Capitolo 5.

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Passarono altri tre mesi e la mia vita iniziò gradualmente a stabilizzarsi. Col passare del tempo cercai di abituarmi alle cose nuove; ogni tanto ero in preda allo sconforto ma non mi sentivo più perduto, non avevo altro che me stesso e non avrei perso la testa. Nei giorni che seguirono quel pomeriggio nella sala comune, non feci altro che cercare quei cinque ragazzi per i corridoi della casa. A volte uscivo dalla mia stanza solo per fare giri solitari e con la viva speranza di vederli di nuovo, sentivo il bisogno della loro vitalità e non riuscivo a non pensarci, ma erano come spariti. Lanciavo sguardi alle porte aperte delle stanze, giravo tra i tavoli della cucina e spesso me ne stavo da solo nella sala comune per ore, con la speranza che arrivassero, ma niente. Ad un certo punto iniziai a pensare fossero stati frutto della mia immaginazione, forse avevo bisogno di aggrapparmi a qualcosa e di sfuggire alla realtà, tanto da materializzare quelle cinque figure umane. Non riuscivo a darmi risposte e mi sentivo strano, completamente preso da un unico pensiero fisso che mi teneva il cuore caldo e la mente in disordine.

Un pomeriggio di marzo decisi di uscire nel piccolo giardino. Era una giornata piacevole e si percepiva ogni tanto del venticello fresco. C'erano alcuni ragazzi seduti sul prato che suonavano qualcosa o se ne stavano in gruppo a fare quattro chiacchiere. Erano più grandi di me ma i loro volti mi erano familiari; col passare del tempo iniziai a riconoscere le persone che vivevano in quella casa con me, alcuni di loro erano anche gentili e ogni tanto ci scambiavo qualche parola. Quel giorno in giardino me ne stavo seduto su un tronco a godermi l'aria piacevole e la musica in sottofondo, ero rilassato e privo di ogni timore. Ad un certo punto si sedette affianco a me una ragazza, non mi accorsi immediatamente della sua presenza, avevo gli occhi chiusi e la mente vuota, ma dopo qualche secondo mi accorsi di lei e quasi sobbalzai quando la vidi. Era proprio lei, riconobbi immediatamente quei capelli rosso fuoco. Assunsi un'espressione smarrita e confusa ma subito mi sorrise. Era talmente irreale che quasi pensai che me lo stessi immaginando.
L'avevo tanto cercata e all'improvviso si trovava a pochi centimetri di distanza da me.
-Bella giornata, eh?- mi disse
La mia mente ancora non realizzava che mi stesse rivolgendo la parola ma mi sforzai di apparire il più naturale possibile.
-Hai ragione.
-Come ti chiami?             
-Maximilien ma puoi chiamarmi Maxi.
-Bel nome, il mio cane si chiamava Maxi.
-Davvero?
-No.
Scoppiò a ridere. Era davvero stravagante.
-Ora devo andare, magari ci vediamo in giro per i corridoi.
-Non mi hai detto come ti chiami tu.
-Angie.
Mi regalò un ultimo dolce sorriso e subito andò via. Quel nome continuò ad echeggiarmi nella testa e una parte di me era completamente estasiata da quella inusuale e breve conversazione.

Pochi giorni dopo rividi Angie in cucina, bella e peculiare come l'avevo mantenuta nei miei ricordi. Indossava un grembiule a aveva un po' di farina tra i capelli.
-Maxi, vieni qui!- mi disse.
Mi sorprese il fatto che si ricordasse il mio nome. Avanzai verso di lei e notai gli altri ragazzi che vidi quel giorno nella sala comune. Mi sentii il cuore martellare nel petto e le mie guance arrossirono. Mi presentò uno ad uno i suoi amici e con timidezza mi presentai anch'io. Dominique, Dylan, Eric e Omar erano i loro nomi.
-Sai cucinare qualcosa?- mi chiese Eric
-Me la cavo.
-Allora potresti cucinare quello che sai fare meglio, dopo pranziamo in spiaggia, se ti va.

Ero quasi incredulo. Nessuno mi aveva mai proposto niente da quando ero lì e nessuno aveva mai mostrato interesse per me. Per un attimo mi sentii accettato da qualcuno, come se, finalmente, qualcuno mi stesse dando una possibilità. Preparai i biscotti alle mandorle, proprio come quelli della zia. Pensai a lei e provai una voglia tremenda di abbracciarla.

Inizialmente provai un certo imbarazzo; quei ragazzi avevano attirato la mia attenzione da subito, senza conoscerli e senza sapere i loro nomi, neanche mi conoscevano eppure mi trattavano come se fossi già loro amico. Mi feci coinvolgere dalla loro genuinità e subito mi sentii al sicuro. Omar faceva il giocoliere con i peperoni mentre Dominique e Dylan canticchiavano Just like heaven, invitandomi ad unirmi a loro, mentre Eric ed Angie improvvisavano un balletto bizzarro. Per la prima volta, dopo mesi, mi sentii davvero felice. Provai una sensazione completamente nuova, estranea a tutto quello che avevo vissuto fino a quel momento. Provai la bellezza e il piacere di stare bene con altre persone.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 08, 2016 ⏰

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