Appena ripresi coscienza percepii un terribile mal di testa, pensavo che le mie meningi fossero sul punto di esplodere. Appena riuscii a riaprire gli occhi mi accorsi di trovarmi sul lettino di un ospedale, per quanto mi sforzassi non ne ricordai il motivo.
-Ti sei svegliata finalmente disgraziata!- urlò mia madre chiudendo violentemente la porta dietro a sé.
-Cosa ci faccio qui?- chiesi confusa.
-Me lo chiedi pure? Hai cercato di ucciderti, per la quarta volta. Sei solo un'egoista, non hai pensato a me? Stupida! Che razza di motivo puoi avere per suicidarti?! Ho già perso tuo padre a causa tua,perché continui a darmi preoccupazioni?-
-Signora non mi sembra il momento adatto per rimproverare Echo. Venga fuori con me, vorrei parlarle di un paio di cose.- si intromise Amy in tono pacato.
Amy sembrava più preoccupata di mia madre stessa. Mi piacerebbe fosse lei la mia genitrice...no, ma che dico? Non potrei mai accaparrarle la zavorra che sono, troppo egoistico anche per me. È mai possibile io non riesca nemmeno ad ammazzarmi? Credo questa sia la quarta volta che mi ritrovo su sto stramaledettissimo letto d'ospedale. Preferirei fosse quello destinato alle autopsie. Se solo penso che tra qualche giorno dovrò ascoltare le stupide parole dei miei compagni di scuola che tenteranno in ogni modo di pararsi il culo e fare i finti dispiaciuti non so se mi viene da ridere o da sboccare.
-Posso entrare?- chiese Amy con voce dispiaciuta
Non risposi subito, non pensavo fosse veramente necessario, ero oramai abituata a mia madre che bussava ed entrava, senza attendere una risposta.
-Uhm,beh, sì Amy, entra pure.- risposi dopo aver capito che stava attendendo una mia risposta.
-Ascolta...avrei una cosa da proporti, probabilmente non lo farai con piacere ma è per il tuo bene. Puoi pensarci, non occorre tu mi dia una risposta ora.- disse con la coda tra le gambe.
Parlava come se le avessi già detto di no, non l'avevo mai vista così titubante, perciò mi iniziai a preoccupare.
-Dimmi.-
-Echo,so che ne abbiamo già parlato ma ti prego di riconsiderare l'idea di consultare uno psicologo...è solo per il tuo bene, credimi.-
Sentire quelle parole mi ha fatto raggelare il sangue, non ci posso o credere.Pensavo di potermi fidare di Amy...avrei dovuto immaginarmelo. Nessuno si preoccupa realmente di me, mi vogliono mandare dallo strizzacervelli solo per non avermi tra i piedi per un po' sperando io torni più normale. Non avrei dovuto riporre l'ultimo barlume di fiducia in lei, né in nessun altro.
-Amy. Ti prego di uscire.- dissi trattenendo il pianto.
-Echo...-
-ESCI SUBITO DA QUESTA CAZZO DI STANZA!- sbottai.
L'espressione sul viso di Amy cambiò drasticamente. Da preoccupata si tramutò in una simile a quella dei bambini quando vengono sgridati e ripensano al loro errore. Mi dispiacque averle urlato addosso così...non volevo, mi è uscì così. Involontariamente. Dalla violenza con cui sbatté la porta uscendo dedussi che fosse anche piuttosto arrabbiata.
Però direi che quasi se l'è meritato. Non avrebbe dovuto propormi una cosa simile. Non sono pazza...
Iniziai a piangere.
Dio, voglio solo finirla una volta per tutte. Ma come? Sto pensando troppo. Forse il motivo per cui non ce l'ho ancora fatta è proprio che ragiono eccessivamente. Basta perdere tempo: siamo al quarto piano, basterebbe buttarsi di sotto senza ripensamenti.
Mi diressi verso una porta numerata 133, ne scrutai la maniglia ed aprii la porta rabbrividendo al contatto con il freddo materiale metallico di cui era composta. Solo allora mi accorsi di essere scalza e di quanto fosse freddo il pavimento ed un secondo brivido mi pervase. Non riuscii a capire se stessi tremando per il freddo o perché stavo per suicidarmi. Cosa c'è dopo la morte mi ha sempre un po' spaventata ma ero più che certa sarebbe stato meglio della merda che stavo vivendo.
Quanto cazzo è passato da quando sono in questa stanza? Mi sto distraendo dal mio obiettivo. Ok lì c'è il balcone, basta salire sulla ringhiera e lasciarsi cadere di sotto.
Ad un tratto mi accorsi della presenza di una donna sulla quarantina nella stanza che mi fissava e sussultai.
-Ti serve qualcosa?- mi domandò sorridendo
Merda, dovevo trovare una scusa per farla uscire dalla stanza.
-Sono disorientata...sono uscita dalla stanza per sgranchirmi le gambe ma ora mi gira un po' la testa...- mentii. Ah, quanto ero brava a mentire.
-Certo tesoro...ti porto una bustina di zucchero, potrebbe aiutarti.- rispose lei amorevolmente.
Appena uscì dalla stanza mi diressi verso il balcone in punta di piedi. La sensazione di freddo si accentuò, diventando paradossalmente quasi piacevole, chiusi gli occhi mentre il venticello serale mi avvolgeva. La ringhiera era lì, tra le mie mani. Era oramai l'unica cosa che mi separava dalla morte, dalla cessazione di ogni mia sofferenza. Era piuttosto bassa, quindi riuscii facilmente a sedermici. Il panorama era stupendo...forse era l'unica cosa che mi sarebbe mancata. Mi spinsi lentamente con l'aiuto delle mani verso l'esterno con leggera titubanza.
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Saaaaalve! Perdonate la lunghissima attesa ma ho attraversato un periodo un po' difficile, tra esami e problemi personali. Vorrei farvi notare che ho cambiato tempo verbale ed impostazione della storia, quindi vi invito a rileggere primo e secondo capitolo.
P.S. In corsivo ci sono riportati i pensieri di Echo, è per questo che sono al presente.
Arrivederci :3
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Nihil.
Teen FictionEcho è un'adolescente come tante altre. Ha solamente un modo diverso di vivere e esprimere le proprie emozioni. Si sente terribilmente sola, ma non vuole ammetterlo, cerca di autoconvincersi di non aver bisogno di niente e nessuno. Ormai è quasi co...