Una settimana e un'influenza dopo faccio ritorno al parco, per ben due volte, ma di Occhi-scuri non c'è traccia. Non che si tratti della prima cosa a cui penso quando mi siedo sulla mia altalena e infilo il mento nel mio cappotto nero, per cercare di stare un po' più calda. Apro la borsa e, alla coppia tutta distrutta di Anna Karenina, decido di arraffare quel piccolo libro marrone, con la copertina ruvida punteggiata di piccoli boccioli di rose e rondini. Leonardo Da Vinci diceva che la pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede e io, in questo pomeriggio freddo e buio, ho bisogno di sentire. Il lampione alle mie spalle rischiara la nuvola di vapore che sale verso il cielo dopo esser sfuggita alla mia bocca mentre apro la mia copia dei "Cento sonetti d'amore" di Pablo Neruda.
Scorro le poesie, una dopo l'altra, e lascio che l'armonia e la musicalità di quelle pagine mi entrino dentro come il pungente vento che sta sferzando Milano. Arrivo alla poesia numero IV e l'ultima terzina mi sta urlando di essere capita, di essere analizzata, di essere letta per davvero. Un sorriso mi sfugge mentre tolgo il mio evidenziatore giallo dalla borsa e evidenzio quei tre versi prima di rileggerli da soli, come si trattasse di una poesia nella poesia.
"Quella volta fu come mai e come sempre:
andiamo lì dove nulla v'è che attenda
e troviamo tutto ciò che sta attendendo."
Il mio sorriso si spegne dopo che i miei occhi hanno ripercorso tutta la lunghezza di quel periodo. Uno schiaffo, in pieno viso, alla sprovvista. Ecco l'effetto che quelle parole fanno al mio cuore, che inizia ad accelerare come se si fosse spaventato. Ed effettivamente è quello che succede: si spaventa, mi spavento, per la presa di coscienza che quelle parole mi hanno ricordato solo un paio di occhi.
Mi lascio sfuggire uno sbuffo e alzo gli occhi al cielo, perché prendere in giro me stessa non mi è mai piaciuto e lo sto facendo da giorni ormai. Ho finto di non addormentarmi pensando a quanto era strano essere così vicino a lui da sentire l'odore del suo respiro nonostante quello della pioggia impregnasse persino i miei capelli. Ho finto di non sorridere mentre scaricavo la lavatrice, perché mi tornavano in mente i pensieri che mi avevano travolta quando mi sono voltata e l'ho visto ancora lì, dall'altro lato della strada, che guardava nella mia direzione. Ho finto, che non mi interessasse niente. Ho finto, di non cercarlo tra le mamme che aspettavano i bambini presi a giocare nell'erba nonostante il freddo durante quei due giorni in cui sono tornata al parco e di lui non ho visto nemmeno l'ombra. Ho finto, che niente e nessuno potesse toccarmi, e ora vedo lui pure in una poesia che ho riletto dieci volte e non mi ha mai trasmesso nulla fino a questo momento. Ho finto, che il muro fosse stato ristrutturato da quando lui era riuscito a far crollare qualche mattone. E invece no, il muro è ancora più in bilico, i miei occhi lo cercano tra la folla e l'influenza che mi sono presa non me lo ha fatto maledire per avermi convinta a provare l'ebrezza di correre sotto la pioggia chiudendo l'ombrello. È riuscito a farmi chiudere non solo l'unico riparo che avevo per proteggermi, ma mi ha persuasa a correre più veloce dei miei demoni, che mi inseguivano per cercare di rinchiudermi ancora in quella stanza buia da cui sono dovuta scappare quel giorno. È riuscito a farmi vivere una vita intera in quei brevi minuti che ho trascorso correndo sotto la pioggia da sola.
NO.
Chiudo di scatto il libro, lo lancio in borsa e mi alzo, scuotendo la testa, come per allontanare i pensieri, come per schivarli e non permettere alle loro punte di freccia pungenti di colpirmi, di trafiggermi. A passo svelto mi avvio verso casa, perché oggi quel parco non è il mio posto segreto. Oggi quel parco funge da specchio, e io non sono ancora pronta a vedere riflessa la consapevolezza che si, l'indifferenza che ha sempre sigillato il nostro rapporto si sta affievolendo.
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swing | #Wattys2016
FanfictionMi ha consumata, come una sigaretta posata inerme su un posacenere, lasciata ad attendere qualcuno che le desse una vigorosa aspirata. E invece nulla. Una fine che si protrae lenta, è quella di una sigaretta che si fuma da sola. Autocombustione. Si...