancorati l'uno all'altra, sicuri soltanti della presenza reciproca nel futuro immediato; non siamo pronti a buttare via tutti quei sogni, tutti quei piani che avevamo fatto, eppure sembrano andare a fuoco irrimediabilemente, è un incendio enorme che cerchiamo di domare con un secchiello d'acqua.
E stiamo andando a fuoco noi due, Giacomo. E stiamo diventando cenere.

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