Capitolo II - La zona proibita

13 1 1
                                    

Il lungo e tortuoso sentiero fangoso mi condusse sulla cima delle colline, da cui potetti finalmente intravedere i ruderi delle vecchie case tra la secca sterpaglia in lontananza. Procedetti per altri due o tre chilometri fino alla recinzione che delimitava la Zona Proibita, completamente avvolta in una gelida foschia. La rete era aperta in più punti, mentre sul portone d'ingresso era riportato un preoccupante monito: "Attenzione, Area Vietata. Pericolo di Crolli. Contaminazione Alta. Vietato l'Ingresso Senza Autorizzazione Governativa".

Mi feci coraggio ed entrai scoprendo che si trattava di una vecchia città abbandonata. Dapprima calpestai un terreno acquitrinoso, stracolmo di frammenti di vetri e mattoni, poi dovetti fare attenzione a non infilzare i piedi su fili di ferro sporgenti, o tagliarmi le caviglie tra le lamiere che sbucavano dai blocchi di cemento ricoperti di muschio. Tutt'intorno c'erano rottami di vecchie automobili e abitazioni crollate spettralmente avvolte da una tenue foschia che non lasciava presagire nulla di buono. Paralizzato dalla tensione, procedetti lentamente temendo l'imminente agguato di ostili presenze. Cercai di non farmi sopraffare dal panico, nonostante mi scendessero continui brividi di terrore lungo la schiena e sudore a freddo dalle tempie.

Dopo più di un'ora di indagini tra le desolate vie, in compagnia soltanto di grossi scarafaggi e fastidiosi insetti, mi ritrovai nell'ampio piazzale segnatomi da Henry sulla mappa, pieno di erbacce, auto arrugginite e circondato da vecchissimi pali della luce piegati dal vento. Senza esitare mi diressi in quel che restava del municipio cittadino. Varcai il vecchio portone accedendo in un grande stanzone avvolto da ragnatele intessute probabilmente da enormi ragni. L'aria era fortemente appesantita dall'odore nauseabondo di carne andata a male, segno tangibile della presenza di vita e di morte. Rovistai velocemente nei cassetti delle vecchie scrivanie senza trovare traccia di quell'aggeggio elettronico ordinatomi da Henry. Imprecando nervosamente, proseguii all'interno di altre stanze attraverso un corridoio immerso nella penombra, fino ad un impolverato laboratorio, pieno di strani macchinari che esaminai con grande curiosità. Pensai finalmente di essere giunto nel posto giusto. Sui tavoli c'erano monitor e tastiere ormai inutilizzabili di enormi calcolatori deformati, lungo le pareti giacevano rovesciati altri macchinari come se qualcuno li avesse lanciati per aria con una forza inaudita. Tra la fanghiglia del pavimento emergevano resti di grossi libri e quaderni incrostati, penne, oggetti d'ufficio e quintali di carta ammassata e stratificata in un impasto umido e maleodorante. Negli angoli bui notai persino resti scheletrici di topi, vestiti umani avvolti nella muffa ed escrementi rinsecchiti. Senza rendermene conto, immedesimato nella ricerca, persi l'orientamento dei miei spostamenti e mi ritrovai di stanza in stanza, nel ventre buio di quel palazzo fatiscente. Fu proprio in quell'istante che percepii l'eco vicino di passi felpati che mi spinsero istintivamente a tornare indietro sui miei passi. Brancolai nel buio tastando le pareti fino a quando, una mano scheletrica, mi avvinghiò la spalla destra, scatenando per reazione di irrefrenabile panico. Mi divincolai correndo alla cieca verso la fine del lungo corridoio. Credendomi ormai salvo, inciampai rovinosamente in una trave crollata. Mi ritrovai col volto sepolto nella polvere e il terrore negli occhi. Strisciai verso l'uscita, mentre la mostruosa presenza mi afferrò le caviglie cercandomi di trascinare nuovamente verso le tenebre. Scalciai resistendo alla sua presa, saldamente afferrato ad un piede di un pesante mobile. Sentii la pressione di quelle dita sottili ed il suo alito maleodorante e gelido soffiarmi lungo la schiena, fino a quando ormai sul punto di cedere, apparve la sagoma di un uomo dalla porta d'uscita. Pensai che fosse finita, vittima di un agguato fatale. Con grande sorpresa, egli puntò un fucile a canne mozze contro l'essere famelico sparando due o tre colpi assordanti che lo ferirono e misero in fuga. Mi rialzai aiutato dalla sua forte presa e scappai al di fuori del palazzo.

«Sbrigati! Corri!» mi urlò concitatamente.

Lo guardai attonito, quasi schioccato. Era un uomo sui cinquant'anni, col viso barbuto ma dallo sguardo buono. Mi esortò ancora a seguirlo: «Allontaniamoci da qui, potrebbero arrivarne a decine!»

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 11, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

OltreTerra - La Follia umana, ultima arma per la sopravvivenza.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora